Le 6 mosse per salvare il mondo dal cambiamento climatico

Energia, trasporti, foreste, finanza e industria. Affrontare il cambiamento climatico in questi settori non è solo possibile, ma obbligatorio entro i prossimi tre anni

cambiamento climatico

 

(Rinnovabili.it) – Nei prossimi tre anni ci giochiamo il futuro dell’accordo di Parigi, il rispetto degli impegni sul cambiamento climatico e la sopravvivenza di intere comunità insulari che rischiano di finire sott’acqua. Una posta in gioco enorme, che in trenta mesi potrebbe essere completamente dilapidata se la curva delle emissioni non inizierà a scendere prima del 2020. Lo hanno ribadito in un appello su Nature alcuni esperti mondiale di politica climatica, tra cui l’ex capo dell’ONU per il clima, Christiana Figueres.

La lettera è firmata anche da Hans Joachim Schnellnhuber (fondatore dell’Istituto di Potsdam sull’impatto climatico), Gail Whiteman (direttore del Pentland Centre for Sustainability in Business alla Lancaster University), Johan Rockström (direttore esecutivo dello Stockholm Resilience Centre), Anthony Hobley (ceo della Carbon Tracker Initiative) e Stefan Rahmstorf (professore di Fisica degli oceani alla Potsdam University).

 

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Il gruppo di scienziati sostiene che nel contesto attuale, in cui la temperatura sta aumentando ma le emissioni vivono una sostanziale stasi da qualche anno, sia più che mai urgente adottare politiche climatiche capaci di far declinare il livello della CO2 emessa globalmente. In vista del prossimo G20, in programma per il 7-8 luglio ad Amburgo, chiedono che i leader globali mettano al centro dell’agenda la questione cambiamento climatico, sottolineando la necessità di avviare un percorso di riduzione stabile delle emissioni entro i prossimi tre anni. I firmatari dell’appello offrono anche un elenco di sei cose da fare per raggiungere il picco delle emissioni prima del nuovo decennio.

 

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L’agenda in sei punti per salvarci dal cambiamento climatico

 

Energia: aumentare le energie rinnovabili almeno al 30% del consumo elettrico (i dati 2015 dicono che siamo al 23,7%). Nessuna nuova centrale a carbone dev’essere autorizzata dopo il 2020 e quelle esistenti vanno chiuse.

 

Infrastrutture: approvare piani di decarbonizzazione al 2050 nelle principali città e nazioni, con fondi pari almeno a 300 miliardi di dollari l’anno complessivi. Ogni anno, almeno il 3% del patrimonio edilizio deve essere portato a zero emissioni.

 

Trasporti: bisogna raggiungere il 15% di motori elettrici nelle vendite di nuovi veicoli (oggi solo l’1% dei nuovi mezzi sono ibridi o elettrici), raddoppiare l’uso del trasporto pubblico in città, aumentare del 20% l’efficienza del carburante per i veicoli pesanti e ridurre le emissioni del trasporto aereo del 20% per km percorso.

 

Terra: varare politiche di uso del suolo che riducano la deforestazione e promuovano il rimboschimento. Le emissioni nette attuali della deforestazione e dei cambiamenti di uso del suolo valgono circa il 12% del totale mondiale. Portarle a zero entro il prossimo decennio, investendo contemporaneamente su afforestamento e riforestazione, contribuirà a spingere le emissioni globali netti totali verso lo zero.

 

Industria: L’industria pesante deve sviluppare piani editoriali per aumentare l’efficienza e il taglio delle emissioni, con l’obiettivo di dimezzarle ben prima del 2050. Oggi il settori di ferro, acciaio, cemento, prodotti chimici, petrolio e gas emettono più del 20% della CO2 globale, senza contare quelle derivanti dall’energia consumata per alimentare la produzione.

 

Finanza: Il settore finanziario deve ripensare la distribuzione del capitale e mobilitare almeno mille miliardi di dollari l’anno per l’azione climatica. La maggior parte del denaro dovrebbe venire, sostengono gli esperti, dal settore privato. Governi, banche private e istituti di credito come la Banca Mondiale devono emettere molte più obbligazioni verdi per finanziare gli sforzi di mitigazione del clima. Questo creerebbe un mercato annuale che, entro il 2020, potrebbe coinvolgere oltre cifre oltre 10 volte superiori agli 81 miliardi di obbligazioni emessi nel 2016.

 

Se il potenti del pianeta mancheranno questi impegni, avverte la lettera uscita sulla prestigiosa rivista scientifica, non solo sarà impossibile rispettare l’obiettivo aspirazionale di 1,5 °C fissato dall’accordo di Parigi, ma scivolerà via anche il più realistico target dei 2 °C. Come ha dichiarato il professor Schnellnhuber, «la matematica è brutalmente chiara: se il mondo non può essere guarito nel volgere di pochi anni, può essere ferito a morte a causa della negligenza prima del 2020».

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3 Commenti

  1. Sono d’accordo, aggiungerei anche una politica di risparmio energetico che potrebbe abbassare di un 30/40% il fabbisogno di energia per raggiungere meglio l’autosufficienza senza ricorrere alle fonti fossili.
    Roberto Momi

  2. Avete totalmente ignorato l’impatto ambientale dell’industria alimentare. Tra spreco di risorse e produzione di scarti e spazzatura, più le industrie ed i trasporti connessi. L’alimentazione di 7miliardi di persone, ma in particolare americani ed europei, ha un impatto ambientale rilevante.

  3. Sebbene si pensi che quasi tutto sia sotto il “controllo” dei grandi potenti (cosa vera ahimè) è altrettanto vero che anche nel nostro piccolo qualcosa si può fare; mi viene in mente il grande problema della plastica, dell’industria della carne e quindi dell’allevamento che da sola è causa del 15% circa dell’emissioni globali di gas ad effetto serra… molte sono le scelte che potremmo fare individualmente, ma che, se fatte da tutti, possono davvero influenzare questo disastroso andamento.

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