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Effetto idrovoltaico: come generare energia dall’evaporazione marina

Un gruppo di ricercatori dell'EPFL svizzero ha migliorato le conoscenze sui nanodispositivi idrovoltaici scoprendo che possono funzionare anche con un’ampia gamma di salinità

Effetto idrovoltaico
Foto di Artiom Vallat su Unsplash

Effetto idrovoltaico, cos’è e come possiamo sfruttarlo?

È ancora poco conosciuto ma può contare su diverse ricerche dedicate e dispositivi basati sul suo funzionamento per incrementare le tecnologie di sfruttamento della risorsa idrica. Parliamo dell’effetto idrovoltaico, ossia la capacità di produrre elettricità dall’interazione diretta di alcuni materiali nanostrutturati con le molecole di H2O. Non si tratta di un unico approccio ma di una gamma di meccanismi che raccolgono energia dall’acqua che scorre, cade, condensa o evapora.

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La ricerca di settore è ancora agli inizi e richiede sforzi continui per concretizzare tale potenziale. A dare una mano è oggi un nuovo studio del Laboratorio di nanoscienze per le tecnologie energetiche, presso la Scuola politecnica di Losanna (EPFL), in Svizzera. Qui la responsabile Giulia Tagliabue e il dottorando Tarique Anwar hanno deciso di indagare i fenomeni fisici che avvengono all’interno dei nanodispositivi idrovoltaici e in particolari quelli che sfruttano il flusso di fluidi guidato dall’evaporazione. Come? Tagliabue e Anwar hanno impiegato una combinazione di esperimenti e modellazione multifisica per caratterizzare i flussi di fluidi e di ioni così come gli effetti elettrostatici dovuti alle interazioni solido-liquido, con l’obiettivo di ottimizzare i nanodispositivi ad alta tensione. Hanno quindi realizzato una rete esagonale di nanopilastri in silicio distanziati con precisione. Gli spazi all’interno di questi elementi creano dei minuscoli canali per l’evaporazione dell’acqua.

La ricerca dell’EPFL

Grazie alla nostra nuova piattaforma altamente controllata, questo è il primo studio che quantifica questi fenomeni idrovoltaici evidenziando il significato di varie interazioni interfacciali”, afferma Tagliabue. “Ma nel processo, abbiamo anche fatto una scoperta importante: che i dispositivi idrovoltaici possono funzionare su un’ampia gamma di salinità, contraddicendo la comprensione precedente secondo cui per ottenere le migliori prestazioni era necessaria acqua altamente purificata”.

Come spiegano gli scienziati quando si confina una soluzione salina in un nanocanale, nello stesso rimarranno solo gli ioni con una polarità opposta a quella della carica superficiale del nanopilastro. “Ciò significa che se si consente al liquido di fluire attraverso il nanocanale, si genereranno corrente e voltaggio”, afferma Anwar. Nel dettaglio i test svolti hanno dimostrato una densità di potenza in uscita di 8 μW/cm2  ad una concentrazione salina di 0,1 M. Lo studio è stato recentemente pubblicato sulla rivista Cell Press Device.

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