La doppia faccia del Fracking

Lo scienziato James Lovelock è convinto che il movimento ambientalista non presti sufficientemente attenzione ai fatti e che “fracking ed energia nucleare dovrebbero alimentare il Regno Unito”

La doppia faccia del fracking«L’ambientalismo è diventato una religione, e non presta attenzione ai fatti». Queste parole, a commento del rapporto IPCC sul cambiamento climatico, potrebbe averle pronunciate un qualsiasi “negazionista” del riscaldamento globale, e non avrebbero generato scalpore. Quando però escono dalla bocca di James Lovelock, allora è tutta un’altra faccenda. Il 94enne scienziato inglese, portato in palmo di mano da molti ambientalisti per aver proposto l’ipotesi di Gaia, ha anche rincarato la dose, sostenendo che il suo paese avrebbe dovuto pensare a un approvvigionamento energetico basato su fracking e nucleare, dato che le energie rinnovabili non basterebbero a servire tutta la popolazione.

 

«Le rinnovabili non funzionano qui – spiega Lovelock – Abbiamo troppo poco sole. D’altra parte non possiamo nemmeno andare avanti a bruciare carbone, perché produce troppa CO2. Così resta il fracking. È una pratica che genera basse emissioni e può garantire energia alla Gran Bretagna per diversi anni. Non abbiamo molta scelta».

 

Il governo inglese sembra d’accordo con lui, ma è strenuamente avversato da attivisti e comunità locali in Sussex, da Salford a Balcombe. E indirettamente, una risposta a Lovelock sembra arrivare proprio da quest’ultima località. I residenti di Balcombe, villaggio che la scorsa estate è stato il teatro di violente proteste anti-fracking contro la compagnia energetica Cuadrilla, hanno formato una cooperativa con l’intento di investire nel solare. Si chiama Repower, e mira a raggranellare 300 mila sterline per acquisire quote di sei impianti a moduli fotovoltaici da installare sui tetti del paese, che dovrebbero coprire il 7,5 per cento del fabbisogno energetico della comunità. Nel lungo termine Repower spera di convertire totalmente l’approvvigionamento energetico di Balcombe alle fonti rinnovabili. La cooperativa ha appena annunciato di aver firmato il contratto d’affitto per l’installazione del primo impianto da 19 KW, che troverà posto sul tetto di una stalla. Entro la primavera, secondo le attese, arriveranno anche gli accordi per altri cinque siti. Si stima che ogni progetto frutterà un 5% agli investitori durante i vent’anni di vita dell’impianto. Ogni profitto verrà depositato in un fondo a beneficio della comunità. Secondo Joe Nixon, portavoce di Repower, i pannelli forniranno un’energia pulita alternativa allo shale gas.

 

«Tutti abbiamo bisogno dell’energia – ha dichiarato – ma acquistare quella ‘sporca’ dalle grandi utilities non è l’unica alternativa che abbiamo. I progressi nel campo delle rinnovabili permettono ora di generare localmente l’energia che ci serve, così da beneficiarne in modo diretto, noi e l’ambiente, invece delle grandi compagnie».

 

A gennaio di quest’anno gli abitanti di Balcombe avevano già vinto una battaglia, riuscendo a far desistere la Cuadrilla dai suoi propositi. Le proteste erano state tanto veementi da portare a decine di arresti. Se anche la fase delle proposte avrà successo, la piccola comunità del Sussex dimostrerà di aver vinto la guerra.

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