L’inarrestabile ascesa dei cibi “senza”

Secondo le rilevazioni dell’Osservatorio Immagino, nell’ultimo anno i consumatori hanno mostrato grande interesse per i cibi “senza”, ovvero quelli a cui manca qualcosa: può essere un additivo, un colorante, un ingrediente

cibi senza
via depositphotos.com

 di Isabella Ceccarini

(Rinnovabili.it) – Trascorso qualche anno di stabilità, in un anno (giugno 2019-giugno 2020) i cibi “senza” sono cresciuti del 4,5%, confermando l’interesse degli italiani per i prodotti a cui manca qualcosa: può essere un additivo, un colorante, un ingrediente.

Secondo le rilevazioni dell’Osservatorio Immagino, gli oltre 13mila prodotti che rientrano nel gruppo dei cosiddetti “free from” hanno un giro d’affari che si aggira intorno ai 6,9 miliardi di euro, ovvero circa il 25,4% del fatturato totale del paniere alimentare composto da 115mila prodotti di largo consumo preso in esame.

“Senza conservanti” è da tempo uno dei claim più gettonati dai consumatori (incide per il 9,7% sulle vendite e per il 6,0% sul numero di prodotti presenti sugli scaffali), ma nel periodo 2019-2010 i claim che hanno trainato le vendite dei cibi “senza” sono stati: senza antibiotici, ridotto contenuto di zuccheri, senza additivi e senza glutammato. Il trend negativo è stato registrato dai cibi “senza” sale, calorie, ridotto contenuto di grassi saturi e di grassi idrogenati

Lenta ma costante la crescita di uno dei “senza” che riscote sempre un certo consenso, ovvero il famigerato olio di palma.

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Dopo due anni difficili è tornato positivo (+0,7%) il claim “pochi grassi” e canta vittoria anche “senza coloranti”: per qualche anno ha riscosso poco interesse da parte dei consumatori, ma nel 2019-2020 ha ricominciato a crescere (+1,4% annuo). 

Veniamo a uno dei nemici storici della bilancia: lo zucchero. Nel periodo esaminato da Osservatorio Immagino, la vendita dei prodotti che in etichetta segnalano eliminazione o riduzione degli zuccheri non ha conosciuto flessione: i prodotti con “pochi zuccheri” crescono del 5,0%, quelli “senza zuccheri aggiunti” conquistano addirittura un +9,8%. I campioni di questa categoria di cibi “senza” sono lo yogurt greco, le bevande a base di frutta e le confetture.

Anche “senza additivi” non è messo male (+5,5%), con particolare riferimento ad affettati, wurstel, preparati per brodo, passate di pomodoro. Stupisce invece che il claim “senza OGM”, vessillo dell’ambientalismo più drastico, registri un misero +0,3% dopo il trend negativo dei mesi precedenti.

Se le indicazioni “senza grassi saturi” o “a ridotto di contenuto di grassi saturi” e “poche calorie” hanno suscitato un magro interesse con il segno meno, è aumentata la domanda (+8,4%) per i prodotti “senza grassi idrogenati”. Piacciono i cibi “senza l’aggiunta di polifosfati” (+8,9%) e quelli “senza aggiunta di latte” (+11,9%), mentre tra i claim emergenti si segnala “senza uova” (+2,0%).

Osservatorio Immagino ha invece evidenziato la crescita dei prodotti “non fritti” (+8,7%), “senza lievito” (+2,0%) e “senza aspartame” (+7,0%). Ma la palma d’oro spetta al “senza antibiotici”, le cui vendite sono aumentate del 51,7% rispetto all’anno precedente.

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