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Cnr-Cai: rifugi e stazioni di ricerca per studiare il clima in montagna

L’accordo quadro tra il Consiglio nazionale delle ricerche e il Club alpino italiano permetterà ai ricercatori un più approfondito monitoraggio dell’attuale situazione e, con esso, la formulazione di nuove strategie di adattamento climatico

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Foto di manu zoli da Pixabay

Una più approfondita conoscenza delle condizioni climatiche delle montagne consentirà la formulazione di nuove strategie per l’adattamento

(Rinnovabili.it) – Considerata hot spot climatico dove gli effetti del riscaldamento agiscono in misura quasi doppia rispetto alla scala globale, la montagna ed il suo ecosistema meritano una particolare attenzione ed una più approfondita conoscenza da parte degli esperti. 

Il concetto è stato ribadito poche settimane fa durante l’High Mountain Summit 2019, organizzato a Ginevra per “identificare le azioni prioritarie a supporto di uno sviluppo più sostenibile” e formulare nuove “strategie d’adattamento climatico per la montagna e le regioni a valle”. I ricercatori riunitisi in Svizzerahanno sottolineato la necessità di una più approfondita conoscenza della situazione attuale: elemento oggi ostacolato dalla mancanza di un monitoraggio affidabile e, in generale, dalla scarsità di osservazioni meteorologiche, idrologiche, climatiche e di criosfera nelle regioni montane. 

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Un passo avanti per la risoluzione del problema arriva dal nuovo accordo quadro raggiunto tra il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) e il Club alpino italiano (Cai), simbolicamente firmato in occasione della Giornata internazionale della montagna promossa dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite e coordinata dalla Fao.
La collaborazione – si legge infatti sul sito del Centro di Ricerche – permetterà di “migliorare la conoscenza degli ambienti ed ecosistemi di alta quota”, attraverso attività di monitoraggio in montagna, in alta quota, che coinvolgeranno attivamente i rifugi Cai e gli osservatori climatici Cnr. 

I due Enti riservano una particolare attenzione all’ambiente montano”, ha detto il presidente Cnr, Massimo Inguscio. “La possibilità di ottimizzare le nostre risorse e infrastrutture in aree così significative per lo studio del clima permetterà di rafforzare la sorveglianza dell’ambiente glaciale e periglaciale alpino e di ampliare la base osservativa degli studi che l’Ente già esegue in cinque Osservatori climatici e, sulla vetta di Monte Cimone, dell’unica stazione globale presente nel bacino mediterraneo del programma GAW-WMO per lo studio dei cambiamenti climatici, gestita dal Cnr con l’Aeronautica militare”.

 

Le regioni montane – lo ricordiamo – coprono circa un quarto della superficie terrestre e, in Italia, rappresentano oltre la metà del territorio, corrispondente a un’area in cui risiede una popolazione di oltre 14 milioni di abitanti, distribuiti in più di 4.200 comuni. Nel settore alpino, le temperature atmosferiche nell’ultimo secolo sono aumentate tra 1.5 e 2.0°C, con importanti ripercussioni sulla criosfera. I più recenti dati sullo stato di salute dei ghiacciai delle Alpi evidenziano bilanci di massa fortemente negativi (mediamente 1-2 metri di acqua equivalente persa ogni anno per ghiacciaio), che si traducono in riduzioni di area e volume di dimensioni enormi. Ne è purtroppo esempio il ghiacciaio della Marmolada, la cui scomparsa definitiva è stata stimata dai ricercatori nell’arco di 20 o 30 anni. 

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