Rinnovabili • Sanzioni energetiche alla Russia: quale sarebbe l’impatto sul Pil dell’Italia?

Quanto costerebbero all’Italia le sanzioni energetiche alla Russia?

Nel Def appena approdato in parlamento, il governo immagina due scenari. Nel primo l’Italia e l’UE riescono a rimpiazzare subito le forniture di gas di Mosca, il secondo prevede invece più domanda che offerta e quindi dei razionamenti dell’energia. In entrambi i casi non scatta la recessione per il Belpaese. E la ripresa è rapida

Sanzioni energetiche alla Russia: quale sarebbe l’impatto sul Pil dell’Italia?
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L’UE sta discutendo se mettere nuove sanzioni energetiche alla Russia

(Rinnovabili.it) – Uno degli argomenti più usati per dire che non bisogna mettere sanzioni energetiche alla Russia è l’impatto sull’economia italiana, ed europea. Siamo nel pieno della ripresa post-Covid e le stime del Pil hanno numeri che non si vedevano da decenni. A febbraio l’UE prevedeva +4,1% per Roma, nel Nadef di settembre il governo stimava una crescita tendenziale del 4,7%. Ci hanno già pensato lo scoppio della guerra e i pacchetti di sanzioni approvati finora a tagliare le previsioni di crescita, si argomenta. Per Confindustria addirittura il 2022 si chiuderà con solo +1,5% e il 2023 potrebbe anche sprofondare in territorio negativo. Per questo – prosegue il ragionamento – approvare un embargo sul gas e petrolio di Mosca equivale a tirarsi la zappa sui piedi.

È davvero così? Quale può essere l’impatto sul Pil italiano di un ipotetico nuovo pacchetto di sanzioni energetiche? Il governo ha provato a fare i conti e riporta alcuni scenari nel Documento di economia e finanza (Def) licenziato dal Consiglio dei Ministri la settimana scorsa.

Cosa succederebbe con le sanzioni energetiche alla Russia?

Si parte dal caso peggiore: un blocco delle esportazioni di gas e petrolio che inizia alla fine di aprile 2022 e prosegue per tutto il 2023. Due le ipotesi.

Lo scenario più gestibile immagina che si riesca ad avere gas a sufficienza. I 29 miliardi di metri cubi di gas russo vengono rimpiazzati subito, via Transmed (Algeria), GreenStream (Libia) e Tap (Azerbaijan), arriva più Gnl e aumenta un po’ anche la produzione nazionale di gas fossile e biometano. Però anche gli altri paesi europei faranno altrettanto. Risultato: il prezzo del gas sul mercato all’ingrosso nazionale potrebbe raddoppiare (da 100 a oltre 200 €/MWh) trascinando in su anche quello dell’elettricità (PUN stimato a 379 €/MWh tra novembre 2022 e febbraio 2023, contro i 250 €/MWh di oggi).

“La simulazione indica che i più elevati prezzi dell’energia ipotizzati sottrarrebbero complessivamente 0,8 punti percentuali alla crescita del PIL italiano nel 2022 e 1,1 punti percentuali nel 2023 in confronto allo scenario tendenziale”, si legge nel Def. Quindi: da +2,9% a +2,1% quest’anno, da +2,3% a 1,2% nel 2023.

L’altro scenario ipotizzato dal governo immagina che le sanzioni energetiche alla Russia (o una decisione unilaterale di Mosca di chiudere i rubinetti) colgano più impreparata l’Italia e l’Europa. Le indicazioni del piano RePower EU non trovano piena applicazione e si resta tutti scoperti. Il Def dipinge come plausibile un quadro in cui all’Italia manchi il 18% del fabbisogno di gas quest’anno e il 15% l’anno prossimo. Cosa succede? Prezzi di gas e elettricità più alti che nel primo scenario, in media del 10%. A questo impatto sul tessuto produttivo va aggiunto quello dei razionamenti, che in questo scenario diventano una scelta obbligata.

Tenendo conto anche del calo di export dovuto alle analoghe difficoltà di alcuni dei paesi di destinazione, la flessione del Pil porterebbe la crescita a +0,6% nel 2022 e a +0,4% nel 2023. “Queste valutazioni si riferiscono al quadro tendenziale, giacché è evidente che a un simile scenario si risponderebbe con una manovra di sostegno all’economia più robusta di quella ipotizzata nel programmatico del presente documento”, aggiunge il Def.

Le sanzioni energetiche alla Russia hanno il loro effetto, e non è certo leggero. Ma non dovrebbero mandare il paese in recessione. E la ripresa, ipotizza il Def, sarebbe veloce. In pratica, si tratterebbe di stringere i denti per 18 mesi. Ipotizzando un rientro dei prezzi energetici nel 2024-25 e il ritorno del Pil al livello tendenziale nel 2025, nel primo scenario si avrebbe una crescita aggiuntiva dell’1,1% e dello 0,8% rispettivamente nel 2024 e nel 2025, mentre nel secondo scenario il tasso di crescita del Pil sarebbe superiore di 1,9 punti percentuali nel 2024 e 2,3 nel 2025. (lm)

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