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Nucleare, ancora una volta fuori controllo

Lunedì. Giappone. Centrale di Kashiwazaki-Kariwa. Sisma e incidente. Conseguenze prima minimizzate dai gestori, poi ammissioni di una situazione più grave. Ma sarà tutto? Come al solito, l’incontrollabile energia sprigionata dall’atomo non è stata contenuta dalla più grande centrale del mondo, questa volta “stuzzicata” da un terremoto di quasi 7° della scala Richter

*LA CRONACA* – Già, la storia si ripete. Il disastro nucleare di lunedì scorso in Giappone sembra, fatte le dovute distinzioni, ricalcare per certe dinamiche, quello di Chernobyl. E meglio lo stesso meccanismo di disinformazione del dopo-disastro. Nel 1986, dopo l’incidente, il governo sovietico minimizzò fino a dichiarare 33 vittime ufficiali. In realtà nel corso degli anni successivi morirono in circa 2500 per le conseguenze della radioattività, ma dati ufficiali, dalle autorità dell’Urss, non vennero mai divulgati.
Lunedì scorso la centrale nucleare di Kashiwazaki-Kariwa è stata colpita da un terremoto del 6,8° della scala Richter e, per quanto tecnologia, denaro e capacità non difettino certo alla nazione del Sol Levante, è successo l’inevitabile.
La forza della natura ancora una volta ha potuto più dell’uomo.
L’uomo, in questo caso i rappresentanti della Tokyo Electric Power Co e le autorità giapponesi, hanno giocato al ribasso, parlando subito di un “litro e mezzo” di acqua pesante fuoriuscita dall’impianto finita in mare e della rottura di una decina di fusti con rifiuti tossici a basso grado di radioattività.
Il giorno dopo, forse in seguito agli interrogativi della stampa e alle proteste dell’opinione pubblica, sono iniziate a cambiare le versioni.
Le notizie si accavallano. I litri d’acqua dispersi nel mare sono divenuti 1200, in più c’era da aggiungere una fuoriuscita di 800 kg di olio e i barili di rifiuti radioattivi da dieci erano diventati cento.
La solita reticenza che viene adottata ogni volta che succede una simile catastrofe. E soprattutto quando c’è di mezzo una centrale nucleare.

*ANCORA PER IL NUCLEARE* – Quantunque a Kashiwazaki-Kariwa si sia verificato un gravissimo incidente, almeno, stando alle notizie giunte fino ad oggi, sembra non ci siano vittime.
Per ora.
Certo non sappiamo cosa sarà nei prossimi anni di quelle coste, dell’acqua contaminata, di chi fosse accidentalmente venuto in contatto con questi materiali radioattivi, della loro volatilità nell’aria… Insomma ancora una volta abbiamo avuto una dimostrazione di come l’uomo non riesca a padroneggiare la tecnologia del nucleare, nemmeno nel più avanzato e sofisticato reattore, il più grande esistente, in grado di soddisfare addirittura il 30% dell’intero fabbisogno energetico giapponese.
Tutto questo quando ancora nel mondo, ad iniziare da casa nostra, più d’uno pensa ancora di risolvere il problema energetico con il nucleare. E non sono pochi. Iniziando dall’Italia, la vicepresidente della Confindustria Emma Marcegaglia ha ribadito più volte ultimamente che l’Italia deve puntare su tutte le fonti energetiche, atomo compreso. Le società produttrici e distributrici di energia sono anch’esse della partita: Enel, ad esempio, ha recentemente lanciato un’offerta per acquisire un impianto nucleare da realizzare in Bulgaria e l’Edison si è detta più volte pronta a entrare nel business “Non c’è altra strada – assicura l’amministratore delegato del gruppo, Umberto Quadrino, se vogliamo ridurre le emissioni inquinanti”. Addirittura personalità della scienza, come Umberto Veronesi, non più tardi di qualche mese fa fece un’uscita in favore delle centrali nucleare, affermando che in Italia bisogna costruirne dieci in 190 anni.
Ma anche partiti e financo uomini di governo si dimostrano convinti della scelta pro-nucleare. Citiamo tra tutti An. Il partito di Gianfranco Fini ha già messo a punto una proposta di legge in 14 articoli che prevede anche incentivi ai residenti nei comuni che ospitassero degli impianti: a detta di An non c’è alternativa al nucleare. Ma addirittura il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Fabio Gobbo, quindi un’esponente istituzionale del centro-sinistra, afferma che «non è possibile abbandonare la ricerca sul nucleare. È un’opzione che non può essere cancellata a priori”. Sempre in tema di insospettabili, c’è anche il presidente del Brasile, Lula, che ha annunciato il rilancio del programma nucleare del suo paese, con la costruzione di nuove centrali. Il governo federale brasiliano infatti ha già autorizzato la realizzazione della centrale nucleare “Angra 3”, a Rio de Janeiro.

*E LE SCORIE?* – Oltre a far discutere sulla sicurezza delle centrali, questi incidenti riportano d’attualità anche l’annoso e tutt’ora irrisolto problema delle scorie nucleari, della loro ultracentenaria radioattività, del loro stoccaggio (in luoghi spesso misteriosi e sconosciuti all’opinione pubblica) e del pericolo che possono costituire, in tempi di terrorismo come il nostro, questo tipo di scorie (adatte ad esempio a realizzare degli ordigni nucleari ad uranio impoverito).

*IN CONCLUSIONE* – Siamo alle solite, come in URSS prima nel 1957 (un bidone di rifiuti radioattivi prende fuoco ed esplode nella centrale di Kyshtym, contaminando migliaia di chilometri quadrati di terreno ed esponendo alle radiazioni 270 mila persone) e poi nel 1986 (la catastrofe di Chernobyl, con circa 2.500 vittime nel periodo successivo per malattie varie).
Ma incidenti successero anche in Canada come nel 1952 a Chalk River, (con la parziale fusione del nucleo di un reattore e relativo accumulo di enormi quantità di acqua radioattiva negli impianti). Oppure in Gran Bretagna, sempre nel 1952, (a Sellafeld, un incendio nel reattore che produceva plutonio per scopi militari generò una nube radioattiva imponente che attraversò tutta l’Europa. I morti per gli effetti della radioattività: malattie, leucemie, tumori, furono stimati in 300). Anche negli Usa nel 1969 (un’altra celebre fuga radioattiva a Three Mile Island, quando il surriscaldamento del reattore provocò la parziale fusione del nucleo, rilasciando nell’atmosfera gas radioattivi pari a 15000 terabequerel. Vennero evacuate 3.500 persone). Nel Giappone stesso c’è il precedente del 1999 (a Tokaimura, dove uno scoppio in una fabbrica di combustibile nucleare attivò una reazione a catena incontrollata. Morirono tre persone, ma altre 400 furono esposte alle radiazioni).
E questi sono gli incidenti di cui siamo a conoscenza.
E nonostante morti, malati, ambienti naturali distrutti o rovinati per migliaia di anni, chissà quante scorie, silenziosamente, da qualche parte del nostro mondo continuano a diffondere la loro radioattività, incrollabili governi, granitiche istituzioni e addirittura illuminati scienziati continuano a credere ciecamente al nucleare come panacea di tutti i nostri problemi energetici e di inquinamento.
Ciecamente. _(m.t.)_