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Il latte a base vegetale prenderà il posto di quello vaccino?

Attualmente il latte a base vegetale rappresenta il 15% di tutte le vendite di latte, e la tendenza sembra in crescita. Uno studio analizza i perché di questa preferenza che ha minore impatto ambientali ma anche due ostacoli da superare: l’accessibilità economica e il profilo nutrizionale più carente

latte a base vegetale
Foto di Dimitri Wittmann da Pixabay

Scelta di moda o scelta ambientale?

Il latte a base vegetale sarà il latte del futuro? Dal punto di vista dell’impatto ambientale è sicuramente migliore di quello vaccino, ma ci sono ancora alcuni ostacoli perché diventi un prodotto di consumo di massa.

Accessibilità economica e impatto ambientale

L’accessibilità economica è un primo ostacolo, dal momento che il latte a base vegetale ha un costo ancora molto più elevato di quello vaccino, quindi esclude automaticamente le fasce di popolazione a basso reddito. Un altro ostacolo, altrettanto se non più rilevante, riguarda il profilo nutrizionale che presenta evidenti carenze se confrontato con il latte vaccino. Molti prodotti a base vegetale sono addizionati con altre sostanze per rendere il profilo nutrizionale più simile possibile a quello del latte vaccino, tuttavia le differenze rimangono. L’aggiunta di zucchero in alcuni casi serve a migliorare il sapore.

I ricercatori del Johns Hopkins Center for a Livable Future hanno condotto uno studio su come sta cambiando il consumo di latte negli Stati Uniti. È opportuno ricordare che negli USA molti bevono il latte a tavola come noi beviamo l’acqua, quindi il suo consumo è decisamente elevato.

Analisi delle scelte dei consumatori

Lo studio Dairy and Plant-Based Milks: Implications for Nutrition and Planetary Health analizza i dati relativi alle vendite al dettaglio, i profili nutrizionali e l’impatto sulla salute e sull’ambiente del latte a base vegetale e di quello vaccino. I latti vegetali presi in considerazione nello studio sono mandorle, soia, avena, canapa, cocco, riso, piselli, anacardi e altri.

I dati utilizzati nello studio sono quelli di Nielsen IQ per l’analisi dei prezzi e degli acquisti dei consumatori. Il Food and Nutrient Database for Dietary Studies ha invece fornito i dati relativi alle proprietà nutrizionali dei diversi tipi di latte e latticini. I risultati dello studio evidenziano che i diversi tipi di latte a base vegetale (tranne quello di mandorla, la cui produzione ha bisogno di grandi quantità di acqua) hanno un impatto ambientale inferiore a quello vaccino.

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Perché le persone preferiscono il latte a base vegetale

Interessante l’indagine sulle cause che hanno orientato la scelta verso i prodotti a base vegetale nel secolo scorso. La spinta principale sembra essere l’intolleranza al lattosio, decisamente molto diffusa: sembra infatti che colpisca due terzi della popolazione mondiale sopra i dieci anni di età. Negli ultimi anni, invece, la preferenza accordata al latte a base vegetale dipende in gran parte dalle preoccupazioni per la sostenibilità ambientale.

Quello che emerge con forza dallo studio statunitense è che non si può ignorare il crescente consumo di latte a base vegetale: attualmente rappresenta il 15% di tutte le vendite di latte, e la tendenza sembra in crescita. Un fenomeno che forse non va scoraggiato se pensiamo che ha un impatto ambientale minore. Una ulteriore conferma, se mai ce ne fosse bisogno, che le scelte alimentari delle persone fanno la differenza.

Nello studio non sono presenti le caratteristiche demografiche e sociali o le preoccupazioni nutrizionali, aspetti che vale la pena di approfondire. Come pure sarebbe interessante conoscere gli eventuali effetti sulla salute nel lungo periodo.

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