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Produzione di petrolio e gas, l’inquinamento si vede dallo spazio

Un team di ricercatori statunitensi e olandesi ha impiegato una serie di strumenti satellitari per comprendere meglio l'inquinamento da ossidi di azoto, legato all’industria degli idrocarburi

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CC0 Public Domain

 

Le emissioni della produzione di petrolio e gas sfuggono alle norme di contenimento dell’inquinamento

(Rinnovabili.it) – Il Pianeta ha urgente bisogno di una decarbonizzazione profonda del sistema energetico. Eppure la produzione di petrolio e gas è ben lontana dalla mostrare cifre in calo. Al contrario, in alcune parti degli Stati Uniti, negli ultimi due anni, l’upstream è addirittura raddoppiato, con un impatto “ambientale” visibile oramai anche dallo spazio.

A mostrare la situazione “dall’alto” è oggi un gruppo di scienziati statunitensi e olandesi, che ha impiegato i satelliti per tracciare l’aumento del biossido d’azoto (NO2) atmosferico, legato alla produzione di petrolio e gas. L’NO2 è un gas di colore rosso bruno, di odore pungente e altamente tossico: alti livelli di questo inquinante possono danneggiare l’apparato respiratorio e nel contempo contribuire alla formazione dello smog fotochimico, come precursore dell’ozono troposferico, e al fenomeno delle “piogge acide”.

 

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“Vediamo il crescente impatto del settore (upstream) dallo spazio”, ha affermato Barbara Dix, scienziata presso il Cooperative Institute for Research in Environmental Sciences (CIRES) dell’Università del Colorado Boulder e autore principale della nuova ricerca. “Oggi possiamo utilizzare i dati satellitari per fornire un feedback alle aziende e ai regolatori e vedere se hanno successo nella regolazione delle emissioni”.

Nel dettaglio Dix e colleghi hanno impiegato una serie di strumenti satellitari per comprendere meglio l’inquinamento da ossidi di azoto (incluso il NO2) proveniente giacimenti di produzione di petrolio e gas statunitensi. E più precisamente dai motori a combustione impiegati nella perforazione, compressione di gas, separazione dei fluidi e spostamento dei carburanti. “Le auto hanno convertitori catalitici, i grandi impianti industriali possono avere attrezzature per la riduzione delle emissioni”, ha sottolineato il co-autore Joost de Gouw. “Ma per questi motori non c’è nulla”.

 

Lo studio ha mostrato come tra il 2007 e il 2019, in gran parte degli Stati Uniti, i livelli di inquinamento da biossido di azoto sono diminuiti nelle aree urbane grazie ad auto e centrali elettriche più pulite. Nel contempo le emissioni di biossido di azoto sono aumentate a livello dei bacini petroliferi di Permian, Bakken ed Eagle Ford, rispettivamente in Texas e New Mexico, North Dakota e Texas. I ricercatori hanno anche sviluppato un nuovo inventario delle emissioni degli idrocarburi, utilizzando i dati sull’uso del combustibile da parte dell’industria, l’ubicazione delle piattaforme di perforazione e dati di produzione di alto livello. I risultati hanno confermato le informazioni satellitari. “Scientificamente, questo è particolarmente importante: possiamo fare l’attribuzione della fonte via satellite”, ha aggiunto de Gouw. “Dobbiamo conoscere le fonti principali di inquinamento per affrontare queste emissioni nel modo più efficiente in termini di costi”. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista AGU Geophysical Research Letters (testo in inglese).

 

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.