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Un pizzico di ferroceni per celle solari più economiche

Un gruppo di ricercatori ha aggiunto dei composti di ferro e carbonio alle celle solari in perovskite per migliorane efficienza e stabilità

celle solari più economiche
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Celle solari più economiche ed efficienti grazie ai nuovi progressi nell’architettura invertita

(Rinnovabili.it) – Un composto semplice a base di ferro potrebbe garantire presto celle solari più economiche ed efficienti. La promessa arriva da una nuova ricerca condotta dai chimici della City University (CityU) di Hong Kong e dell’Imperial College London alle prese oggi con il fotovoltaico in perovskite.

Negli ultimi dieci anni questa tecnologia ha compiuto passi da gigante. I dispositivi più efficienti sono quelli fabbricati nella cosiddetta “architettura standard”: la perovskite è depositata sopra uno strato di trasporto degli elettroni e rivestita con un materiale per il trasporto delle buche. Questo design richiede comunemente fasi di lavorazione ad alta temperatura, che ne incrementano il tempo di ritorno energetico. E ne limitano diverse integrazioni applicative.

Un’alternativa è rappresentata dalla cosiddetta “architettura invertita”. In questo caso l’ordine degli strati di estrazione della carica è invertito, eliminando la necessità di passaggi energivori. Di contro tuttavia il design offre una minore efficienza. È qui che si inserisce il nuovo lavoro di ricerca.

I benefici dei ferroceni

Il team di scienziati cercava un modo per migliorare le prestazioni delle celle solari a perovskite invertita. Lo ha trovato grazie ai ferroceni, composti organometallici costituiti da ferro, carbonio e idrogeno, che hanno fatto meritare al professor Geoffrey Wilkinson dell’Imperial, il Nobel per la chimica nel 1952.

La loro particolare struttura (un atomo di ferro al centro legato a 2 anelli di carbonio) può apportare dei benefici all’architettura invertita. Nel dettaglio, i ferroceni consentono agli elettroni di spostarsi più facilmente dallo strato attivo di perovskite agli di trasporto della carica, migliorando l’efficienza della conversione fotovoltaica.

Non solo. Il composto ha anche migliorato la stabilità complessiva. Il risultato? Le celle test hanno offerto un 25% di efficienza di conversione, mantenendola al 98% dopo 1.500 ore di lavoro. E hanno anche mostrato un’elevata stabilità nei test di calore umido. “Siamo la prima squadra – ha dichiarato il dottor Zonglong Zhu di CityU, a capo del team  – a portare con successo la cella solare a perovskite invertita ad un’efficienza record del 25% superando il test di stabilità stabilito dalla Commissione elettrotecnica internazionale”. La ricerca è stata pubblicata su Science (testo in inglese).

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.