Il Centro di coordinamento nazionale ha recuperato 172 milioni di kg di accumulatori provenienti da veicoli a fine vita. Ecco come li ricicla
(Rinnovabili.it) – Sono stati diffusi i dati relativi al recupero e riciclo delle batterie da veicoli a fine vita in Italia, consultabili dal rapporto annuale del CDCNPA (Centro di coordinamento nazionale pile e accumulatori). Su un totale di 171.2 milioni di chili di accumulatori, il 78% del peso viene da batterie per l’avviamento dei mezzi, mentre il restante 22% da quelli utilizzati per autotrazione o stazionamento (accumulo energetico). Rispetto al 2013 si è registrato un leggero calo (-5%), che secondo il Centro di coordinamento è «in linea con quanto accaduto anche nel triennio precedente». Questo fatto sarebbe attribuibile a un calo delle vendite di batterie nuove relativo allo stesso periodo, perché «gli accumulatori per veicoli e industriali sono un bene di sostituzione – chiarisce il rapporto – ed è quindi possibile individuare una correlazione diretta tra quantitativi venduti e rifiuti generati. Inoltre, il dato riguarda solo gli accumulatori gestiti dai Consorziati del CDCNPA e non include, ad esempio, quelli gestiti direttamente da soggetti terzi».
La raccolta degli accumulatori da veicoli a fine vita
La raccolta di queste specifiche categorie di rifiuto ha luogo prevalentemente presso officine meccaniche, autoricambi, elettrauto, centrali elettriche, ospedali, aeroporti. Si tratta, come prevedibile, soprattutto di batterie al piombo. Esse hanno un valore economico anche quando giungono a fine vita, e i soggetti che le detengono concordano le condizioni migliori di raccolta a livello economico e gestionale o con il produttore – obbligato per legge alla gestione del fine vita degli accumulatori immessi sul mercato – o con i sistemi che aderiscono al CDCNPA. Questi possono essere
– Centri di raccolta comunali, per cui le condizioni del servizio sono regolate dall’accordo di programma tra ANCI e CDCNPA.
– Artigiani, dove gli accumulatori provengono dall’attività di sostituzione sui veicoli (elettrauto, officine, ecc.). Tra questi soggetti rientrano anche gli autodemolitori, che con la propria attività producono rifiuti di accumulatori d’avviamento e (in misura minore) per trazione.
– Industrie e aziende, luoghi nei quali gli accumulatori industriali sono impiegati in processi produttivi o in mezzi di trasporto come muletti e veicoli a trazione elettrica.
– Grandi utenti, presso i quali gli accumulatori industriali sono utilizzati con lo scopo di garantire la continuità elettrica: ad esempio centraline di accumulo, ospedali, aeroporti.
È importante comunque sottolineare che questo dato risente del fatto che in fase di raccolta e gestione, è attribuito un unico codice identificativo del rifiuto per le batterie al piombo, un fatto che secondo il CDCNPA «crea in alcuni casi delle difficoltà nella corretta attribuzione tra la categoria degli accumulatori per veicoli e quella degli accumulatori industriali».
Aspettando il riciclo delle batterie al litio…
I dispositivi contenenti piombo finiscono in aree di stoccaggio dedicate. Successivamente sono sottoposti a frantumazione, un processo meccanico che prevede triturazione e separazione delle parti fisiche della batteria. Le componenti plastiche, che si attestano generalmente al 10%, sono destinate alle industrie del riciclo. Le parti metalliche, invece, subiscono un processo di recupero che prevede due fasi:
- fusione, nella quale il piombo viene raccolto in forni con l’aggiunta di reagenti specifici
- raffinazione del piombo derivato dalla fusione, che viene mondato delle impurità.
Così si ottiene il “piombo secondario”, del tutto uguale al minerale originario e con le stesse possibilità di utilizzo. Molto più complessi e onerosi sono i processi di smaltimento e di trattamento per le altre tipologie di accumulatori. In Italia non abbiamo impianti capaci di riciclare batterie al litio, e così mandiamo gli accumulatori esausti all’estero.