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Metodi di voto e di decisione

Come si delibera assieme? La questione non è affatto scontata ma è ricchissima di potenzialità per attività sperimentali in classe su differenti metodi di decisione e sulle condizioni necessarie affinché il gruppo possa definire “democratico” il suo funzionamento.

di Daniela Martinelli e Francesco Pigozzo

Nella prassi del Riflettere e deliberare assieme vi è un aspetto decisivo ma spesso sottovalutato. È la risposta alla domanda: come si delibera assieme? La questione non è affatto scontata ed è anzi ricchissima di potenzialità pedagogiche e di attività didattiche correlabili anche con varie discipline del curricolo scolastico. Tuttavia, numerose esperienze e confronti con docenti, classi e istituti scolastici in giro per l’Italia ci hanno mostrato che, anche dove la deliberazione collettiva è effettivamente praticata (di norma, peraltro, non in modo sistematico), si tende a semplificare enormemente il processo di deliberazione, a dare per scontato il metodo di voto, a lasciare implicite tante condizioni che sono invece necessarie per una reale comprensione esperienziale di cosa significhi per un gruppo prendere decisioni collettive. Il risultato paradossale è che la scuola si fa involontariamente portatrice, sotto alla convinta ma superficiale patina di “democraticità”, di alcuni assunti ideologici profondamente anti-democratici: democrazia uguale votare, votare uguale maggioranza (quasi sempre non meglio specificata), maggioranza uguale scelta migliore, più ragionevole o comunque avvincente, nel senso che risulta attraente conformarsi alla maggioranza nel momento in cui decidere è una gara che ha vincenti e perdenti. In questo articolo proviamo a enucleare e declinare in termini di sperimentazione didattica quelle che ci paiono le principali variabili di cui tenere conto nell’educare alla partecipazione a deliberazioni collettive.

VOTARE: SITUAZIONI, METODI E ESITI DIFFERENTI!

Votare non è l’unico modo per decidere assieme, e in ogni caso non c’è un solo modo di votare. Per questo è importante che durante l’intero ciclo di vita comunitaria di una determinata classe scolastica si faccia esperienza della più ampia varietà possibile di metodi di voto e di decisione collettiva, prestando attenzione al fatto che ciascuno di essi ha, inevitabilmente, sia “vantaggi” che “svantaggi”, i quali dipendono in modo contestuale e specifico dalle preferenze di valore del gruppo, dai suoi obiettivi e dalla specifica decisione da prendere. Diamo qui per scontato, naturalmente, che i metodi in questione prevedano sempre e comunque il diritto di partecipazione di ciascun individuo della classe: ciò non toglie che è utile stimolare un confronto anche sull’idea che tale diritto non va dato per scontato e che esistono, nella realtà sociale attuale e nella storia umana in generale, molteplici metodi alternativi in cui non tutti hanno diritto di partecipazione – senza che ciò sia a priori sempre negativo o ingiustificabile. Sta proprio alla discussione nel gruppo scovare quali situazioni o quali quesiti potrebbero indurre a limitare il diritto di voto e di partecipazione.

Ma con quali metodi è importante che la classe si confronti concretamente? Proviamo a elencare e definire qui quelli che risultano fondamentali per comprendere “dall’interno” le procedure istituzionalizzate per la presa di decisioni pubbliche su differenti scale territoriali. Il nostro invito, però, non è di descriverli alla classe in relazione al funzionamento delle istituzioni, bensì di farli esperire direttamente:

•Unanimità. Metodo di voto per cui una decisione è presa soltanto se e quando tutti i partecipanti al voto (o addirittura tutti gli aventi diritto: ciò che può impedire la presa di decisione collettiva nel momento in cui ci sono assenti)effettuano la stessa scelta. Implica che un solo votante è sufficiente per bloccare l’intero gruppo. Si tratta di un metodo che è ampiamente utilizzato, ad esempio, nel Consiglio europeo o, riservando in modo inegualitario il “potere di veto” solo ad alcuni Stati, nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU.

•Maggioranza assoluta o “semplice”. Si dice assoluta perché è un metodo di voto in base al quale, una volta noto il numero totale dei presenti (o degli aventi diritto), diventa noto in modo assoluto anche il numero di voti necessario perché una determinata opzione vinca. Quel numero è l’intero successivo alla metà del totale. Si tratta ad esempio del metodo in vigore per votare la maggior parte delle deliberazioni parlamentari, tra cui la fiducia al governo nell’ordinamento italiano.

•Maggioranza relativa. Perché una determinata opzione vinca è sufficiente che riceva un numero di voti superiore a quelli ricevuti da tutte le altre: questa maggioranza, infatti, è relativa alle opzioni concorrenti. Si tratta del metodo di voto in base al quale, ad esempio, è scelto il Sindaco dei Comuni italiani con meno di 15.000 abitanti.

•Maggioranza qualificata. In questo caso, il criterio di maggioranza viene rafforzato da regole apposite: o alzando la soglia “assoluta” (esempio: 2/3) o imponendo caratteristiche ulteriori alla maggioranza che si forma (esempio: la maggioranza non può essere di soli maschi o sole femmine). Ad esempio nel Consiglio dell’Unione Europea molte decisioni vengono prese in base al doppio criterio della maggioranza che rappresenti al contempo almeno il 55% degli Stati membri e il 65% della popolazione totale dell’Unione Europea.

•Sorteggio. In questo caso non si vota ma si estrae a sorte l’opzione vincente tra quelle precedentemente formulate all’interno del gruppo. Il numero di opzioni cambia naturalmente la probabilità di riuscita di ciascuna. Si tratta di un metodo storicamente utilizzato soprattutto per l’elezione (nel senso etimologico: “scelta”) di determinate cariche politiche.

•Consenso. Con questo metodo una decisione collettiva è presa soltanto quando tutti i membri del gruppo si dichiarano d’accordo sul da farsi. Non si prevede un voto, ma una “trattativa a oltranza” che punta a raggiungere il “minimo comun denominatore” tra le posizioni in gioco. Si tratta ad esempio del metodo in vigore per il funzionamento delle Convenzioni Inter-Governative deputate alla modifica dei Trattati europei o delle Conferenze delle Parti sui Cambiamenti Climatici a livello ONU.

Un esercizio utile può essere quello di far decidere il gruppo di seguito con metodi differenti sulla medesima questione. Confrontando i risultati ci si accorgerà che la scelta del metodo influenza l’esito del processo decisionale: questa è una consapevolezza fondamentale per cittadini e cittadine che si troveranno a dover valutare (o contribuire a elaborare!) proposte politiche dentro il quadro di specifiche (e spesso complesse) leggi elettorali. Leggi per la cui comprensione è indispensabile saper mobilitare conoscenze e abilità di tipo tanto matematico-logico quanto etico.

DEMOCRAZIA: CONDIZIONI NECESSARIE

Perché un gruppo possa dire di prendere decisioni democraticamente non è però sufficiente che abbia acquisito dimestichezza con i differenti metodi sopra descritti. Vi sono una serie di altre condizioni necessarie che è altrettanto fondamentale far emergere attraverso apposite esperienze e riflessioni:

·Anzitutto va presa coscienza del fatto che la questione fondatrice, per un gruppo, è meta-discorsivamente decidere come e su che cosa si decide… e chi lo decide. Cioè: ci sono regole per stabilire le regole? E quali sono più opportune di volta in volta? E quindi come possiamo poi cambiare nuovamente le nostre regole? Per le singole decisioni da prendere, chi e come individua i problemi e formula la questione esatta cui rispondere? Ciò che permette di riflettere sul fatto che regole e legalità sono fondamentali, ma sono sempre frutto di rapporti di potere, di equilibrio tra posizioni, interessi, necessità, esigenze diverse. Un gruppo è unito (e raggiunge obiettivi altrimenti irraggiungibili per i suoi singoli individui isolati) se riesce a prendere assieme decisioni che poi valgono per tutti, al contempo essere uniti implica sempre un prezzo per la “libertà” dei suoi singoli individui.

·Il ruolo vitale delle minoranze. Diverse definizioni di “maggioranza” cambiano la definizione della o delle “minoranze” conseguenti, ma eccezion fatta per le decisioni unanimi o consensuali, una qualche forma di dissenso si sarà manifestata. Per l’agire collettivo è tanto importante poter decidere in modo tale che tutti poi rispettino la decisione presa, quanto lo è tenere in seria considerazione le posizioni minoritarie, in quanto portatrici di “semi di cambiamento” da cui ogni comunità umana ha sempre bisogno di poter attingere nella mutabilità delle sue condizioni storiche. Ma anche in quanto possibili antidoti alle sempre possibili “dittature della maggioranza”.

·Ciò ci rinvia anche all’importanza del dibattito: prendere decisioni collettive in modo democratico, infatti, non è solo rispettare le idee altrui ma è ancor prima e ancor più dare a tutti la possibilità di esprimersi e di cambiare idea. Perciò fa una differenza enorme dare o meno il tempo all’esplicitazione e condivisione delle motivazioni di ciascuno, ciò che consente tra l’altro un rispetto sostanziale e non solo formale delle minoranze: chi “perde” ha le sue ragioni, le sue motivazioni, che vanno conosciute e ponderate. Si può far sperimentare, fissando un unico sistema di voto o decisione, cosa succede se si deve decidere all’istante e se si ri-decide poi dopo ampio dibattito/discussione, con l’aggiunta di nuove informazioni prima non disponibili, con la possibilità di spiegazione delle posizioni reciproche (lasciando perciò aperta la possibilità di interagire e cambiare idea, di assumersi più compiutamente la responsabilità delle proprie affermazioni, opinioni, scelte etc.).

·Merita particolare attenzione il ruolo delle asimmetrie di informazione e della modalità di circolazione delle informazioni in generale. Si può far simulare una votazione, divisi a gruppi o individualmente, fornendo informazioni in modo asimmetrico a differenti sotto-gruppi o individui, per poi rifare la votazione cambiando la asimmetria e discutendo della differenza di risultato. Se l’informazione manca, è mal distribuita, è falsata o strutturalmente incerta, non c’è vera democrazia anche se il diritto di partecipazione è formalmente distribuito in modo egualeSi può considerare un’informazione “speciale” quella che concerne le scelte decisionali stesse degli individui del gruppo: quali casi possono giustificare la segretezza del voto? In che misura tale segretezza può cambiare gli esiti di una decisione?

·Infine, vi invitiamo a non trascurare il problema della legalità del processo elettorale o di voto.Si dà come consegna (per un’elezione di rappresentante di classe, per una presa di decisione collettiva su un determinato tema) di fare “campagna elettorale” utilizzando ogni mezzo per ottenere il consenso. Si riflette poi sulle “regole” e sui “limiti” che devono essere posti alla “competizione” elettorale o decisionale, affinché lo scopo di ottenere il consenso non arrivi a “giustificare” mezzi che contrastano con il bene della comunità.

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Rinnovabili • filiere delle rinnovabili

Decreto FERX, gli stakeholder chiedono più chiarezza e trasparenza

Il Ministero dell'Ambiente pubblica gli esiti della consultazione pubblica sul Decreto Ministeriale FER X, chiusa lo scorso settembre. Dai 46 soggetti partecipanti emerge l'esigenza di conoscere per tempo tutte le informazioni utili alla programmazione degli investimenti nelle rinnovabili. Chiesti chiarimenti sul processo autorizzativo e sulle tempistiche

decreto ferx
Foto di Rabih Shasha su Unsplash

Decreto FERX, nuovi spunti di riflessione

Servono maggiori informazioni sui coefficienti sul prezzo d’aggiudicazione, sui criteri di priorità, sulla documentazione per l’accesso al meccanismo e sulle tipologie di interventi ammessi. In particolare quando si tratta di progetti di “rifacimento” e “potenziamento”. Queste alcune delle principali richieste emerse dalla consultazione pubblica sul Decreto FERX. La scorsa estate il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica aveva pubblicato lo schema del provvedimento per una raccolta di pareri da parte degli stakeholder, con l’obiettivo di condividerne le logiche. Oggi il MASE rende noti gli esiti di tale consultazione puntando i riflettori sugli spunti e le richieste emerse da parte dei 46 soggetti partecipanti. 

Gli esiti della consultazione pubblica

Ricordiamo che il Decreto FERX nasce con lo scopo di definire un meccanismo di supporto espressamente dedicato ad impianti a fonti rinnovabili con costi di generazione vicini alla competitività. Come? Tramite contratti CfD a valere sull’energia elettrica prodotta dagli impianti. Con un accesso diretto per quelli di taglia inferiore al MW, e tramite aste al ribasso per quelli di taglia uguale o superiore al MW. Ed è proprio su queste due modalità che arrivano le prime considerazioni.

Per la maggior parte dei soggetti che hanno risposto alla consultazione, il contingente di 5 GW per gli impianti FER ad accesso diretto non sarebbe sufficiente, soprattutto vista la grande attenzione che stanno ricevendo al livello di investimento i sistemi di piccola taglia.

Per quanto riguarda l’accesso tramite asta, invece, il parere generale condivide i contingenti individuati, che secondo l’ultima bozza pubblicata oggi sarebbero: per il fotovoltaico 45 GW; per l’eolico di 16,5 GW; per l’idroelettrico di 630 MW; per i gas residuati 20 MW. “Tuttavia – si legge nel documento del MASE – congiuntamente alla risposta positiva sono state proposte diverse modifiche (aumento di uno specifico contingente, creazione di nuovo contingente, meccanismi di riallocazione della potenza non assegnata, ridefinizione dei contingenti al fine di favorire lo sviluppo dei PPA, etc.)”. Tra gli spunti emersi c’è la proposta di contingenti separati tra il fotovoltaico a terra e sul tetto.

Proposti nuovi requisiti di accesso e tempistiche

In tema requisiti d’accesso, alcuni soggetti chiedono l’incremento della soglia di potenza per l’accesso diretto, l’aggiunta dei criteri ESG, la reintroduzione del requisito specifico che attesti la capacità finanziaria ed economica di chi partecipa al meccanismo del Decreto FERX.

Con riferimento ai tempi massimi individuati per la realizzazione degli interventi, la consultazione ha evidenziato un forte distaccamento con le aspettative degli operatori. Per quanto detto diversi soggetti propongono per una o più fonti l’innalzamento dei tempi previsti, chiedendo di tenere in considerazione parametri quali, la potenza e/o la tipologia d’intervento, l’ottenimento dei titoli autorizzativi, i tempi di realizzazione della connessione e quelli dovuti agli approvvigionamenti, che sottolineano, potrebbero oltretutto determinare un aumento dei costi, visto anche i meccanismi incentivanti”, si legge ancora nel documento.

Per i tempi di comunicazione della data d’entrata in esercizio dell’impianto, emerge nel complesso l’esigenza di un prolungamento, aggiungendo da più 60 giorni a 12 mesi. Viene anche evidenziata una certa contrarietà all’obbligo per gli operatori di impianti rinnovabili non programmabili che stipula un contratto CfD ad abilitarsi alla fornitura dei servizi di dispacciamento.

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Rinnovabili • batteria ibrida al sodio

Dalla Corea la batteria ibrida al sodio che si ricarica in pochi secondi

Un gruppo di scienziati del KAIST ha sviluppato una batteria a ioni di sodio ad alta energia, ad alta potenza e di lunga durata

batteria ibrida al sodio
Foto di danilo.alvesd su Unsplash

Quando le batteria a ioni sodio incontrato i supercondensatori a ioni sodio

Arriva dalla Corea del Sud la prima batteria ibrida al sodio in grado di battere la tecnologia a ioni di litio a mani basse. Con ottime prestazioni lato di capacità di accumulo, potenza, velocità di carica e durata, come dimostra l’articolo pubblicato sulla rivista scientifica Energy Storage Materials (testo in inglese).

Nel 2020 le batterie a ioni sodio (Na+) hanno raggiunto prestazioni comparabili a quelle degli ioni di litio in termini di capacità e durata del ciclo in condizioni di laboratorio. Da allora il segmento ha continuato a macinare grandi progressi, spinto dall’esigenza globale di trovare una tecnologia di accumulo più economica delle ricaricabili al litio e meno dipendente dalle attuali catene di approvvigionamento dei materiali critici. L’ultimo grande risultato nel campo è quello segnato da un gruppo di scienziati del KAIST, il Korea Advanced Institute of Science and Technology.

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Il team guidato dal professor Jeung Ku Kang del Dipartimento di Scienza e Ingegneria dei Materiali ha messo a punto una batteria ibrida agli ioni di sodio dalle prestazioni eccellenti e in grado di ricaricarsi in pochi secondi. Il segreto? Un’architettura che integra materiali anodici propri delle batterie con catodi adatti ai supercondensatori.

Batteria ibrida al sodio, prestazioni record

In realtà non si tratta di un approccio nuovo. Gli stoccaggi ibridi con Na+ sono emersi negli ultimi anni come una promettente applicazione nel campo dell’energy storage in grado di superare i punti deboli degli accumulatori a ioni di sodio più conosciuti.

Tradizionalmente questo metallo è usato e studiato in due tipi di dispositivi di stoccaggio: batterie e condensatori. Le prime, come spiegato poc’anzi, forniscono oggi una densità di energia relativamente elevata ma sono caratterizzate da una lenta cinetica di ossidoriduzione, che si traduce in una bassa densità di potenza e una scarsa ricaricabilità. I secondi invece hanno un’elevata densità di potenza dovuta all’accumulo di carica tramite rapido adsorbimento di ioni superficiali, ma una densità di energia estremamente bassa.

Tuttavia unire le due tecnologie impiegando catodi di tipo condensatore e degli anodi di tipo batteria, non ha dato subito i risultati sperati. La causa è da ricercare soprattutto nello squilibrio cinetico tra i due tipi di elettrodi.

Nuovi materiali per catodo e anodo

Per arginare il problema il team sudcoreano ha utilizzato sviluppato un nuovo materiale anodico con cinetica migliorata attraverso l’inclusione di materiali attivi fini nel carbonio poroso derivato da strutture metallo-organiche. Inoltre, ha sintetizzato un materiale catodico ad alta capacità e la combinazione dei due ha consentito lo sviluppo di un sistema di accumulo di ioni sodio che ottimizza l’equilibrio e riduce al minimo le disparità nei tassi di accumulo di energia tra gli elettrodi.

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La cella completamente assemblata supera per densità di energia le batterie commerciali agli ioni di litio e presenta le caratteristiche della densità di potenza dei supercondensatori. Nel dettaglio la batteria ibrida al sodio si ricarica rapidamente e raggiunge una densità di energia di 247 Wh/kg e una densità di potenza di 34.748 W/kg. Inoltre gli scienziati hanno registrato una stabilità del ciclo con efficienza Coulombica pari a circa il 100% su 5000 cicli di carica-scarica.

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
via Depositphotos

Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

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L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

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Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.