Dal riciclo della plastica nuovi additivi per il suolo

Ricercatori dell’Università della California hanno mescolato scarti di plastica ai rifiuti del mais per produrre un particolare tipo di carbone attivo utile a diverse applicazioni per il miglioramento dei suoli

riciclo della plastica
via depositphotos.com

(Rinnovabili.it) – Potrebbe essere la nuova frontiera del riciclo della plastica: gli scienziati dell’Università di California Riverside stanno sperimentando un’innovazione grazie alla quale gli scarti plastici, mescolati a residui di mais, compongono sostanze additivi per i suoli agricoli.

In questo modo si potrebbe combattere l’inquinamento e, al contempo, migliorare le prestazioni del settore. 

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Dal riciclo della plastica al miglioramento del suolo

Lo studio, condotto dalla studentessa UCR Kandis Leslie Abdul-Aziz, assistente alla cattedra di ingegneria chimica e ambientale, ha ipotizzato e dimostrato una nuova finalità nel riciclo della plastica, trasformandola in un carbone molto poroso, con una superficie molto ampia di 400 metri quadrati per grammo di massa. 

Il processo plastic-to-char, descritto nel paper pubblicato su ACS Omega “Effetti sinergici e antagonisti della co-pirolisi di materie plastiche e stoppie di mais per produrre carbone e carbone attivo”, consiste nel mescolare scarti di plastica con rifiuti del mais come steli, foglie, gusci o residui di pannocchie. Le sostanze mischiate vengono poi cotte con acqua calda ad alta pressione (carbonizzazione idrotermale) generando un carbone attivo molto poroso in grado di catturare il carbonio. Il team che lo ha sviluppato nei laboratori del Marlan della Riverside e nel Rosemary Bourns College of Engineering ha provato a usarlo come additivo ai suoli agricoli, mostrando che potrebbe migliorare la ritenzione idrica e l’aerazione dei terreni e, visto che si decompone naturalmente, fertilizzarli. 

Spinti dagli effetti positivi dell’applicazione del carbone derivato dal riciclo della plastica in agricoltura, gli scienziati, guidati dalla dottoranda, hanno verificato se potesse avere effetti benefici e depurativi anche per il trattamento delle acque, ma l’efficacia in questo caso è arrivata solo al 45% dell’acqua testata. “Noi teorizziamo – ha spiegato Abdul-Aziz – che ci potrebbe essere ancora qualche residuo di plastica sulla superficie dei materiali, che impedisce l’assorbimento di alcune di queste molecole sulla superficie,”. Nonostante ciò la scoperta, per il suo approccio, potrebbe essere rivoluzionaria: “Mi sento come se avessimo più di un approccio agnostico al riciclaggio di plastica che si può impiantare (come biomassa), utilizzando il carbone per migliorare il terreno”, ha spiegato la scienziata. 

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