Rifiuti del COVID-19: e se li trasformassimo in biocarburante?

Secondo un nuovo studio il miglior modo per gestire la plastica proveniente dai dispositivi di protezione individuale usati, è trasformarla in combustibili liquidi

Rifiuti del COVID-19
Foto di Roksana Helscher da Pixabay

Trattare i rifiuti del COVID-19 tramite pirolisi è più vantaggioso dell’incenerimento

(Rinnovabili.it) – Crescono i “rifiuti del COVID-19” e con essi anche la necessità di gestirli per evitare che diventino la nuova minaccia ambientale. La pandemia del SARS-CoV-2 ha inevitabilmente spinto al massimo l’uso di dispositivi di protezione individuale (DPI) per cittadini e operatori sanitari. In pochi mesi la richiesta di guanti, grembiuli, maschere chirurgiche e protezioni per il viso è schizzata alle stelle. Questo ha significato anche un livello senza precedenti di DPI usati da smaltire.

E mentre le associazioni ambientaliste avvertono che mascherine e guanti stanno scalando la classifica di rifiuti abbandonati nell’ambiente, c’è chi si ingegna per trovare nuovi sistemi di gestione ecosostenibile. È il caso di un gruppo di esperti dell’University of Petroleum and Energy Studies, in India, che ipotizzano la possibilità di trasformare i rifiuti del COVID-19 in biocarburanti. Lo studio – pubblicato sulla rivista Biofuels (testo in inglese)mostra come lo strato plastico di propilene, contenuto in miliardi di articoli DPI usa e getta, possa essere convertito in biocrude, un tipo di combustibile sintetico.

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“Attualmente, il mondo si sta concentrando sulla lotta contro il COVID-19, tuttavia possiamo prevedere anche problemi economici e di squilibrio ecologico”, spiega la dott.ssa Sapna Jain,, prima autrice dello studio. “Dobbiamo prepararci ad affrontare le sfide imposte dalla pandemia, in modo da mantenere alta la sostenibilità”.

Il team ha esaminato diversi articoli di ricerca correlati, per capire quale potesse essere la modalità migliore per trattare e riciclare questa tipologia di rifiuti. L’analisi ha portato alla conclusione che la plastica dei dispositivi di protezione personale possa essere convertita in combustibile mediante pirolisi. Questo è un processo chimico che abbatte i polimeri ad alte temperature – tra i 300-400 gradi centigradi- in assenza di ossigeno.

La coautrice Bhawna Yadav Lamba afferma che questo processo è tra i metodi di riciclaggio più promettenti e sostenibili, soprattutto rispetto all’incenerimento. “La pirolisi è un processo chimico comunemente usato, i cui vantaggi includono la capacità di produrre elevate quantità di bio-olio, facilmente biodegradabile […] C’è sempre la necessità di combustibili o risorse energetiche alternative per soddisfare le nostre esigenze energetiche. La pirolisi della plastica è uno dei metodi per mitigare la nostra crisi energetica”.

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1 commento

  1. Ho letto che TUTTI i rifiuti si possono trattare con la pirolisi, per ricavarne gas e altri utili bio-prodotti. Ma dove sono gli impianti?
    Non si potrebbero spendere i soldi UE per la salvaguardia di questa povera Italia? In Sicilia hanno più di mezzo miliardo da spendere, ma non lo fanno. Se ci pensate, c’è da diventare matti, soprattutto perchè sull’inefficienza della politica ogni partito, ogni coalizione va alla grande.

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