HYST: i mille volti della biomassa

Dal genio dell’Ing. Umberto Manola la tecnologia che potrebbe risolvere il problema di consumo di suolo per la coltivazione di vegetali destinati all’industria dei biocarburanti e produrre farine altamente nutritive per i meno abbienti

Si svolge stamane a Montelibretti (Roma) il convegno durante il quale il CNR (Centro nazionale di Ricerca) e l’Associazione Scienza per l’Amore, in collaborazione con la società BioHyst, daranno voce alla Tecnologia Hyst.

Frutto di quarant’anni di lavoro e di esperimenti da parte dell’Ing. Umberto Manola la Hypercritical Separation Technology (HYST) riesce a valorizzare al massimo le potenzialità della biomassa permettendo uno sfruttamento elevato delle risorse alimentari e degli scarti dell’industria agro-alimentare con un minimo impiego di energia, senza intaccare le riserve alimentari del pianeta e senza produzione di inquinanti.

COS’È E COME FUNZIONA HYST: gli impianti che adottano tale tecnologia sono in grado di trasformare la biomassa e gli scarti dell’industria agro-alimentare attraverso la destrutturazione delle fibre vegetali. In questo modo viene messa a disposizione del mercato biomassa per la produzione di energia, farine altamente nutritive e semilavorati ottenuti con un minimo dispendio energetico e per questo a basso impatto ambientale. Non inquinante, la tecnologia permette processi produttivi semplici e veloci che aiutano l’industria nello smaltimento di scarti potenzialmente dannosi per l’ambiente. In grado di pretrattare le biomasse ligneo-cellulosiche i dispositivi sono quindi utili anche alla produzione di biomassa da impiegare per la produzione di energia e biogas da fonte rinnovabile anche semplicemente partendo dalla paglia, che spesso rimane accumulate nei campi e finisce per marcire eliminando la problematica relativa al consumo di risorse alimentari per la produzione di biocarburanti.

LE POTENZIALITA’ Nei dispositivi HYST la biomassa viene fatta passare attraverso tubi nei quali l’aria ad alta pressione e il continuo urto tra le particelle provocano la disaggregazione della struttura vegetale dividendo dalla fibra i composti digeribili, le proteine e l’amido in un processo che dura solamente 6 secondi, durante i quali la materia prima non subisce alcuna alternazione termica e mantiene intatte le proprietà organolettiche, dando la possibilità di separare le diverse componenti.

L’idea che mi venne fu quindi di disaggregare la materia prima, conservandone le proprietà organolettiche e distribuendo i componenti di base secondo il reale impiego.
(…) Scegliemmo quindi, in Italia, un mulino famoso per la grande quantità di grani esteri importati ed inserimmo nel suo ciclo il sistema che avevamo realizzato (la tecnologia).
Per tre anni questa industria molitoria portò ugualmente sul mercato prodotti di alta qualità, ma senza più utilizzare un solo chilogrammo di grano estero. Questo fu il primo progetto che rivoluzionò il settore e attirò l’attenzione di tutta l’Europa. Da allora in poi, attraverso varie fasi ho realizzato otto brevetti.

Questo quanto affermato dall’Ing. Manola, specificando di voler utilizzare gli scarti della macinazione per sopperire alla mancanza di proteine e di amidi necessari alla produzione di determinati prodotti (ad esempio le farine zootecniche impiegate nell’alimentazione animale).

Su mille tonnellate di grano trattato le 25 ton di crusca derivanti dai processi di molitura possono essere trattate con i dispositivi HYST, trasformarsi in farine altamente nutrienti e quindi rappresentare la risposta ideale ai molti problemi di sottonutrizione e malnutrizione presenti nei paesi in via di sviluppo. Ogni anno, infatti, circa 100 milioni di tonnellate di cruscami finiscono nell’alimentazione zootecnica; da essi si potrebbero invece produrre almeno 20 milioni di tonnellate di farine alimentari ad alto contenuto di proteine per soddisfare le carenze e i bisogni di chi quotidianamente non riceve abbastanza nutrienti.

I dispositivi Hyst, che per funzionare utilizzano solo aria ed energia elettrica, sono di piccole dimensioni e si prestano quindi ad essere impiegati in diverse industrie senza troppe difficoltà di trasporto e istallazione. Da qui il progetto di istallarne in maniera capillare sul territorio africano, per sfruttarne al meglio le potenzialità delle risorse agricole.

Ogni unità è infatti in grado di processare tra le 3 e le 5 tonnellate di crusca all’ora ottenendo fibre, amido, cellulosa, proteine e sostanze minerali.

Quello che si può ottenere inserendo questa tecnologia nell’industria molitoria e di trasformazione non ha limiti (…) si potrebbe continuare a soddisfare le esigenze di un mondo altamente industrializzato e contemporaneamente destinare grandi quantitativi di basi alimentari per le popolazioni indigenti. Non è un’utopia, è un sistema realmente esistente, perfettamente funzionante , installato e collaudato” ha affermato l’Ing. Manola, inventore della tecnologia HYST.

LA STORIA Presentata ufficialmente il 15 dicembre 2009 durante il convegno “La Tecnologia HYST: Alimentazione, Energie Alternative, Ambiente” presso l’Istituto di Scienze degli Alimenti e della Nutrizione all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza la tecnologia verrà portata nuovamente all’interesse del pubblico durante l’incontro odierno. Intitolato “Tecnologia HYST: dalle biomasse alimenti ed energia sostenibile”, il convegno metterà in chiaro in che modo il sistema riesca a trattare le biomasse disaggregando le strutture dei vegetali senza l’impiego di trattamenti chimici né termochimici.

Nata nell’ambito del progetto umanitario Bits of Future: food for all, promosso dall’Associazione Scienza per l’Amore la tecnologia si offre come soluzione per combattere la fame e la mancanza di energia nei paesi del terzo mondo sfruttando al massimo le risorse locali.

 

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