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Antartide, il buco dell’ozono ha raggiunto la sua massima estensione

I dati del Copernicus Atmosphere Monitoring Service mostrano che il recupero del 2019 è ormai storia passata: i cambiamenti nell'ozono atmosferico sopra al Polo sud continuano a essere molto variabili

buco dell'ozono
Foto di Gerd Altmann da Pixabay

Gli effetti della primavera sul buco dell’ozono

(Rinnovabili.it) – Il buco dell’ozono sopra l’Antartide ha raggiunto quest’anno la sua massima estensione. Al punto che, intorno ai 20-25 km di altitudine, le concentrazioni di ozono stratosferico si sono ridotte a valori prossimi allo zero. A darne la notizia è il Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio raggio attraverso i dati raccolti dal Copernicus Atmosphere Monitoring Service (CAMS).

Il servizio, che monitora costantemente l’attività del fenomeno, mostra come i valori del 2019 siano già acqua passata. Lo scorso anno, infatti, le dimensioni del buco sopra l’Antartide avevano raggiunto una sorta di minimo storico, scomparendo precocemente. Oggi invece si è registrata una delle deplezioni più grandi e profonde degli ultimi anni. Per capire cosa questo significhi è necessario fare qualche passo indietro. 

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Il fenomeno è un evento naturale per il Polo Sud (e non solo). Durante l’inverno si formano giganti “vortici polari” in Artide e Antartide. All’interno di queste aree di bassa pressione possono accumularsi sostanze contenenti cloro e bromo in grado di causare una riduzione significativa dell’ozono atmosferico. Nei mesi bui e freddi, questi elementi rimangono inattivi, ma con l’aumento della temperatura e della luce, tornano “liberi”. E distruggono rapidamente le molecole di ozono, causando la formazione del buco. Ma, mentre il fenomeno sopra l’Artico è più contenuto, nella regione antartica i vortici sono più stabili e la depilazione molto più ampia. Il problema è che non sembra possibile definire un trend.

Il modo in cui si sviluppano cambiamenti nel buco dell’ozono ogni anno è molto variabile. Il buco dell’ozono del 2020 assomiglia a quello del 2018, il quale era anch’esso abbastanza grande e tra i primi della classifica degli ultimi quindici anni”, commenta Vincent-Henry Peuch, direttore del CAMS. “Con i raggi del sole che sono tornati verso il Polo Sud nelle ultime settimane, abbiamo assistito a una continua riduzione dell’ozono nell’area. Dopo il buco dell’ozono insolitamente piccolo e di breve durata nel 2019, favorito da condizioni meteorologiche speciali, ne stiamo registrando uno piuttosto grande anche quest’anno, il che conferma che dobbiamo continuare ad applicare il protocollo di Montreal che vieta le emissioni di sostanze chimiche che riducono lo strato di ozono.”

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.