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Ora Legale – Ora Solare, cosa farà l’Italia nel 2022?

Nella notte tra sabato 30 e domenica 31 ottobre, l'Italia porterà indietro di un'ora le lancette dell'orologio, per tornare all'ora legale il prossimo 27 marzo. Una tradizione che ci ha permesso di risparmiare 1,8 miliardi di euro in 17 anni.

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Foto di Rudy and Peter Skitterians da Pixabay

Quanto durerà ancora il passaggio dall’ora legale all’ora solare?

(Rinnovabili.it) – Addio ora legale. Benvenuta ora solare. Come da tradizione l’Italia si appresta nuovamente a metter mano agli orologi nazionali, portando indietro di un’ora le lancette. L’aggiornamento avverrà nella notte tra sabato 30 e domenica 31 ottobre, per poi farle scattare nuovamente avanti il prossimo 27 marzo 2022.

Per gli italiani si tratta ormai di un’abitudine consolidata divenuta quasi totalmente automatica con il passaggio dall’analogico al digitale connesso in rete. Eppure il futuro dell’ora legale e del suo alternarsi con l’ora solare, è incerto.

Esiste, infatti, un progetto legislativo a livello comunitario che rema in favore dell’abolizione. Si tratta di una revisione normativa avviata da Bruxelles per volere degli stessi europei e che oggi giace nelle stanze dei legislatori UE. Ma per comprendere a pieno la vicenda è necessario fare qualche passo indietro.

La storia del cambio orario

L’Italia ha adottato l’ora legale inizialmente come misura di guerra nel 1916, per poi inserirla definitivamente nella legislazione nazionale nel 1966. Una storia che si è ripetuta, con piccole e grandi modifiche, anche in molti altri Paesi europei, fino all’adozione comunitaria dello stesso calendario per l’ora legale nel 1996. Ma per avere regole chiare e condivise in tutti gli Stati Membri dell’Unione si dovette aspettare il 2002, anno in cui sono entrati in vigore i dettami della Direttiva 2000/84/CE. Il provvedimento fissava per la prima volta in maniera definitiva una data e un’ora comuni per l’inizio e la fine del periodo della “summer time” in tutta la Comunità.

Tuttavia l’intesa non è durata più di tanto. Nel 2018, l’Europarlamento ha chiesto alla Commissione europea di modificare la direttiva. Non era la prima volta che i deputati avanzavano una simile proposta. Ma è stata la prima volta che l’Esecutivo UE ha dovuto prenderla in considerazione a causa di una maxi consultazione pubblica. Ben 4,6 milioni di cittadini europei, provenienti dagli allora 28 Stati Membri, si sono espressi sul tema. E di questi, un buon 84% chiedeva la fine dei cambiamenti di orario.

Messa alle strette Bruxelles ha presentato un aggiornamento normativo in cui proponeva l’abbandono dello switch a partire dal 2019. I problemi sono arrivati quando il disegno di legge è arrivato ai legislatori comunitari. Se da un lato il Parlamento europeo ha approvato facilmente la proposta limitandosi a spostare la deadline alla fine del 2021, dall’altro il Consiglio non è riuscito a chiudere la questione. Ad oggi, ottobre 2021, il provvedimento è ancora in attesa di una prima lettura.

Nel frattempo è emerso un secondo problema. Il provvedimento lascerebbe ai singoli Paesi la possibilità di scegliere se mantenere l’ora legale o quella solare. Ma, sebbene siano in molti a voler abbandonare il doppio cambio annuale, non c’è intesa rispetto quale orario adottare in maniera definitiva. E avere nazioni UE con un mosaico di fusi orari creerebbe parecchi problemi pratici per le imprese e il commercio.

I benefici dell’ora legale in Italia

L’Italia, dal canto suo, non sembra intenzionata da abbandonare il cambio. Nell’autunno 2019, il governo Conte aveva depositato a Bruxelles una richiesta formale di mantenimento della situazione attuale, convinto dei benefici economici legati al passaggio. D’altra parte secondo i dati di Terna per il 2021 nei passati 7 mesi di ora legale il sistema elettrico italiano ha beneficiato di minori consumi per 450 milioni di kWh, pari al valore di fabbisogno medio annuo di circa 170 mila famiglie. Con un conseguente risparmio economico di circa 105 milioni di euro. Ricadute positive anche in termini di sostenibilità ambientale: il minor consumo elettrico, infatti, ha consentito al Paese di evitare emissioni di COin atmosfera per circa 215 mila tonnellate.

Dal 2004 al 2021, secondo l’analisi della società guidata da Stefano Donnarumma, il minor consumo di energia elettrica per l’Italia dovuto all’ora legale è stato complessivamente di circa 10,5 miliardi di kWh e ha comportato, in termini economici, un risparmio per i cittadini di oltre 1,8 miliardi di euro.

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


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Batterie al sodio allo stato solido, verso la produzione di massa

Grazie ad un nuovo processo sintetico è stato creato un elettrolita di solfuro solido dotato della più alta conduttività per gli ioni di sodio più alta mai registrata. Circa 10 volte superiore a quella richiesta per l'uso pratico

Batterie al sodio allo stato solido
via Depositphotos

Batterie al Sodio allo Stato Solido più facili da Produrre

La batterie allo stato solido incarnano a tutti gli effetti il nuovo mega trend dell’accumulo elettrochimico. E mentre diverse aziende automobilistiche tentano di applicare questa tecnologia agli ioni di litio, c’è chi sta percorrendo strade parallele. É il caso di alcuni ingegneri dell’Università Metropolitana di Osaka, in Giappone. Qui i professori Osaka Atsushi Sakuda e Akitoshi Hayash hanno guidato un gruppo di ricerca nella realizzazione di batterie al sodio allo stato solido attraverso un innovativo processo di sintesi.

Batterie a Ioni Sodio, nuova Frontiera dell’Accumulo

Le batterie al sodio (conosciute erroneamente anche come batterie al sale) hanno conquistato negli ultimi anni parecchia attenzione da parte del mondo scientifico e industriale. L’abbondanza e la facilità di reperimento di questo metallo alcalino ne fanno un concorrente di primo livello dei confronti del litio. Inoltre l’impegno costante sul fronte delle prestazioni sta portando al superamento di alcuni svantaggi intrinseci, come la minore capacità. L’ultimo traguardo raggiunto in questo campo appartiene ad una ricerca cinese che ha realizzato un unità senza anodo con una densità di energia superiore ai 200 Wh/kg.

Integrare questa tecnologia con l’impiego di elettroliti solidi potrebbe teoricamente dare un’ulteriore boost alla densità energetica e migliorare i cicli di carica-scarica (nota dolente per le tradizionali batterie agli ioni di sodio). Quale elettrolita impiegare in questo caso? Quelli di solfuro rappresentano una scelta interessante grazie alla loro elevata conduttività ionica e lavorabilità. Peccato che la sintesi degli elettroliti solforati non sia così semplice e controllabile. Il che si traduce in un’elevata barriera per la produzione commerciale delle batterie al sodio allo stato solido.

Un Flusso di Polisolfuro reattivo

É qui che si inserisce il lavoro del team di Sakuda a Hayash. Gli ingegneri hanno messo a punto un processo sintetico che impiega sali fusi di polisolfuro reattivo per sviluppare elettroliti solidi solforati. Nel dettaglio utilizzando il flusso di polisolfuro Na2Sx come reagente stechiometrico, i ricercatori hanno sintetizzato due elettroliti di solfuri di sodio dalle caratteristiche distintive, uno dotato della conduttività degli ioni di sodio più alta al mondo (circa 10 volte superiore a quella richiesta per l’uso pratico) e uno vetroso con elevata resistenza alla riduzione.

Questo processo è utile per la produzione di quasi tutti i materiali solforati contenenti sodio, compresi elettroliti solidi e materiali attivi per elettrodi“, ha affermato il professor Sakuda. “Inoltre, rispetto ai metodi convenzionali, rende più semplice ottenere composti che mostrano prestazioni più elevate, quindi crediamo che diventerà una metodologia mainstream per il futuro sviluppo di materiali per batterie al sodio completamente allo stato solido“.  I risultati sono stati pubblicati su Energy Storage Materials and Inorganic Chemistry .

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Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


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Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
via Depositphotos

Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

leggi anche Fotovoltaico in perovskite, i punti quantici raggiungono un’efficienza record

L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

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