Acqua e aceto dove prima c’erano le mascherine, passi avanti nel riciclo rifiuti DPI

L’università di Auckland ha messo a punto un procedimento basato sulla liquefazione idrotermica per riciclare i dispositivi di protezione individuali, ottenendo come sottoprodotti solo H2O, O2, CO2 in basse concentrazioni e acido acetico

Riciclo rifiuti DPI: mascherine, guanti e camici diventano acqua e aceto
Foto di CHILLoutYourMind da Pixabay

Il trattamento di riciclo rifiuti DPI avviene a 300°C

(Rinnovabili.it) – Ogni giorno buttiamo nel cestino dell’indifferenziato – e purtroppo non solo lì – 3,4 miliardi di mascherine usa e getta. I guanti che usiamo in tutto il mondo in un mese arrivano a 65 miliardi. Quella dei “rifiuti Covid” è diventata un’emergenza ecologica fin dai primi mesi della pandemia. Basti pensare che solo nel 2020, secondo stime conservative, le mascherine disperse nell’ambiente sono state 1,65 miliardi. E un singolo dispositivo di protezione individuale che finisce in mare rilascia oltre 170mila microfibre plastiche al giorno. Per chiudere il cerchio anche in questo ambito, l’università di Auckland ha messo a punto un nuovo processo di riciclo rifiuti DPI che ha due soli sottoprodotti: acqua e aceto.

La procedura è applicabile a mascherine chirurgiche e guanti monouso, ma anche ad altri DPI come i camici e gli occhiali di sicurezza in plastica. Il primo step consiste nel triturare i dispositivi. Il passaggio principale prevede invece un trattamento con acqua calda e pressurizzata e aria compressa. La temperatura richiesta è di 300°C e l’intero ciclo dura circa un’ora. Al termine del quale, il riciclo rifiuti DPI dà come prodotti finali solo due liquidi, l’acqua e l’acido acetico. In più, come sottoprodotti gassosi si hanno ossigeno e basse concentrazioni di CO2.

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Si tratta di un processo noto come liquefazione idrotermica (pirolisi idrotermale o termoliquefazione) che distrugge completamente i rifiuti. “Il liquido prodotto nel processo è sicuro, inerte e può essere riutilizzato – l’aceto o acido acetico può essere usato per disinfettare e l’acqua può essere riutilizzata per il ciclo di lavorazione, minimizzando così il consumo di acqua e aumentando la sostenibilità”, spiega Saied Baroutian, professore associato di ingegneria chimica e dei materiali nell’università neozelandese, che ha lavorato al progetto insieme alle università canadesi di Otago e Waterloo.

Per ora i team di lavoro hanno realizzato un prototipo sperimentale su scala ridotta. Il prossimo obiettivo è creare un proof-of-concept a scala reale. Secondo un’analisi economica del procedimento, il riciclo rifiuti DPI tramite termoliquefazione ha dei costi comparabili allo smaltimento in discarica dei rifiuti. Ma con vantaggi enormi per l’ambiente.

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