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Espansione terre coltivate: nelle aree protette aumenta di 58 volte in 20 anni

Uno studio calcola per la 1° volta il tasso annuale di espansione della superficie di aree protette che viene utilizzata per uso agricolo. L’aumento tra 2000 e 2019 è di ben 58 volte. A questo ritmo, rispettare i target della Cop15 diventa “impegnativo”

Espansione terre coltivate: nelle aree protette aumenta di 58 volte in 20 anni
Foto di Svetlozar Hristov da Pixabay

L’espansione delle terre coltivate mette a rischio l’obiettivo 30×30 di tutela delle terre e dei mari

(Rinnovabili.it) – Come tutelare le aree protette se l’agricoltura è in continua espansione? Al vertice di Montreal sulla biodiversità, lo scorso dicembre, quasi 200 paesi hanno promesso di assegnare un livello di protezione ambientale ad almeno il 30% delle terre emerse e il 30% delle acque territoriali entro la fine di questo decennio. Un obiettivo che dovrebbe essere a portata di mano (oggi non siamo eccessivamente distanti da queste percentuali: per la terra, siamo al 17%). Ma c’è un fattore che mette il bastone tra le ruote: l’espansione delle terre coltivate all’interno delle stesse aree protette.

Raggiungere quell’obiettivo sarà “impegnativo” ai ritmi attuali di allargamento della superficie destinata ad uso agricolo, spiega uno studio apparso di recente su Nature Sustainability. Il tasso annuale di espansione delle terre coltivate all’interno dei perimetri protetti, infatti, è in aumento di ben 58 volte negli ultimi 20 anni. Ciò è reso possibile dal livello di protezione accordato. Le aree strettamente protette, dove è vietata qualsiasi attività antropica, sono un’esigua minoranza. Nella maggior parte dei casi, i regolamenti fissano dei criteri di sostenibilità ambientale e la lista di attività consentite.

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Quali sono i rischi? Lo studio rileva che l’espansione delle terre coltivate può interrompere la connettività dei paesaggi, causare la perdita di biodiversità terrestre e ridurre l’efficacia delle aree protette. Mettendo così gli obiettivi 30×30 a rischio. Questo ritmo di espansione “allarmante”, infatti, rappresenta una “grande minaccia potenziale per la conservazione della biodiversità” e senza inversione di marcia i target di biodiversità “non saranno raggiunti”, afferma lo studio.

L’area geografica dove si concentra questo aumento è l’Africa subsahariana, in particolare il Sahel e la costa sud-orientale. Altri hotspot globali sono il Sudamerica, con il Brasile e l’Argentina a rappresentare la superficie maggiore, e il subcontinente indiano. In molti casi, l’espansione delle terre coltivate è opera di popolazioni marginalizzate. Introdurre semplicemente regole più strette e rafforzare il monitoraggio nelle aree protette, quindi, potrebbe aumentare le diseguaglianze.

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