Rinnovabili • Climate Adaptation Summit: la diplomazia del clima alla prova dei fatti

Al via il Climate Adaptation Summit: così salveremo il clima entro il 2030

I paesi devono presentare piani e soluzioni concrete per far fronte al cambiamento climatico e aumentare la resilienza nei prossimi 10 anni

Climate Adaptation Summit: la diplomazia del clima alla prova dei fatti
credits: SplitShire da Pixabay

Il Climate Adaptation Summit di quest’anno è ospitato online dall’Olanda

(Rinnovabili.it) – Piani concreti e soluzioni pratiche per combattere il cambiamento climatico nei prossimi 10 anni. E’ l’obiettivo del Climate Adaptation Summit che quest’anno viene “ospitato” online dall’Olanda. Nella due giorni di incontri (virtuali) internazionali che si apre oggi, sotto l’egida dell’Onu, i paesi partecipanti dovranno spiegare come pensano di mettere in campo le misure di adattamento necessarie per far fronte al climate change. Come spesso accade nell’ambito della diplomazia climatica, però, annunci e promesse non avranno carattere vincolante. L’incontro dovrebbe comunque essere utile per misurare il livello di ambizione, anche in vista degli altri appuntamenti in calendario nei prossimi mesi come la COP26 di Glasgow.

L’urgenza del Climate Adaptation Summit

“Non esiste un vaccino per il cambiamento climatico”. Con queste parole l’ex segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, adesso presidente del Global Center on Adaptation (GCA) che organizza il Climate Adaptation Summit, spiega l’importanza di collaborare a livello mondiale per contenere gli effetti del cambiamento climatico. “Sta accadendo molto, molto più velocemente di quanto pensiamo”, continua l’ex numero 1 del Palazzo di Vetro. Due fenomeni sotto i riflettori aiutano a capire perché agire è urgente. Il cambiamento climatico, stima il GCA, potrebbe far crollare la produzione alimentare globale del 30%. Tutto questo mentre l’innalzamento dei mari e la maggior frequenza dei cicloni potrebbe costringere centinaia di milioni di abitanti delle zone costiere a lasciare le loro case.

Giudizio condiviso da più di 3.000 scienziati da tutto il mondo, che alla vigilia dell’incontro hanno rilasciato un comunicato per aumentare la pressione sulla politica affinché agisca. “Il nostro mondo in rapido riscaldamento sta già subendo gravi problemi dovuti a siccità più intense, incendi, ondate di calore, inondazioni, cicloni tropicali distruttivi e altri eventi climatici estremi”, si legge nella nota. Se non potenziamo ora la nostra capacità globale di adattamento, gli scienziati prevedono “un aumento della povertà, della scarsità d’acqua, delle perdite agricole e dei crescenti livelli di migrazione”. E tutto questo comporterà anche “un conto enorme in termini di vite umane”.

Come si muove l’Europa

La Gran Bretagna, che a novembre ospiterà la COP26, ha già annunciato un’iniziativa che presenterà nei dettagli al Climate Adaptation Summit. Londra darà vita a una Adaptation Action Coalition. Insieme a paesi come Egitto, Bangladesh, Malawi, Saint Lucia e l’Olanda, il governo britannico promuoverà misure per aumentare la resilienza al climate change, come ad esempio sistemi di allerta per le tempeste e investimenti in colture più resistenti alla siccità.

I paesi europei si muoveranno come un blocco unico. La misura che Bruxelles annuncerà è un phase out globale dei combustibili fossili. “La diplomazia energetica dell’UE scoraggerà tutti gli ulteriori investimenti in progetti di infrastrutture energetiche basate sui combustibili fossili nei paesi terzi, a meno che non siano pienamente coerenti con un percorso ambizioso e chiaramente definito verso la neutralità climatica”, si legge nella bozza di conclusioni dell’intervento della diplomazia europea. L’Unione Europea si impegnerà anche ad allineare ai suoi livelli di ambizione climatica anche gli accordi commerciali che stipulerà e gli aiuti allo sviluppo, oltre a passare al setaccio gli investimenti esteri per valutarne le credenziali verdi. E Bruxelles si impegna a fare la sua parte per raggiungere gli obiettivi (sistematicamente disattesi) quanto a finanza climatica.

Ma il punto più innovativo, e forse anche più importante, è un altro. Il rispetto dell’accordo di Parigi dovrebbe diventare “un elemento essenziale per ogni futuro accordo commerciale”. In pratica, l’UE si impegna a replicare a tappeto quanto già fatto, per la prima volta, con l’accordo sulla Brexit raggiunto la scorsa vigilia di Natale.

Aspettando Biden (e Kerry)

Uno dei punti più interessanti del summit sarà l’intervento degli Stati Uniti. Washington è fresca di ritorno nell’accordo di Parigi e l’incontro sarà il primo palcoscenico internazionale su cui la nuova amministrazione può misurare l’ambizione climatica. John Kerry, inviato speciale per il clima del presidente Biden, dovrà dimostrare di essere all’altezza. Nei giorni e nelle settimane passate Kerry ha provato a recuperare il tempo perduto sotto Trump.

Da un lato parlando con le controparti europee per cercare una nuova sintonia. L’Europa, inevitabilmente, tende la mano ma fa capire che gli USA sono in difetto e devono mettere sul piatto azioni concrete oltre alle parole. Kerry dal canto suo ha provato a limare le spigolosità, riconoscendo di dover tornare nella diplomazia climatica internazionale “con umiltà” ma rivendicando anche i progressi ininterrotti in fatto di clima da parte dei singoli Stati americani, nonostante il quadriennio Trump.

Dall’altro lato, Kerry non ha perso tempo per intrecciare le lame con la Cina, anche sul clima. L’inviato di Biden ha già dichiarato che l’impegno di Pechino per la neutralità climatica al 2060 non è abbastanza ambizioso (Biden ha promesso di fissare l’obiettivo al 2050, ma al momento non è stato deciso ancora nulla ufficialmente). Parole che fanno intuire quanto l’azione climatica sia una delle direttrici su cui Washington vuole ingaggiare il gigante cinese.

About Author / La Redazione

Rinnovabili • Batterie al sodio allo stato solido

Batterie al sodio allo stato solido, verso la produzione di massa

Grazie ad un nuovo processo sintetico è stato creato un elettrolita di solfuro solido dotato della più alta conduttività per gli ioni di sodio più alta mai registrata. Circa 10 volte superiore a quella richiesta per l'uso pratico

Batterie al sodio allo stato solido
via Depositphotos

Batterie al Sodio allo Stato Solido più facili da Produrre

La batterie allo stato solido incarnano a tutti gli effetti il nuovo mega trend dell’accumulo elettrochimico. E mentre diverse aziende automobilistiche tentano di applicare questa tecnologia agli ioni di litio, c’è chi sta percorrendo strade parallele. É il caso di alcuni ingegneri dell’Università Metropolitana di Osaka, in Giappone. Qui i professori Osaka Atsushi Sakuda e Akitoshi Hayash hanno guidato un gruppo di ricerca nella realizzazione di batterie al sodio allo stato solido attraverso un innovativo processo di sintesi.

Batterie a Ioni Sodio, nuova Frontiera dell’Accumulo

Le batterie al sodio (conosciute erroneamente anche come batterie al sale) hanno conquistato negli ultimi anni parecchia attenzione da parte del mondo scientifico e industriale. L’abbondanza e la facilità di reperimento di questo metallo alcalino ne fanno un concorrente di primo livello dei confronti del litio. Inoltre l’impegno costante sul fronte delle prestazioni sta portando al superamento di alcuni svantaggi intrinseci, come la minore capacità. L’ultimo traguardo raggiunto in questo campo appartiene ad una ricerca cinese che ha realizzato un unità senza anodo con una densità di energia superiore ai 200 Wh/kg.

Integrare questa tecnologia con l’impiego di elettroliti solidi potrebbe teoricamente dare un’ulteriore boost alla densità energetica e migliorare i cicli di carica-scarica (nota dolente per le tradizionali batterie agli ioni di sodio). Quale elettrolita impiegare in questo caso? Quelli di solfuro rappresentano una scelta interessante grazie alla loro elevata conduttività ionica e lavorabilità. Peccato che la sintesi degli elettroliti solforati non sia così semplice e controllabile. Il che si traduce in un’elevata barriera per la produzione commerciale delle batterie al sodio allo stato solido.

Un Flusso di Polisolfuro reattivo

É qui che si inserisce il lavoro del team di Sakuda a Hayash. Gli ingegneri hanno messo a punto un processo sintetico che impiega sali fusi di polisolfuro reattivo per sviluppare elettroliti solidi solforati. Nel dettaglio utilizzando il flusso di polisolfuro Na2Sx come reagente stechiometrico, i ricercatori hanno sintetizzato due elettroliti di solfuri di sodio dalle caratteristiche distintive, uno dotato della conduttività degli ioni di sodio più alta al mondo (circa 10 volte superiore a quella richiesta per l’uso pratico) e uno vetroso con elevata resistenza alla riduzione.

Questo processo è utile per la produzione di quasi tutti i materiali solforati contenenti sodio, compresi elettroliti solidi e materiali attivi per elettrodi“, ha affermato il professor Sakuda. “Inoltre, rispetto ai metodi convenzionali, rende più semplice ottenere composti che mostrano prestazioni più elevate, quindi crediamo che diventerà una metodologia mainstream per il futuro sviluppo di materiali per batterie al sodio completamente allo stato solido“.  I risultati sono stati pubblicati su Energy Storage Materials and Inorganic Chemistry .

Rinnovabili •
About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
via Depositphotos

Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

leggi anche Fotovoltaico in perovskite, i punti quantici raggiungono un’efficienza record

L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

Rinnovabili •
About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.