Rapporto IPCC sul cambiamento climatico: come cambia la nostra vita e cosa rischiamo

Sforare temporaneamente gli 1,5 gradi rende irreversibili molti dei processi in atto. Già con gli attuali 1,1°C gli impatti del climate change sono peggiori del previsto, specie per estremi climatici come inondazioni e ondate di calore. Siamo pericolosamente vicini ai nostri limiti dell’adattamento

Rapporto IPCC sul cambiamento climatico: stiamo superando i limiti dell’adattamento
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Pubblicata la 2° parte del rapporto IPCC sul cambiamento climatico (AR6)

(Rinnovabili.it) – “Quasi metà della popolazione mondiale vive già adesso in aree a rischio. Molti ecosistemi sono arrivati al punto di non ritorno, già adesso. L’inquinamento globale senza controllo sta spingendo i più vulnerabili a marciare verso la distruzione, già adesso. I fatti sono innegabili”. Il climate change è qui, adesso, e colpisce indiscriminatamente. E lo farà ancora di più in futuro. Con queste parole il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, presenta l’ultimo rapporto IPCC sul cambiamento climatico pubblicato oggi.

Si tratta della seconda parte del 6° Assessment Report (AR6), l’aggiornamento periodico del report che sintetizza lo stato dell’arte della scienza del clima mondiale e dà le linee guida per l’azione politica. Questo capitolo del rapporto IPCC sul cambiamento climatico si concentra sull’impatto sull’uomo e sugli ecosistemi del riscaldamento globale e degli stravolgimenti connessi. E indica quali strade percorrere per non farci trovare impreparati e adattarci al meglio alla nuova realtà che stiamo vivendo. Il sommario per i politici è stato limato nelle ultime 2 settimane proprio mentre si addensavano le tensioni per l’invasione russa dell’Ucraina, un evento che molti temono possa rallentare l’azione climatica. Finora però l’onda d’urto del conflitto non ha toccato l’IPCC, con il capo delegazione russo che si è pubblicamente scusato (ovviamente solo a titolo personale) a nome di tutti i russi che non sono stati in grado di prevenire l’evento.

I limiti dell’adattamento

Gran parte dei cambiamenti innescati sulla Terra dal climate change di origine antropica sono, ormai, semplicemente irreversibili. Non significa che non c’è più speranza: con gli sforzi per mantenere la temperatura globale entro gli 1,5 gradi, l’IPCC conferma che si potranno evitare in parte gli impatti più devastanti del cambiamento del clima.

Ma ci sono dei limiti. Sono i “limiti dell’adattamento”, come li definisce il rapporto IPCC sul cambiamento climatico dividendoli in due gruppi. Da un lato quelli “soft”. Limiti che si possono aggirare, superare, modificare. Sono quelli che dipendono dall’azione umana: barriere politiche, intoppi economico-finanziari, volontà di cambiare. In molti casi da un punto di vista tecnico è ancora possibile usare strategie di adattamento molto efficaci, spiegano gli autori; quello che manca è proprio la volontà chiara di cambiare.

Dall’altro lato, i limiti “hard”: non sempre ci si può adattare, abbiamo limiti biologici che non possiamo oltrepassare. Il corpo umano sopporta solo una certa quantità di calore, ad esempio. Per quanto le isole più vulnerabili si preparino, l’aumento del livello dei mari le sommergerà, visto che si tratta di un fenomeno ormai irreversibile per i prossimi secoli a prescindere dalle nostre azioni oggi.

Cosa succede se sforiamo gli 1,5 gradi (anche se per poco tempo)

L’ultimo rapporto IPCC sul cambiamento climatico lancia un vero ultimatum su questo punto: la soglia di 1,5°C è il tornante decisivo per i limiti di adattamento. Oltre questa quantità di riscaldamento globale, i ghiacciai e le riserve di acqua fresca diminuiranno a velocità tale da costringere all’insicurezza idrica miliardi di persone. L’agricoltura sparirà da alcune aree del pianeta già con un aumento di 2°C.

Ma anche un’ipotesi ritenuta molto probabile oggi, cioè lo sforamento temporaneo degli 1,5 gradi, avrà effetti deleteri. Per il Panel intergovernativo sui cambiamenti climatici dell’Onu, infatti, restare per un paio di decenni oltre questa soglia renderà “irreversibili” molti dei processi in atto.

“È peggio del previsto”, dice il rapporto IPCC su cambiamento climatico

Tutto questo ha già delle ripercussioni sull’uomo e sugli ecosistemi. La situazione di oggi, scrivono gli autori, è peggio di quella anticipata dalle previsioni. La minaccia per l’uomo arriva soprattutto dagli estremi climatici. Inondazioni e ondate di calore stanno già avendo impatti molto maggiori del previsto, e hanno superato la capacità di molte popolazioni di adattarsi a questa “nuova normalità”. Africa, Asia centro-meridionale e America Latina sono le regioni più colpite e a rischio.

A prescindere da quanto riusciremo a ridurre le emissioni globali di gas serra, entro i prossimi decenni il rapporto IPCC sul cambiamento climatico afferma che almeno 1 miliardo di persone sarà a rischio di eventi estremi sulle aree costiere. Se poi le temperature, com’è probabile, dovessero raggiungere gli 1,7-1,8°C, allora metà della popolazione umana sarà esposta a periodi in cui ci saranno condizioni potenzialmente letali di calore e umidità. A quel punto, peraltro, il 14% delle specie viventi sarà ad altissimo rischio estinzione. Ma per gli ecosistemi già oggi considerati vulnerabili, la probabilità di estinzione raddoppia a 2°C e diventa 10 volte maggiore con un riscaldamento globale di 3°C.

Tecnologia come soluzione?

Nel sommario per i politici, il capitolo sulle possibili soluzioni prova a mettere qualche punto fermo. L’IPCC mette in guardia dal fare eccessivo affidamento sulla tecnologia per risolvere la crisi climatica. Sia la geoingegneria sia tecnologie come la cattura diretta dall’aria di CO2, sostiene il rapporto, possono avere effetti controproducenti. La ricetta è invece uno “sviluppo climaticamente resiliente”, che passi dal ripensare le città per adeguarle a calore, rischio alluvione e disponibilità idrica, dal ridurre le emissioni garantendo al contempo la vivibilità di alcune aree, e da azioni che prioritizzano giustizia e affrontano le diseguaglianze di genere e di reddito.

Leggi qui il rapporto dell’IPCC

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