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Cina, croce e delizia della filiera fotovoltaica

Il Gigante asiatico è stato determinante nel ridurre i costi di produzione del fotovoltaico, ma oggi il Paese domina il mercato solare concentrando sul suo territorio le catene di approvvigionamento e determinando nuove sfide per il resto del mondo

filiera fotovoltaica
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 La IEA pubblica il nuovo Solar PV Global Supply Chains

(Rinnovabili.it) – Non è un mistero che la filiera fotovoltaica sia per lo più in mano alla Cina. Negli ultimi 15 anni, la capacità di produzione in tutte le fasi chiave si è spostata drasticamente da Europa, Giappone e Stati Uniti al Gigante asiatico grazie a politiche incentivanti, concorrenza sleale e generosi investimenti. Oggi Pechino plasma l’offerta, la domanda e il prezzo del solare a livello globale, rendendo di conseguenza il mercato mondiale piuttosto vulnerabile. A sottolinearlo è il nuovo rapporto dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA), “Solar PV Global Supply Chains“. Il documento fotografa lo stato dell’arte per la filiera del fotovoltaico, riconoscendo alla Repubblica popolare un ruolo decisivo nello sviluppo tecnologico e nel progressivo abbassamento dei prezzi.

“La Cina è stata determinante nel ridurre i costi in tutto il mondo per il solare, con molteplici vantaggi per la transizione ecologica”, ha affermato il direttore esecutivo della IEA, Fatih Birol. “Allo stesso tempo, il livello di concentrazione geografica nelle catene di approvvigionamento globali pone diverse sfide che i governi devono affrontare. L’accelerazione verso l’energia pulita in tutto il mondo metterà ulteriormente a dura prova queste catene […] ma ciò offre anche opportunità ad altri paesi e regioni di diversificare la produzione e renderla più resiliente”.

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Filiera fotovoltaica, se la Cina è l’asso piglia tutto

Dal 2011 a oggi la Repubblica Popolare ha investito nella filiera fotovoltaica oltre 50 miliardi di dollari. Dieci volte tanto quanto sborsato dell’Europa nello stesso periodo. Attualmente può contare su una quota di oltre l’80% sul mercato globale nella sua interezza, ossia considerando polisilicio, lingotti, wafer, celle e moduli. Per alcuni segmenti si prevede che la quota di mercato salirà addirittura sopra il 95% nei prossimi anni. Non solo. Il Paese ospita attualmente i 10 principali fornitori al mondo di apparecchiature per la produzione di impianti solari e si sta progressivamente espandendo tramite investimenti mirati in altri mercati chiave, come Malesia e Vietnam.

Il rapporto valuta anche temi come il consumo di energia, le emissioni, l’occupazione e la performance finanziaria del settore. Gli autori sottolineano che oggi la produzione ad alta intensità energetica del fotovoltaico è alimentata principalmente da combustibili fossili proprio a causa della dominanza cinse e del ruolo del carbone nel mix energetico nazionale. Tuttavia spiegano anche come i pannelli solari debbano lavorare solo per 4-8 mesi per compensare le loro emissioni di produzione. Un valore destinato ad abbassarsi con la diffusione dell’energia pulita e con una diversificazione delle catene di approvvigionamento. Ed proprio su quest’ultimo tema che insiste l’Agenzia. 

Fotovoltaico e transizione, la parola d’ordine è diversificare

“Le recenti interruzioni [nelle forniture] hanno sollevato importanti interrogativi sulla catena di approvvigionamento. La crisi del Covid-19, i prezzi record delle materie prime e l’invasione russa dell’Ucraina hanno concentrato l’attenzione su l’elevata dipendenza di molti Paesi dalle importazioni di energia, materie prime e beni manifatturieri che sono fondamentali per la loro sicurezza. Le nazioni possono migliorare la resilienza investendo per diversificare la produzione e le importazioni”.

Secondo il rapporto nuovi impianti di produzione lungo tutta la catena di approvvigionamento potrebbero attrarre investimenti per 120 miliardi di dollari entro il 2030. E l’industria fotovoltaica potrebbe creare 1.300 posti di lavoro nel settore manifatturiero per ogni gigawatt di capacità produttiva.

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • Batterie al sodio allo stato solido

Batterie al sodio allo stato solido, verso la produzione di massa

Grazie ad un nuovo processo sintetico è stato creato un elettrolita di solfuro solido dotato della più alta conduttività per gli ioni di sodio più alta mai registrata. Circa 10 volte superiore a quella richiesta per l'uso pratico

Batterie al sodio allo stato solido
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Batterie al Sodio allo Stato Solido più facili da Produrre

La batterie allo stato solido incarnano a tutti gli effetti il nuovo mega trend dell’accumulo elettrochimico. E mentre diverse aziende automobilistiche tentano di applicare questa tecnologia agli ioni di litio, c’è chi sta percorrendo strade parallele. É il caso di alcuni ingegneri dell’Università Metropolitana di Osaka, in Giappone. Qui i professori Osaka Atsushi Sakuda e Akitoshi Hayash hanno guidato un gruppo di ricerca nella realizzazione di batterie al sodio allo stato solido attraverso un innovativo processo di sintesi.

Batterie a Ioni Sodio, nuova Frontiera dell’Accumulo

Le batterie al sodio (conosciute erroneamente anche come batterie al sale) hanno conquistato negli ultimi anni parecchia attenzione da parte del mondo scientifico e industriale. L’abbondanza e la facilità di reperimento di questo metallo alcalino ne fanno un concorrente di primo livello dei confronti del litio. Inoltre l’impegno costante sul fronte delle prestazioni sta portando al superamento di alcuni svantaggi intrinseci, come la minore capacità. L’ultimo traguardo raggiunto in questo campo appartiene ad una ricerca cinese che ha realizzato un unità senza anodo con una densità di energia superiore ai 200 Wh/kg.

Integrare questa tecnologia con l’impiego di elettroliti solidi potrebbe teoricamente dare un’ulteriore boost alla densità energetica e migliorare i cicli di carica-scarica (nota dolente per le tradizionali batterie agli ioni di sodio). Quale elettrolita impiegare in questo caso? Quelli di solfuro rappresentano una scelta interessante grazie alla loro elevata conduttività ionica e lavorabilità. Peccato che la sintesi degli elettroliti solforati non sia così semplice e controllabile. Il che si traduce in un’elevata barriera per la produzione commerciale delle batterie al sodio allo stato solido.

Un Flusso di Polisolfuro reattivo

É qui che si inserisce il lavoro del team di Sakuda a Hayash. Gli ingegneri hanno messo a punto un processo sintetico che impiega sali fusi di polisolfuro reattivo per sviluppare elettroliti solidi solforati. Nel dettaglio utilizzando il flusso di polisolfuro Na2Sx come reagente stechiometrico, i ricercatori hanno sintetizzato due elettroliti di solfuri di sodio dalle caratteristiche distintive, uno dotato della conduttività degli ioni di sodio più alta al mondo (circa 10 volte superiore a quella richiesta per l’uso pratico) e uno vetroso con elevata resistenza alla riduzione.

Questo processo è utile per la produzione di quasi tutti i materiali solforati contenenti sodio, compresi elettroliti solidi e materiali attivi per elettrodi“, ha affermato il professor Sakuda. “Inoltre, rispetto ai metodi convenzionali, rende più semplice ottenere composti che mostrano prestazioni più elevate, quindi crediamo che diventerà una metodologia mainstream per il futuro sviluppo di materiali per batterie al sodio completamente allo stato solido“.  I risultati sono stati pubblicati su Energy Storage Materials and Inorganic Chemistry .

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Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
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Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

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L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

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