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Batterie al sale domestiche per l’accumulo termico

Un nuova ricerca olandese ha messo a punto un sistema in grado di accumulare il calore estivo per sfruttarlo d'inverno, semplice e sicuro da usare anche in ambiente domestico. La pecca? Le dimensioni

Batterie al sale domestiche
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Nuovi progressi per le batterie al sale residenziali

(Rinnovabili.it) – Batterie al sale domestiche per catturare il calore estivo e renderlo disponibile d’inverno. Su questo concept di accumulo termico sta lavorando il ricercatore Lian Blijlevens della Radboud University, assieme ad alcuni colleghi dell’Università di Tecnologia di Eindhoven. Il lavoro tenta di rispondere ad una sfida precisa: come adattare la tecnologia delle cosiddette “salt battery” all’ambito residenziale. Da non confondere con le batterie ricaricabili che utilizzano sodio (Na) per gli elettrodi negativi, questa tecnologia si basa sull’assorbimento termochimico per conservare il calore su lunghi periodi di tempo. Da settimane a mesi. E sebbene non costituiscano una novità, le applicazioni nel mondo reale rimangono per lo più ancorate al laboratorio.

Il progressi maggiori sono stati compiuti dal professore Olaf Adan e dal suo team all’Università della Tecnologia di Eindhoven (TU/e), nei Paesi Bassi. Nel 2019 gli scienziati hanno costruito il primo dimostratore con una capacità di stoccaggio totale di oltre 200 kWh. E nel 2022 hanno iniziato una serie di test pilota della batteria termica al sale (un’unità da circa 70 kWh) in quattro abitazioni reali attraverso il progetto HEAT-INSYDE. Due a Eindhoven, una in Polonia e una in Francia. Blijlevens ha voluto compiere un passo in più cercando di scoprire quali sali siano davvero adatti all’uso domestico.

Accumulo termico, le tecnologie disponibili

Per capire come funzioni una batteria termica ai sali è bene discriminare le diverse tecnologie di stoccaggio termico che comprendono: accumulo del calore sensibile, accumulo del calore latente e accumulo del calore termochimico. Nel primo caso la tecnologia si basa sulla capacità termica di alcuni materiali, che vengono semplicemente riscaldati e raffreddati. Lo svantaggio più grande? La bassa densità energetica che comporta necessariamente elevati volumi. L’accumulo di calore latente sfrutta invece il processo di transizione di fase del materiale (solitamente solido-liquido) si tratta di una tecnologia relativamente matura ma rimango problemi irrisolti in materia di sottoraffreddamento e la separazione di fase. La terza opzione, l’accumulo di calore termochimico, immagazzina e rilascia energia termica attraverso reazioni chimiche reversibili, con una densità di energia decisamente più elevata delle precedenti.

Batteria al sale, come funziona?

Nel caso dell’accumulo termochimico, la reazione più promettente è il ciclo di idratazione/disidratazione di sali reattivi, principio alla base del funzionamento della batteria al sale. Il funzionamento appare semplice: quando vengono in contatto con il vapore acqueo i cristalli di questi sali assorbono l’acqua, diventano più grandi (trasformandosi in idrati di sale) e, nel processo, rilasciano calore. Al contrario, scaldandoli, si fa evaporare l’acqua e li si “asciuga”, riducendo la dimensione dei cristalli.

La batteria del progetto HEAT-INSYDE, ad esempio, impiega compositi di carbonato di potassio (K2CO3) come materiale di stoccaggio attivo, ed composta da un serbatoio contenete tale sale, un evaporatore, un ventilatore e uno scambiatore di calore. L’iniziativa, che si chiuderà a marzo 2024, sta lavorando per creare un impianto con un livello di maturità tecnologia pari a 7 e una densità energetica a livello di sistema di 0,6 GJ/m3.

Batterie al sale domestiche, i vantaggi del SrCl2

Sono stati studiati diversi idrati di sali come il solfato di magnesio o il cloruro di magnesio, ma per applicazioni residenziali era necessario trovare un composto adatto. Ossia un materiale facilmente reperibile, economico e sicuro. Blijlevens e i colleghi di Eindhoven hanno valutato centinaia di sali reattivi e la dozzina che ha superato la valutazione iniziale è stata successivamente testata in laboratorio per verificarne la riciclabilità. “Questo per non dover sostituire il sale ogni anno”, sottolinea lo scienziato.

Il cloruro di stronzio (SrCl2) si è rivelato un candidato promettente in questo senso: non è troppo costoso, si riscalda bene e rimane stabile senza effetti collaterali. “Il carbonato di potassio […] è più economico, ma reagisce anche alla CO2″, aggiunge Blijlevens. “Ciò rende la batteria meno efficace a lungo termine“. Il futuro delle batterie al sale domestiche è ancora tutto da scrivere ma il ricercatore è convinto che sia stata imboccata la strada giusta. “Se vuoi riscaldare una casa in questo modo, servono circa 10 metri cubi di materiale, che corrispondono a due o tre armadi. Non hai più bisogno del gas naturale e puoi utilizzare il calore che accumuli d’estate in inverno. È un’ottima soluzione soluzione ad un grosso problema”.

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.