Rinnovabili • sistemi di accumulo

In Italia installati oltre 36mila sistemi di accumulo abbinati al fv

L'osservatorio di Anie Rinnovabili dedicato all'energy storage pubblica i dati aggiornati a ottobre 2020. E rivela: le batterie domestiche stanno crescendo grazie alla detrazione del 50%

sistemi di accumulo
Credits: depositphotos.com

Tra i sistemi di accumulo si stanno facendo strada anche i supercondensatori

(Rinnovabili.it) – Continua a crescere, in Italia, lo stoccaggio energetico di piccola taglia. L’attenzione da parte dei consumatori a soluzioni di storage domestico non si è arrestata neppure durante la pandemia; ha semplicemente rallentato nei mesi di marzo e aprile 2020. A fornire un rapporto puntuale sui sistemi d’accumulo (SdA) sparsi sul territorio nazionale è oggi l’osservatorio creato ad hoc da Anie Rinnovabili.

L’associazione ha analizzato le informazioni registrate dal sistema Gaudì di Terna, per estrarre il dato sull’energy storage. Scopriamo così che, al 31 ottobre 2020, risultavano installati in Italia ben 36.896 sistemi di accumulo per una capacità cumulata di 267 MWh. E una potenza totale di 170 MW. Quello che sorprende è che le installazioni sono state consistenti nonostante la difficile situazione economica e sanitaria. Nel dettaglio, nei primi 10 mesi di quest’anno sono state installate oltre 10mila unita. Con un aumento del 7% della capacità e del 9% della potenza rispetto al 2019.

“I dati mensili del 2020  – spiega Anie Rinnovabili – mostrano un calo delle installazioni nei soli mesi di marzo e aprile attribuibile al rallentamento delle attività a causa del lockdown, compensato però dal picco delle installazione nei mesi di giugno e luglio 2020. Nonostante l’emergenza le famiglie hanno comunque deciso di investire nel comparto utilizzando la detrazione fiscale del 50% e grazie agli operatori di settore a fine ottobre 2020 è stato installato un numero di sistemi di accumulo equivalente a quello dell’intero 2019″.

Gli impianti in questione sono quasi tutti abbinati a fotovoltaico e per lo più di taglia residenziale (<10 kW). Delle 36.896 unità sopracitate solo un’installazione risulta stand-alone. L’Osservatorio di Anie Rinnovabili fornisce anche altri dati che vale la pena analizzare. A cominciare dalla tecnologia leader in questo settore. Attualmente i sistemi più diffusi sono quelli a ioni di litio (96% del totale) seguiti da quelli al piombo (circa 4%). Ma i supercondensatori si stanno facendo lentamente strada con già 40 unità installate. A seguire, le batterie a volano con 38 unità e le nichel-cadmio con 18 unità. Sul fronte della tipologia di configurazione, prevalgono invece gli impianti installati lato produzione in corrente continua (56%); configurazione sta dominando i trend di crescita. A completare la torta è il 14% di impianti lato produzione in corrente alternata e il 30% lato post-produzione.

Lombardia, regina dell’accumulo italiano

Altro dato interessante: la distribuzione geografica. Non sorprende sapere che la Lombardia, prima regione italiana a sostenere l’accumulo fotovoltaico, possieda oggi il maggior numero di impianti di stoccaggio. Ben 11.366 SdA per una potenza cumulata di 47,2 MW e capacità totale di 78,9 MWh. Al secondo posto, il Veneto con i suoi 6.206 SdA (28,1 MW / 47,7 MWh), seguito dall’Emilia Romagna con 3.847 impianti (19,2 MW / 29.6 MWh). L’Associazione ritiene che i bandi dedicati all’energy storage, pubblicati da Regioni come Lombardia, Veneto e Friuli Venezia Giulia siano stati fondamentali per raggiungere questi risultati. “Considerato il successo di tutte le iniziative regionali pregresse è auspicabile che si replichino le iniziative che si sono dimostrate semplici da implementare”.

Un incentivo necessario soprattutto se si guarda al futuro dal momento che l’Italia è ancora molto lontana dall’obiettivo di realizzare di 1.000 MW entro il 2023 di accumulo centralizzato tra pompaggio ed elettrochimico, contenuto nel PNIEC. Secondo ANIE Rinnovabili “agli operatori serve maggior visibilità delle policy di medio/lungo termine con cui si intendono raggiungere gli obiettivi. Attualmente sono programmati investimenti in storage per circa 330 MW al 2023, auspicando che con le procedure autorizzative introdotte dal DL Semplificazioni possano entrare in esercizio i 96 MW aggiudicati all’asta dello scorso anno del Capacity Market e i 230 MW che verranno assegnati per la Fast Reserve che introdurrà il servizio di regolazione ultra-rapida della frequenza”.

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • Batterie al sodio allo stato solido

Batterie al sodio allo stato solido, verso la produzione di massa

Grazie ad un nuovo processo sintetico è stato creato un elettrolita di solfuro solido dotato della più alta conduttività per gli ioni di sodio più alta mai registrata. Circa 10 volte superiore a quella richiesta per l'uso pratico

Batterie al sodio allo stato solido
via Depositphotos

Batterie al Sodio allo Stato Solido più facili da Produrre

La batterie allo stato solido incarnano a tutti gli effetti il nuovo mega trend dell’accumulo elettrochimico. E mentre diverse aziende automobilistiche tentano di applicare questa tecnologia agli ioni di litio, c’è chi sta percorrendo strade parallele. É il caso di alcuni ingegneri dell’Università Metropolitana di Osaka, in Giappone. Qui i professori Osaka Atsushi Sakuda e Akitoshi Hayash hanno guidato un gruppo di ricerca nella realizzazione di batterie al sodio allo stato solido attraverso un innovativo processo di sintesi.

Batterie a Ioni Sodio, nuova Frontiera dell’Accumulo

Le batterie al sodio (conosciute erroneamente anche come batterie al sale) hanno conquistato negli ultimi anni parecchia attenzione da parte del mondo scientifico e industriale. L’abbondanza e la facilità di reperimento di questo metallo alcalino ne fanno un concorrente di primo livello dei confronti del litio. Inoltre l’impegno costante sul fronte delle prestazioni sta portando al superamento di alcuni svantaggi intrinseci, come la minore capacità. L’ultimo traguardo raggiunto in questo campo appartiene ad una ricerca cinese che ha realizzato un unità senza anodo con una densità di energia superiore ai 200 Wh/kg.

Integrare questa tecnologia con l’impiego di elettroliti solidi potrebbe teoricamente dare un’ulteriore boost alla densità energetica e migliorare i cicli di carica-scarica (nota dolente per le tradizionali batterie agli ioni di sodio). Quale elettrolita impiegare in questo caso? Quelli di solfuro rappresentano una scelta interessante grazie alla loro elevata conduttività ionica e lavorabilità. Peccato che la sintesi degli elettroliti solforati non sia così semplice e controllabile. Il che si traduce in un’elevata barriera per la produzione commerciale delle batterie al sodio allo stato solido.

Un Flusso di Polisolfuro reattivo

É qui che si inserisce il lavoro del team di Sakuda a Hayash. Gli ingegneri hanno messo a punto un processo sintetico che impiega sali fusi di polisolfuro reattivo per sviluppare elettroliti solidi solforati. Nel dettaglio utilizzando il flusso di polisolfuro Na2Sx come reagente stechiometrico, i ricercatori hanno sintetizzato due elettroliti di solfuri di sodio dalle caratteristiche distintive, uno dotato della conduttività degli ioni di sodio più alta al mondo (circa 10 volte superiore a quella richiesta per l’uso pratico) e uno vetroso con elevata resistenza alla riduzione.

Questo processo è utile per la produzione di quasi tutti i materiali solforati contenenti sodio, compresi elettroliti solidi e materiali attivi per elettrodi“, ha affermato il professor Sakuda. “Inoltre, rispetto ai metodi convenzionali, rende più semplice ottenere composti che mostrano prestazioni più elevate, quindi crediamo che diventerà una metodologia mainstream per il futuro sviluppo di materiali per batterie al sodio completamente allo stato solido“.  I risultati sono stati pubblicati su Energy Storage Materials and Inorganic Chemistry .

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Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
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Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

leggi anche Fotovoltaico in perovskite, i punti quantici raggiungono un’efficienza record

L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

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