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FMI: serve una tassa sul carbonio per contrastare il climate change

Il Fondo Monetario Internazionale suggerisce una politica fiscale per mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici attraverso una decisa carbon tax. Il nuove regime, però, richiederebbe lo sforzo congiunto dei G20 per essere attuato in modo equo e favorevole alla crescita.

Tassa sul carbonio
Credits: Nattanan Kanchanaprat da Pixabay

Fiscal Monitor raccomanda un regime fiscale che preveda una tassa sul carbonio di 75$ a tonnellata

 

(Rinnovabili.it) – L’edizione di ottobre del Fiscal Monitor del Fondo Monetario Internazionale (FMI) cerca di dare indicazioni concrete alla classe politica per rimodellare il sistema fiscale, scoraggiare le emissioni di carbonio e mitigare così gli effetti dei cambiamenti climatici. Il rapporto è stato pubblicato in vista della riunione del FMI e della Banca mondiale che si terrà la prossima settimana, in cui si prevede che Kristalina Georgieva, direttore operativo del FMI, solleciterà i paesi membri ad agire anche sulla base di quanto messo in luce dai ricercatori del FMI.

 

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Secondo il report di Fiscal Monitor, le nazioni più inquinanti del mondo dovrebbero concordare una tassa per le emissioni di CO2 di 75$ a tonnellata per i prossimi 10 anni, al fine di mitigare gli effetti del climate change. Il valore di una tale operazione, però, risiederebbe nello sforzo congiunto. Agendo individualmente, infatti, i paesi potrebbero essere riluttanti ad impegnarsi a far pagare una consistente tassa sul carbonio, a causa dell’impatto che un regime fiscale del genere avrebbe sui costi energetici e la competitività delle industrie. Mentre l’attuale costo medio globale per le emissioni è di 2$ per tonnellata, un aumento coordinato trai i paesi del G20 pari a 75$ sembrerebbe essere dunque la strada più praticabile.

 

Aumentare il costo dell’energia, dei viaggi, della produzione, della spedizione e del cibo, quindi, sarebbe il modo più immediato per impedire l’aumento delle temperature medie globali oltre i 2 gradi Celsius, vale a dire sopra i livelli fissati dall’accordo di Parigi. Ma, come hanno dichiarato i ricercatori del FMI, “le tasse sul carbonio sono gli strumenti più potenti ed efficienti, ma solo se attuate in modo equo e favorevole alla crescita”, .

 

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I ricercatori del FMI, dunque, sono ben consapevoli dei costi che un tale regime fiscale potrebbe comportare. Infatti, secondo le loro stime i prezzi del carbone potrebbero più che triplicare, le bollette elettriche per uso domestico aumenterebbero in media del 43%, e i prezzi della benzina lieviterebbero del 5 fino al 15%. Tuttavia, secondo Fiscal Monitor, l’equità di una tale politica deriverebbe dai benefici ambientali che compenserebbero questi costi.

 

Entro il 2030, ad esempio, una tassa sul carbonio di 75$ per tonnellata impedirebbe circa 725.000 morti dovute all’inquinamento atmosferico (principalmente in Cina). Inoltre, le entrate fiscali (comprese tra ½ e 4½ percento del PIL, a seconda del paese) potrebbero essere utilizzate per rendere politicamente accettabili questi cambiamenti anche per i consumatori, attuando  programmi di assistenza mirata alle famiglie povere e vulnerabili, ai lavoratori sfollati e alle regioni colpite in modo sproporzionato dalla transizione verso il nuovo regime fiscale.