Dall'evento Nucleare Sostenibile nuovi dubbi sul phase out degli impianti a carbone rimasti in Italia. Salvini: "chiusura non è nell'interesse centrale del nostro Paese"

Dal convegno sul nucleare sostenibile il rilancio del carbone in Italia
Da dove arriva l’ultima proposta, in ordine di tempo, di rimandare lo stop al carbone in Italia? Da un palco solo apparentemente inaspettato. Quello del convegno “Il nucleare sostenibile: l’Italia riparte” organizzato oggi a Milano dalla Lega. Un appuntamento in cui si è ribadita la visione dell’atomo come fonte di “energia pulita ed economica” (malgrado le evidenze contrarie), elemento “imprescindibile” per la decarbonizzazione italiana, e in cui quella stessa decarbonizzazione è stata apertamente messa da parte.
Secondo quanto riportato dalle agenzia stampa, ad avanzare dubbi sulle attuali tempistiche per il phase-out del carbone, in nome della sicurezza energetica, sono stai oggi i partecipanti all’incontro.
L’impegno al phase-out entro il 2025 era stato preso dal governo nel 2017 nella Strategia Energetica Nazionale (SEN) e ribadito poi nel PNIEC. Sia quello del 2019 che quello del 2024. Con un’unica eccezione sulla tabella di marcia aggiunta nell’ultima versione: gli impianti situati in Sardegna, per il quali è emersa l’esigenza di avere altri anni di tempo in vista del completamento del Tyrrhenian Link.
Lo stesso ministero dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin al G7 di Venaria sul clima di aprile 2024, aveva battuto su queste tempistiche. “Abbiamo valutato i tempi: potremmo arrivarci nei prossimi mesi, anche se con l’attuale scenario geopolitico è più probabile parlare di un anno per quanto riguarda l’Italia continentale e 2027 per la Sardegna”. Anche se per un’unità in particolare si parla addirittura del 2028.
Ma di quali impianti stiamo parlando? Ad oggi sono attive 4 centrali che forniscono nel complesso 4,6 GW di potenza: Civitavecchia, Brindisi, Sulcis, Fiume Santo.

Per Claudio Descalzi, amministratore delegato Eni, lo stop al carbone in Italia “in una situazione di alti costi o di scarsa disponibilità di energia” sarebbe da riconsiderare. L’ad. di Eni lega la questione economica anche a quello dello sviluppo dell’IT. “I data center stanno funzionando dove ci sono bassi costi, questo te lo consente solo il nucleare, il gas e il carbone. Non possiamo fare grandi salti in Intelligenza artificiale e non pensare a quello che serve per alimentarla”.
Un invito colto al balzo dal vicepremier e il ministro dei Trasporti, Matteo Salvini che nel suo intervento ha fatto sapere che porterà “sul tavolo della maggioranza questa riflessione: in base alle esigenze di oggi chiudere le quattro centrali a carbone non è nell’interesse del Paese […] significa tagliarsi un pezzo di futuro”.
In realtà quello che appare evidente è come l’Italia stia pagando la storica scelta di puntare sulle fonti fossili e il gas in primis. Scelta che si è mantenuta costante nel tempo, prima incoronando il gas naturale vettore ponte per la transizione, poi ampliando le politiche di approvvigionamento con la crisi del 2022 e oggi facendo i conti con il peso delle fossili sul sistema dei prezzi marginali.
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