Rapporto Coldiretti/Censis: le abitudini alimentari dopo il Covid

Il primo Rapporto Coldiretti/Censis sulle abitudini alimentari degli italiani nel post Covid fotografa consumatori più responsabili, più attenti allo spreco, alla qualità e alla sostenibilità degli alimenti. L’agroalimentare italiano, il più green d’Europa, va però protetto dalle imitazioni illecite e sostenuto con infrastrutture adeguate

abitudini alimentari
Via depositphotos.com

di Isabella Ceccarini

(Rinnovabili.it) – Dove non è arrivata la pandemia arrivano gli aumenti. I rincari dell’ultimo periodo hanno forti ripercussioni sul carrello della spesa e mettono in difficoltà anche chi finora ha resistito. Dal primo Rapporto Coldiretti/Censis sulle abitudini alimentari degli italiani nel post Covid – presentato in occasione del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione, organizzato da Coldiretti con The European House-Ambrosetti – emerge che nei prossimi mesi ci saranno almeno 4,8 milioni di italiani a rischio povertà alimentare.

Accordi di filiera

A questo gruppo si aggiunge un ulteriore 17,4% che non potrà spendere un centesimo in più delle spese di sopravvivenza. L’impatto dei rincari delle materie prime (e il loro difficile reperimento, allo stato attuale) si allarga a macchia d’olio dai carburanti ai fertilizzanti, dagli imballaggi ai trasporti, di mangimi per il bestiame ai fertilizzanti per le coltivazioni. I rincari, distribuiti lungo l’intera filiera agroalimentare, mettono i consumatori in seria difficoltà.

Il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, sollecita azioni speciali per affrontare l’emergenza: «Dinanzi a una situazione inedita serve responsabilità della intera filiera alimentare con accordi tra agricoltura, industria e distribuzione per garantire una più equa ripartizione del valore per salvare aziende agricole e stalle».

Puntare all’autosufficienza alimentare

Uno dei timori manifestati dai consumatori nel Rapporto Coldiretti/Censis è che se si dovesse aggravare la pandemia il cibo sugli scaffali potrebbe scarseggiare. Va riconosciuto, a questo proposito, il grande lavoro svolto dai nostri agricoltori e dall’intera filiera alimentare: i rifornimenti non sono mai mancati nemmeno durante la fase più dura del lockdown.

La filiera alimentare ha svolto un ruolo strategico, pertanto necessita di interventi e tutele particolari per essere potenziata e sostenuta affinché sia in grado di fare fronte alle emergenze, chiedono i cittadini che hanno partecipato alla stesura del Rapporto Coldiretti/Censis.

«L’Unione Europea e l’Italia devono puntare all’autosufficienza alimentare per stabilizzare le quotazioni e garantirsi adeguati approvvigionamenti di fronte alla situazione di instabilità che caratterizza i mercati dopo la pandemia. Il giusto prezzo e il contrasto alle pratiche sleali e agli abusi di potere lungo la filiera sono questioni di democrazia, giustizia e libertà. Se il prezzo del cibo diventa un campo di speculazione a perdere saranno sempre gli agricoltori e i consumatori» ha dichiarato Prandini.

L’Italia ha un deficit produttivo in diversi settori: siamo sotto per frumento tenero (64%) e frumento duro (40%), necessari per la produzione della pasta. Il mais copre la metà del fabbisogno (53%) ed è fondamentale per l’alimentazione degli animali e per le grandi produzioni di formaggi e salumi Dop. Secondo l’Ismea la produzione di soia è 1/3 (31%) del necessario. Per non parlare del latte (quello nazionale è il 75% del fabbisogno) e della carne (55%). Siamo autosufficienti solo per polli e uova.

Diminuisce lo spreco alimentare

Il Rapporto Coldiretti/Censis ha messo in evidenza anche la perdurante paura del contagio che frena il 32% degli italiani dal tornare a mangiare nei ristoranti: se tra i giovani tra i 18 e i 34 anni la percentuale di “timorosi” scende al 18%, tra gli over 65 arriva al 50%.

Anche le manifestazioni enogastronomiche stentano a riconquistare il pubblico, limitato al 38%; a gite enogastronomiche e degustazioni l’affluenza si limita rispettivamente al 45% e al 51%.

Il food delivery, gettonatissimo nel lockdown, non sostituisce la voglia di mangiare fuori casa, ma è più che altro un canale alimentare alternativo che si aggiunge a quello classico.

La buona notizia del Rapporto Coldiretti/Censis è che con la pandemia il 94% degli italiani è diventato più responsabile davanti allo spreco alimentare ed evita di buttare il cibo nella spazzatura, un’abitudine che è rimasta anche dopo l’emergenza. Anzi, il 57% degli interpellati si porta in ufficio il pranzo preparato con gli avanzi.

Sembra invece esaurito il delirio da chef che nel lockdown ha fatto andare a ruba farina e uova: nel 2021 il consumo è calato rispettivamente del 26% e del 13% (analisi Coldiretti su dati Ismea). Calano anche i prodotti confezionati per lasciare il posto a un ritorno del fresco (per il pesce il Rapporto Coldiretti/Censis indica +27%), ed è cresciuta del 7,7% il consumo di bevande.

Cresce la responsabilità ambientale

La maggiore responsabilità verso l’ambiente è testimoniata dall’88% degli italiani disposto a pagare di più per il cibo sostenibile che non inquina, prodotto con logica da economia circolare, l’83% lo farebbe per avere prodotti tracciabili e il 73% per acquistare una specialità proveniente da un determinato territorio.

La reputazione aziendale è importante per il 90% dei consumatori e decisiva per il 50%, ma complessivamente la preferenza va ai prodotti italiani.

Scegliere prodotti del territorio è indice di preferenza per il cibo sano e di qualità, caratteristici del Made in Italy. Infatti l’agricoltura italiana è la più green d’Europa (sorpassa di molte lunghezze gli altri paesi UE).

Inoltre vanta il maggior numero di specialità Dop/Igp/Stg riconosciute oltre a più di 5mila prodotti alimentari tradizionali e la più ampia rete di mercati di vendita diretta degli agricoltori con Campagna Amica.

Senza dimenticare che l’agricoltura italiana emette solo il 7,2% di tutte le emissioni di gas serra prodotte a livello nazionale (analisi Coldiretti sul Rapporto Greenitaly).

Più attenzione all’etichetta

La pandemia ha influenzato anche le scelte alimentari e i consumatori sono diventati più attenti alle informazioni contenute in etichetta alla ricerca di trasparenza sull’origine e sui processi produttivi e distributivi del cibo.

Una verifica sulla qualità che ha coinvolto l’82% dei consumatori, senza distinzione di età, reddito o titoli di studio con la disponibilità a pagare di più per un prodotto dalla tracciabilità certificata.

È cresciuta anche l’attenzione alle conseguenze di cibo e bevande sulla salute (81%) e le preferenze vanno alle diete basate sui prodotti nazionali come pasta e olio d’oliva (85%), segno che nonostante il cibo italiano è uscito rafforzato dalla pandemia.

Queste tendenze dei consumatori sono un ulteriore richiamo alla responsabilità per gli agricoltori ai quali sono richiesti trasparenza, qualità, sicurezza e legami con il territorio.

Adeguare le infrastrutture

Ulteriore buona notizia del Rapporto Coldiretti/Censis che in 25 anni il valore medio delle esportazioni agroalimentari italiane è triplicato. Questo successo è dovuto da un lato alla crescita di qualità dei prodotti italiani, dall’altro alle norme che li tutelano e li valorizzano.

Il valore dell’agroalimentare italiano, tuttavia, deve essere protetto con strumenti adeguati: non deve essere permesso il gioco sleale di chi imita i prodotti italiani con nomi taroccati o allusioni truffaldine. Non a caso siamo i più imitati: il mercato dei falsi Made in Italy fattura 100 milioni di euro togliendo lavoro e risorse all’Italia.

L’agroalimentare può avere un ruolo trainante per l’economia, ma va sostenuto e accompagnato dall’adeguamento delle infrastrutture, conclude Prandini, «per migliorare i collegamenti tra Sud e Nord del Paese, ma anche con il resto del mondo per via marittima e ferroviaria in alta velocità, con una rete di snodi composta da aeroporti, treni e cargo».

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