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Biometano in Italia, tra impianti virtuosi e ostacoli da risolvere

Dalla prima centrale del Sud Italia al distributore per automezzi in Veneto: è l’inizio di una nuova era energetica che può contare su un potenziale di oltre 8 mld di m3 di biometano

Biometano in Italia

 

 

I numeri del biometano in Italia tra presente e futuro

(Rinnovabili.it) – Il decreto biometano bis ha dato il via ad una nuova era energetica in Italia. Per un paese che già oggi è tra i leder mondiali nella produzione di biogas, il provvedimento ha aperto le porte a importanti occasioni di crescita economica e occupazionale. Di queste potenzialità si è discusso oggi nel corso della conferenza organizzata da Legambiente a Bologna alla presenza dei principali consorzi di filiera. L’evento è servito non solo a raccontare lo stato dell’arte del biometano in Italia, ma anche a rendere più concrete le opportunità per aziende e territori, partendo da esperienze già attive e di successo. Un occhio all’economia ed uno all’ambiente perché, come spiega Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente, questo carburante rinnovabile non solo si presta a diventare una fonte energetica strategica nel settore dei trasporti e dei consumi domestici, ma offre anche “uno strumento fondamentale per la lotta ai cambiamenti climatici e nella gestione dei rifiuti”.

 

Il come lo spiegano i dati d’analisi del settore. Secondo le stime di Enea solamente la frazione organica dei rifiuti solidi urbani permetterebbe di produrre entro il 2030, da 430 a 860 milioni di metri cubi di biometano, pari allo 0,6%-1,1% dell’attuale consumo di gas. Il valore spicca un salto prendendo in considerazione anche il settore agricolo: biomasse di scarto di origine agricola e zootecnica o biomasse vegetali e sottoprodotti potrebbero fornire, secondo il Consorzio Italiano Biogas e Crpa, fino a 8,5 miliardi di metri cubi di biometano al 2030. Ovvero il 12% del consumo di attuale di gas in Italia.

 

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I primi impianti produttivi sono già attivi e offrono oggi un esempio di sostenibilità economica ed ambientale, come ha sottolineato il Consorzio Italiano Compostatori (CIC). Parliamo ad esempio della Calabra Maceri, azienda consorziata CIC, che ha inaugurato a settembre la prima centrale del Centro-Sud Italia connessa alla rete nazionale del gas naturale. L’impianto è in grado di trasformare 40.000 tonnellate annue di raccolta differenziata in 4,5 milioni di metri cubi di biometano e 10.000 tonnellate di ammendante compostato. O del primo distributore di biometano da Forsu: l’impianto è stato inaugurato a Vittorio Veneto a settembre e rifornisce la flotta della società di raccolta di rifiuti urbani Savno, attiva su 44 comuni della provincia di Treviso.

 

 

“Il biometano – spiega Piero Gattoni Presidente CIB – Consorzio Italiano Biogas – è un biocarburante avanzato in grado di affiancare la mobilità elettrica sia in un’ottica di transizione nel processo di elettrificazione del trasporto leggero, sia per abbattere le emissioni in ambiti difficilmente elettrificabili quali i trasporti pubblici, industriali e navali; ricordo che molte delle maggiori compagnie armatrici stanno realizzando navi da crociera con alimentazione a GNL”. Ma nonostante il nuovo decreto abbia letteralmente sbloccato il settore, alcuni ostacoli rimangono, soprattutto a livello normativo. Per il CIB è essenziale che vengano rimossi i nodi che oggi bloccano le riconversioni degli impianti in produzione. Un passo che permetterebbe di incidere a livello economico e di contenimento delle emissioni e che porterebbe anche un risparmio sui costi della bolletta elettrica.