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Proteggere l’ambiente innovando: 11 startup da tenere d’occhio

Dalla macchina "grattugia-rifiuti" al sistema ultra veloce per intercettare gli incendi, dalla CO2 trasformata in una batteria alle "spugne" contro gli sversamenti di idrocarburi. Ecco le migliori idee imprenditoriali sostenute dall'acceleratore dell’Università Ca’ Foscari Venezia

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Iniziata la fase di implementazione dei progetti selezionati da VeniSIA

Proteggere l’ambiente con idee imprenditoriali intelligenti e soluzioni innovative, che rendano la transizione ecologica più facile ed immediata. Questo l’obiettivo di tante piccole startup nate negli anni sotto l’ala dell’innovazione. Per aiutarle a rendere i progetti realtà, l’Università Ca’ Foscari Venezia, ha creato VeniSIA – Venice Susainability Innovation Accelerator. La piattaforma è il primo progetto attivo nell’ambito di “Venezia capitale mondiale della sostenibilità”, un piano di interventi approvato dalla giunta regionale del Veneto funzionali allo sviluppo sostenibile del territorio con fulcro la città capoluogo. VeniSIA , dopo un attività di scouting che alla profilazione di 1.513 startup da 28 paesi del mondo ha annunciato oggi quali realtà internazionali accederanno alla fase finale del percorso di accelerazione. Undici giovani aziende le cui idee possono aiutare a proteggere l’ambiente dalle moderne sfide.

Dopo un’accurata selezione di progetti provenienti da tutto il mondo e una prima fase di formazione online, finalmente accogliamo a Venezia […] i giovani talenti che qui lavoreranno su soluzioni che mettono al centro le tecnologie 4.0″, hadichiarato il professor Carlo Bagnoli, Direttore Scientifico dell’iniziativa. “La città sarà per tre mesi un living lab di innovazione e potrà contare su una residenzialità di qualità: grazie alla sua carica simbolica, al suo ecosistema così unico ma fragile, Venezia può davvero essere culla di un nuovo Rinascimento guidato dalle imprese, che sappia coniugare innovazione ambientale, sociale ed economica”.

11 progetti innovativi per proteggere l’ambiente e il clima

Grycle, creata da un team tutto italiano, è una macchina in grado di ridurre il volume dei rifiuti di oltre il 90%. Come? Trasformandoli in granuli attraverso una camera di tritatura e quindi  separandoli attraverso un filtro elettromeccanico. Grycle si affida al machine learning per imparare progressivamente a riconoscere nuovi materiali ed evitare la differenziazione manuale.

Energy Dome, giovane startup italiana, sta lavorando per realizzare la prima “batteria alla CO2”, un impianto di stoccaggio energetico che funziona sfruttando l’anidride carbonica. La tecnologia messa a punto è un’evoluzione del cosiddetto Liquid Air Energy Storage (LAES), che utilizza l’elettricità per raffreddare l’aria fino a quando non si liquefa.

CarboREM nasce a Rovereto (Trento) con l’obiettivo di progettare e realizzare innovativi impianti industriali per il trattamento dei fanghi di depurazione, digestati e rifiuti organici. L’azienda sta mettendo a punto impianti di piccole dimensioni volti in grado di aumentare l’efficienza dei processi esistenti, riducendo i volumi di fango e aumentando la generazione di biogas.

Energintech è una startup trevigiana attiva nel campo dell’Innovation Menagement. In altre parole fornisce consulenza su studi, progetti di fattibilità e progettazione degli interventi “per risolvere criticità ambientali ed energetiche” per società e territori.

9-Tech è una startup con sede a Venezia che occupa di ricerca e sviluppo di soluzioni per il recupero di metalli strategici dai rifiuti elettronici. Tra le altre cose, ha realizzato il primo prototipo di impianto di trattamento dei pannelli fotovoltaici in grado recuperare tutte le materie prime di cui sono composti.

Dryad è una startup tedesca che ha sviluppato Silvanet: una soluzione per il rilevamento ultra-precoce degli incendi e per soluzioni di monitoraggio della salute e della crescita di foreste pubbliche e private.

Radoff ha sviluppato Radoff LIFE, il primo dispositivo per la riduzione del rischio del gas Radon all’interno degli ambienti domestici e di lavoro. L’impianto monitora costantemente i livelli di Radon indoor e avvia un’azione di bonifica non appena la concentrazione supera le soglie normate. Tramite un sistema brevettato, riesce a trattare ambienti chiusi fino a 70mq, ripulendo l’aria anche dalle polveri sottili.

U-Earth è una società britannica dedicata allo sviluppo, alla produzione e alla commercializzazione di biotecnologie per la decontaminazione e il trattamento di aria, acqua e terreni in applicazioni mediche, industriali e commerciali. Il sistema funziona attraverso unità indipendenti che catturano e distruggono i contaminanti attraverso un meccanismo di bio-ossidazione.

Daze Technology (Italia), fin dal 2016, ha come missione quella di rendere la ricarica quotidiana degli EV comoda, semplice e intelligente. È la prima azienda al mondo ad aver progettato e sviluppato un sistema di ricarica automatica conduttiva: DazePlug. Oltre a DazePlug, Daze Technology offre una gamma di prodotti e servizi per la ricarica dei veicoli elettrici nel settore privato e pubblico. Tutti i sistemi di ricarica di Daze Technology sono prodotti in Italia e ne condividono il raffinato design.

Test1 (Italia) ricerca, sviluppa e prototipa nuove tecnologie innovative per l’industria globale del petrolio e del gas. Il suo core business è incentrato sullo studio di poliuretani e su come questi possono essere utilizzati per affrontare le fuoriuscite di idrocarburi sull’acqua e sulla terraferma.

Next (Italia) è un veicolo modulare che potrebbe essere considerate come il “jolly dei trasporti”. Potrebbe comportarsi come un’auto condivisa o come un taxi, ma anche come un autobus o un van per le consegne dell’ultimo miglio, o un camion per le lunghe distanze, o un hub per passeggeri e merci senza trasbordo esterno. Una flotta elettrica flessibile non stop, autoguidata da algoritmi.

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • Batterie al sodio allo stato solido

Batterie al sodio allo stato solido, verso la produzione di massa

Grazie ad un nuovo processo sintetico è stato creato un elettrolita di solfuro solido dotato della più alta conduttività per gli ioni di sodio più alta mai registrata. Circa 10 volte superiore a quella richiesta per l'uso pratico

Batterie al sodio allo stato solido
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Batterie al Sodio allo Stato Solido più facili da Produrre

La batterie allo stato solido incarnano a tutti gli effetti il nuovo mega trend dell’accumulo elettrochimico. E mentre diverse aziende automobilistiche tentano di applicare questa tecnologia agli ioni di litio, c’è chi sta percorrendo strade parallele. É il caso di alcuni ingegneri dell’Università Metropolitana di Osaka, in Giappone. Qui i professori Osaka Atsushi Sakuda e Akitoshi Hayash hanno guidato un gruppo di ricerca nella realizzazione di batterie al sodio allo stato solido attraverso un innovativo processo di sintesi.

Batterie a Ioni Sodio, nuova Frontiera dell’Accumulo

Le batterie al sodio (conosciute erroneamente anche come batterie al sale) hanno conquistato negli ultimi anni parecchia attenzione da parte del mondo scientifico e industriale. L’abbondanza e la facilità di reperimento di questo metallo alcalino ne fanno un concorrente di primo livello dei confronti del litio. Inoltre l’impegno costante sul fronte delle prestazioni sta portando al superamento di alcuni svantaggi intrinseci, come la minore capacità. L’ultimo traguardo raggiunto in questo campo appartiene ad una ricerca cinese che ha realizzato un unità senza anodo con una densità di energia superiore ai 200 Wh/kg.

Integrare questa tecnologia con l’impiego di elettroliti solidi potrebbe teoricamente dare un’ulteriore boost alla densità energetica e migliorare i cicli di carica-scarica (nota dolente per le tradizionali batterie agli ioni di sodio). Quale elettrolita impiegare in questo caso? Quelli di solfuro rappresentano una scelta interessante grazie alla loro elevata conduttività ionica e lavorabilità. Peccato che la sintesi degli elettroliti solforati non sia così semplice e controllabile. Il che si traduce in un’elevata barriera per la produzione commerciale delle batterie al sodio allo stato solido.

Un Flusso di Polisolfuro reattivo

É qui che si inserisce il lavoro del team di Sakuda a Hayash. Gli ingegneri hanno messo a punto un processo sintetico che impiega sali fusi di polisolfuro reattivo per sviluppare elettroliti solidi solforati. Nel dettaglio utilizzando il flusso di polisolfuro Na2Sx come reagente stechiometrico, i ricercatori hanno sintetizzato due elettroliti di solfuri di sodio dalle caratteristiche distintive, uno dotato della conduttività degli ioni di sodio più alta al mondo (circa 10 volte superiore a quella richiesta per l’uso pratico) e uno vetroso con elevata resistenza alla riduzione.

Questo processo è utile per la produzione di quasi tutti i materiali solforati contenenti sodio, compresi elettroliti solidi e materiali attivi per elettrodi“, ha affermato il professor Sakuda. “Inoltre, rispetto ai metodi convenzionali, rende più semplice ottenere composti che mostrano prestazioni più elevate, quindi crediamo che diventerà una metodologia mainstream per il futuro sviluppo di materiali per batterie al sodio completamente allo stato solido“.  I risultati sono stati pubblicati su Energy Storage Materials and Inorganic Chemistry .

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Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
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Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

leggi anche Fotovoltaico in perovskite, i punti quantici raggiungono un’efficienza record

L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

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