Rinnovabili • Direttiva due diligence aziendale CSDDD: Italia dà l’ok

L’Italia riesce a indebolire la direttiva sulla due diligence aziendale

Venerdì scorso la riunione informale degli ambasciatori UE (Coreper I) ha rivisto il testo della direttiva per ottenere il sì di Roma e Berlino. L’Italia ha chiesto e ottenuto che le nuove regole valgano solo per le aziende con più di 1000 dipendenti e 450 mln di fatturato. La soglia, cioè, è stata triplicata rispetto alla versione originale

Direttiva due diligence aziendale CSDDD: Italia dà l’ok
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Superata l’impasse sulla direttiva CSDDD, ora il voto scontato del Consiglio

(Rinnovabili.it) – Le nuove regole UE sul rispetto dell’ambiente e dei diritti umani lungo tutta la catena di fornitura delle imprese si applicheranno solo alle aziende con fatturato oltre i 450 milioni di euro. E i sindacati e la società civile non potranno portare in tribunale che sgarra. Sono le concessioni strappate dall’Italia per dare l’ok alla direttiva sulla due diligence aziendale (CSDDD), dopo settimane molto intense di negoziati.

Roma la spunta sulla direttiva sulla due diligence aziendale

L’accordo informale tra i Ventisette è arrivato il 15 marzo alla riunione del Coreper I, la riunione dei diplomatici UE che prepara il campo alla discussione finale del Consiglio. La presidenza belga di turno è riuscita a smussare le spigolosità dell’Italia e della Germania, i due paesi che più avevano puntato i piedi sulla CSDDD. Risultato? La soglia di fatturato per applicare le nuove regole è stata triplicata rispetto alla versione originale e vengono indebolite alcune misure di garanzia per la società civile. A fine febbraio, Roma e Berlino si erano astenute facendo naufragare il voto e bloccando di fatto il Consiglio.

La ragione addotta? “Troppa burocrazia”. Tradotto, significa che Italia e Germania volevano un’applicazione ristretta della direttiva sulla due diligence aziendale solo alle grandi imprese, tale da lasciar fuori migliaia di aziende di taglia inferiore. Che non dovranno quindi produrre la documentazione aggiuntiva sugli standard ambientali e sui diritti umani (ad esempio, certificare l’assenza di sfruttamento dei lavoratori anche da parte dei propri fornitori) richiesta dalla CSDDD.

Il governo parla di “un testo equilibrato ed efficace” che sposta “gli oneri sulle grandi imprese (con più di 1.000 dipendenti e 450 milioni di euro di fatturato complessivo)”, quelle che sarebbero “maggiormente in grado di monitorare le proprie filiere e contribuire alla sia mitigando gli effetti delle attività economiche sul cambiamento climatico, sia tutelando i diritti umani delle persone colpite dall’attività aziendale”.

“Abbiamo dimostrato che ora a Bruxelles c’è un’Italia che non cede di fronte a soluzioni penalizzanti per il nostro settore e che sa mantenere ferma la trattativa fino alla fine, affermando la validità delle proprie argomentazioni, facendo leva sui propri punti di forza e riuscendo a cambiare sostanzialmente il risultato finale”, ha affermato la Presidente del Consiglio dei Ministri, Giorgia Meloni.