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Community Energy Map, cosa raccontano le prime esperienze di CER in Italia?

RSE e Luiss Business School hanno presentato a Roma i risultati del progetto di mappatura delle 24 iniziative accreditate o in accreditamento dal Gse, per diventare le prime comunità energetiche in Italia. E assieme ad istituzioni e protagonisti delle esperienze nazionali hanno messo a fuoco potenzialità inespresse e criticità da risolvere

Community Energy Map

(Rinnovabili.it) – Entra oggi in vigore il Dlgs di Recepimento della RED II, il provvedimento che, tra le altre cose, incardina in maniera definitiva nell’ordinamento nazionale le nuove forme di autoconsumo energetico. E non poteva esserci giornata migliore di questa per organizzare un confronto sul tema delle comunità energetiche rinnovabili (CER) in Italia: dai primi esperimenti sorti in seguito al Milleproroghe 2019 a quello che sarà il futuro del settore a breve termine. A fare da bussola è la Community Energy Map, studio condotto da RSE e Luiss Business School e presentato stamane a Roma alla presenza degli esponenti delle principali istituzioni italiane. Il documento, vera e propria mappatura delle iniziative attive o in fase di sviluppo, ha fornito una prima valutazione del modus operandi delle CER, dei principali elementi qualificanti e di modelli di sviluppo più rappresentativi. E a partire da questi dati ha aperto il confronto tramite due tavole rotonde, rispettivamente dedicate a politiche e meccanismi di supporto, e ai casi pratici e a nuovi spunti per la loro diffusione.

Come sottolineato in apertura dell’evento da Matteo Giuliano Caroli, Associate Dean for Research di Luiss Business School, lo studio è frutto di una collaborazione multidisciplinare che ha saputo far interagire le diverse e articolate competenze sul tema. Riflesso di quella stessa complessità multisfaccettata che caratterizza le comunità energetiche. “Sempre di meno si può operare in maniera individuale focalizzati sulle proprie specifiche competenze”, spiega Caroli. Al contrario “bisogna saperle integrare con quelle di altri soggetti”.

In tal senso, il risultato del lavoro di mappatura offre uno sguardo inedito e puntuale sui nuovi prosumer di comunità nati prima e dopo la normativa. “Si tratta di un mappatura ragionata. Non ci siamo limitati a lavorare in ottica di database, mappando tecnologie utilizzate, soggetti promotori e così via, ma abbiamo cercato di capire quali fossero le dinamiche che avevano innescato i meccanismi, le risorse utilizzate, le relazioni attivate fuori e dentro la comunità”, ha affermato Matteo Zulianello, vice responsabile del progetto Comunità Energetiche per RSE. Ma soprattutto il progetto ha superato il semplice concetto energetico cercando di individuare i tentativi di innovazione sociale e organizzativa a supporto della transizione ecologica. 

Il risultato? Combinando diversi metodi di ricerca (mappatura di 50 iniziative, focus group e interviste), lo studio ha analizzato una serie di elementi fondamentali rispetto alle 24 CER accreditate o in fase di accreditamento e conformi alla legge 8/2020. Dalla configurazione della Comunità sul fronte giuridico e tecnologico al ruolo degli stakeholders nella governance del progetto, dalle modalità di coinvolgimento delle comunità (“top down” e “bottom up”) ai benefici attesi a livello individuale e collettivo. Come ha spiegato Maria Isabella Leone, Associate Professor nell’area dell’innovazione presso la Luiss Business School, “su queste dimensioni è stata eseguita la clusterizzazione, individuando tre modelli organizzativi”

Il modello Public Lead, in cui i proponenti del progetto sono prevalentemente pubbliche amministrazioni (approccio top down) e l’obiettivo è creare opportunità di sviluppo economico locale. Il modello Pluralista che pone cittadini al centro secondo una logica orizzontale di coinvolgimento (approccio Botton Up). In questo caso gli obiettivi principali sono la coesione sociale e l’attivazione di nuovi servizi. Il modello Community Energy Builder (CEB), il più complesso, caratterizzato dall’intermediazione fra vari soggetti, coinvolgendo diversi facilitatori come startup, ESCO cooperative ecc. “E rispetto a questi modelli sono stati quindi individuati dei casi studio di approfondire”, ha aggiunto Leone.

Questa ricerca apre delle questioni”, ha affermato Zulianello. “Primo le CER sono soggetti complessi in cui abbiamo un mix di competenze, obiettivi e risorse di cui dobbiamo tenere conto. Quindi la costituzione di questi soggetti non può essere semplicemente auto promossa da piccole comunità”. In secondo luogo è necessario tenere conto degli impatti sociali e territoriali, sviluppando metriche ad hoc che li rendano misurabili. Zulianello punta i riflettori anche sulla tensione tra benefici individuali e benefici collettivi, fattore in grado di influire sulla definizione dei decreti attuativi del Dlgs RED II e su una differente programmazione degli incentivi.

Quarta e ultima questione: le CER hanno la possibilità di superare quella sindrome di Nimby che troppe volte ha ritardato lo sviluppo energetico rinnovabile a livello nazionale. Tuttavia per farlo queste iniziative hanno bisogno di semplificare progetti per loro natura complessi “al fine di permettere a tutti quegli attori che non si occupano di energia di partecipare attivamente”. Trovando anche un equilibrio tra opportunità che possono arrivare dall’esterno e benefici e ricadute per il territorio. 

Per Stefano Besseghini, Presidente ARERA, l’attenzione per il futuro prossimo dovrà inevitabilmente vertere su alcuni aspetti clou: gestione dei dati, tema della privacy e perimetro. “Un elemento su cui vorrei riflettere è anche il movimento top down – bottom up delle comunità energetiche”. Per Besseghini è necessario capire come affrontare le due diverse dinamiche dal punto di vista regolatorio, tutelando i diritti dei consumatori e trovando un modo per inserire la CER nel sistema. “Un aspetto che non si può decidere a tavolino ma può essere implementato dal monitoraggio”. 

Quello che è certo è che il comparto può offrire una valida mano alla transizione ecologica. Come ricordato da Andrea Ripa di Meana, Amministratore Unico del GSE la potenza verde legata a queste configurazioni è destinata a crescere grazie anche al completo recepimento delle direttive europee. “In un decennio si potrebbe avere un paio di GW di installazioni di nuove rinnovabili centrate sulle comunità” e supportate dagli incentivi del PNRR. Più altri 5 GW sostenuti invece dagli incentivi base. In questo contesto il Gestore sta già adeguando gli strumenti operativi per accogliere il flusso di nuove istanze e la catena di operazioni di qualificazione, contrattualizzazione e definizione degli incentivi che prenderà il via. “Abbiamo proposto al MiTE di non duplicare i processi di qualifica degli incentivi (ossia sperimentali e quelli del PNRR) in modo tale da rendere tutto più veloce”. I costi? “Ipotizzando un centinaio di euro per MWh, per un numero medio di attivazioni  -in caso di impianti fotovoltaici – di 1200 ore l’anno,  saremmo nell’ordine di 120 milioni di euro per GW di potenza installata con questi profili”.

“Stiamo proponendo un modello totalmente decentrato e distribuito in cui il ruolo del prosumer diventa centrale rispetto al classico consumatore”, ha ricordato il senatore Gianni Girotto. Un modello in cui i benefici non sono solo quelli energetici e ambientali. Le CER possono portare ad una socializzazione dei risparmi e indirettamente anche un innalzamento del livello medio culturale. “Adesso dipende molto dalla tempistica del MiTE per l’attuazione dei decreti attuativi. Noi, come politica, continueremo a spingere affinché il sistema dia i migliori risultati possibili”.  

Per il senatore Paolo Arrigoni, uno dei punti da attenzionare è il ruolo dei sindaci a cui toccherà sviluppare nuove sinergie e operare come facilitatori sul territorio anche per contrastare la sindrome Nimby. “Loro più di altri hanno davvero un ruolo da protagonista anche sotto il profilo del marketing territoriale […] ci siamo attivati per fornire ai vari enti locali delle mozioni e degli odg per sensibilizzare il Consiglio comunale e la Giunta a cogliere questa opportunità”.

Il senatore Eugenio Comincini punta invece i riflettori sulla necessità di investire nella formazione del personale soprattutto nei piccoli comuni. “Sarà importantissimo creare accordi con le province o le città metropolitane per rafforzare gli ambiti amministrativi e dare realmente impulso alle CER”, ha sottolineato il senatore.

Sul nodo delle competenze torna anche Caroli “Occorrerà un lavoro molto importante del sistema di formazione post universitaria perché le competenze necessarie sono trasversali e comprendono anche quelle di natura organizzativo-gestionale e finanziaria […] C’è inoltre una questione di sensibilizzazione delle persone della comunità, di coinvolgimento dei consumatori” da non sottovalutare.

“Guardiamo al futuro del modello delle comunità energetiche in modo convinto, perché capace di promuovere, oltre che di cavalcare, la trasformazione del sistema energetico italiano ed europeo”, ha commentato l’Amministratore Delegato RSE Maurizio Delfanti. “Tra i progetti del piano triennale che il MiTE ci assegnerà, certamente il flusso di lavoro sulle comunità dell’energia è destinato a proseguire in maniera intesa”. Che direzioni prenderà la ricerca? Continuerà il lavoro di studio sugli effetti tecnici ed economici – in termini di costi evitati – di tali configurazioni sulle reti elettriche e sul dispacciamento, anche ai fini del completamento del panorama della policy. “E’ un compito che stiamo portando avanti con un’intensità di dati statisticamente significativa grazie alle interazioni con la nostra capogruppo GSE e allo scambio costantemente fluido di informazioni”, ha spiegato Delfanti. Nel contempo RSE sta indagando anche su perimetri più ampi. “La comunità dell’energia è vista come qualcosa di esclusivamente elettrico o elettrocentrico”, ha aggiunto l’a.d. “Tuttavia nella realtà esistono esempi che coinvolgono anche altri vettori energetici e il discorso del sector coupling in ambito energetico è un tema su cui noi continueremo ad indagare con altri progetti di ricerca”.

“Le comunità energetiche sono qualcosa di più articolato e complesso della semplice produzione di energia elettrica attraverso pannelli fotovoltaici e autoconsumo”, ha aggiunto Alberto Geri, Presidente RSE. “Possono investire e dovrebbero investire anche su altri vettori energetici. È bene che nel proseguo delle iniziative si tenga conto anche di questo aspetto”. Geri ha anche messo l’accento su due potenzialità inespresse per le CER. “Da un lato la partecipazione attiva ad un rinnovato mercato dell’energia, dall’altro la partecipazione attiva al bilanciamento del sistema elettrico”. Una serie di punti ancora aperti e possibilità da esplorare in cui la risposta della ricerca di sistema sarà fondamentale.

La parola ai protagonisti

 Comunità Energetica e Solidale di Napoli est

• Condominio agricolo di Ragusa

• Comunità Energetica del Comune di Biccari

Progetto RECOCER

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.