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Eni Award: sei premi per “l’energia della ricerca”

Consegnati stamane al Quirinale alla presenza del Capo dello Stato, Giorgio Napolitano e dei vertici di ENI, Marcegaglia e Descalzi, anche 3 premi per l’innovazione ENI

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Sono le “nuove frontiere degli idrocarburi – upstream e downstream” –, le “energie rinnovabili e non convenzionali”, la “protezione dell’ambiente”, e il “debutto nella ricerca” gli ambiti dei progetti di ricerca premiati oggi al Quirinale, alla presenza del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, del Presidente dell’ENI, Emma Marcegaglia e dell’Amministratore Delegato di Eni Claudio Descalzi, con il conferimento  degli Eni Award 2014. Il premio, istituito nel 2007, è divenuto nel tempo un punto di riferimento a livello internazionale per la ricerca nei campi dell’energia e dell’ambiente, ed ha lo scopo sia di sviluppare un migliore utilizzo delle fonti energetiche, sia di stimolare le nuove generazioni di ricercatori. Nel corso degli anni sono stati migliaia i ricercatori coinvolti a livello mondiale che hanno presentato le proprie ricerche, così come numerose sono state le personalità di alto profilo – fra cui 25 Premi Nobel –  che le hanno garantite o hanno fatto parte della Commissione Scientifica. Per l’edizione 2014 le candidature pervenute sono state oltre 1400. Alla guida della Commissione Scientifica di Eni Award, composta da 23 membri tra cui il Premio Nobel Sir Harold Kroto, rettori di università, ricercatori e scienziati espressione dei più importanti centri di studio e ricerca a livello mondiale, siede l’accademico francese Gérard Férey. Gli Eni Award sono stati consegnati dal capo dello Stato contestualmente ai Riconoscimenti all’Innovazione Eni, conferiti a tre team di ricerca interni che si sono particolarmente distinti, per il livello di innovazione e di rilevanza per il business, dei risultati ottenuti.  Il premio Eni Award “Nuove frontiere degli idrocarburi” è stato assegnato per la  sezione Upstream a Tapan Mukerji, Gary Mavko, Jack Dvorkin della Stanford University e Dario Grana della University of Wyoming;  per la sezione Downstream il riconoscimento è stato attribuito a Amir H. Hoveyda, del Boston College (Massachusetts-USA). Il Premio “Energie rinnovabili e non convenzionali” è stato conferito a Jay D. Keasling, della University of California, Berkeley (USA), mentre il professor Clément Sanchez, del Collége de France di Parigi, si è aggiudicato il Premio “Protezione dell’ambiente”. I due Premi “Debutto nella ricerca”, riservati a ricercatori under 30 che hanno conseguito il dottorato di ricerca in una Università italiana, sono stati assegnati a Martina Siena, dell’Università degli Studi di Trieste, e a Nicola Bortolamei, dell’Università degli Studi di Padova.

 

Le parole della Presidente dell’Eni, Emma Marcegaglia

 

Nel dirsi “particolarmente orgogliosa” di partecipare, in una delle sue prime presenze pubbliche come Presidente dell’Eni, all’importante cerimonia, Emma Marcegaglia ha affermato che “la ricerca scientifica è per l’Eni una componente essenziale della sua competitività e quindi  il suo  presente e futuro in un settore, quello dell’energia, attraversato periodicamente da rivoluzioni tecnologiche che ne alterano in modo fondamentale gli orizzonti”. L’Eni Award, ha precisato, – che “non è  un gesto di mecenatismo, ma è parte  integrante del piano tecnologico dell’azienda – è riconosciuto a livello mondiale come il più importante premio per la ricerca fondamentale nel campo dell’energia, e negli ultimi sei anni ha conosciuto un aumento di candidature del 650% provenienti da tutti i continenti. Nel corso degli anni – ha aggiunto –  è costantemente cresciuto di prestigio per il valore dei ricercatori e scienziati che ha premiato, alcuni dei quali hanno successivamente vinto anche il Premio Nobel”. Per sottolineare l’impatto che la ricerca scientifica può generare sul sistema economico e produttivo di un paese, la numero uno dell’ENI ha citato “l’effetto della recente rivoluzione tecnologica del gas da scisti – il così detto Shale Gas – che nel giro di poco più di quattro anni ha profondamente cambiato rapporti ultra-decennali fra paesi produttori e consumatori e ha fortemente aumentata la competitività industriale degli Stati Uniti, un paese che sembrava destinato a subire un progressivo declino del suo settore manifatturiero. L’energia a bassissimo costo, resa disponibile da una nuova tecnica di estrazione del gas naturale, – ha proseguito – ha contribuito a cambiare le sorti del paese, migliorando le prospettive dell’industria e al contempo riducendo drasticamente  la sua dipendenza da energia importata”. Secondo Marcegaglia va tuttavia ricordato che “l’energia non è soltanto un business”, e che “la sua disponibilità o meno può determinare le sorti di nazioni, oltre che degli individui”. Ancor oggi “più di un 1,3 miliardi di persone non hanno accesso all’elettricità (come era stato denunciato in occasione di Wame-Expo,ndr) e questo ne pregiudica la qualità di vita quotidiana e la salute”. Pertanto, ha concluso la Presidente ENI, “incoraggiare la ricerca che renda più efficiente il ritrovamento, l’estrazione, il trasporto ed il consumo d’energia che oggi utilizziamo, avvantaggia non solo l’ENI ma ha ripercussioni positive per  tutta la società. Mentre, “investire nella ricerca sulle energie del futuro, sempre più pulite oltre che convenienti dal punto di vista economico, è essenziale per  diminuirne gli effetti sull’ambiente e assicurarne l’adozione su vasta scala”.

 

Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e il Presidente dell’ENI, Emma Marcegaglia
Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e il Presidente dell’ENI, Emma Marcegaglia

 

Le motivazioni degli Eni Award nelle parole dell’AD di ENI, Claudio Descalzi

 

Anche l’AD di ENI Claudio Descalzi  ha sottolineato come l’operato dell’azienda  si basi “sulle competenze e sulla capacità di garantire produzioni crescenti di energia efficiente e pulita”. La ricerca, “pilastro portante della nostra strategia, è promossa al nostro interno  attraverso collaborazioni con università e centri di ricerca di prestigio, e non ultimo con l’Eni Award”.

Descalzi ha spiegato come le ricerche che vengono promosse e, conseguentemente, le categorie dell’Eni Award, seguano “due direttrici fondamentali”:

  1. il presente, quindi il raggiungimento della massima efficienza nella ricerca delle materie prime fossili e nel loro sviluppo
  2. il futuro, le fonti di energia rinnovabile, per andare verso una forma di consumo di energia sempre più pulita, ma anche la promozione dei giovani che fanno ricerca nelle università italiane.

 

“Un filone trasversale, prioritario nel presente come nel futuro, – ha aggiunto il numero due di ENI – è quello della protezione dell’ambiente, che insieme al focus sulle rinnovabili è testimonianza dell’importanza che ENI dà allo sviluppo di un’energia sostenibile”.

 

L'Amministratore Delegato di Eni Claudio Descalzi
L’Amministratore Delegato di Eni Claudio Descalzi

 

Se, inoltre, la ricerca che il colosso petrolifero italiano promuove, ha come priorità il settore energetico, “i benefici sono più estesi, con ricadute anche in altri campi di applicazione, come i settori alimentare e farmaceutico, che insieme all’energia costituiscono le basi di ogni possibile sviluppo”. Entrando, successivamente, nel merito delle diverse categorie degli Eni Award, Descalzi  ha ricordato che  il premio “Nuove frontiere degli idrocarburi” ha previsto “un vincitore nella sezione upstream, su  tematiche di esplorazione e produzione, e un vincitore nella sezione downstream, per la ricerca relativa alla trasformazione di idrocarburi nei prodotti finiti”.

 

Tapan Mukerji
Tapan Mukerji

Per quanto riguarda l’upstream – ha affermato – “premiamo quest’anno un team di ricercatori di grande prestigio, oggi rappresentati qui dal professor Mukerji della Stanford University. Questo gruppo ha individuato la correlazione tra i dati sismici  e le caratteristiche fisiche di rocce e fluidi, sviluppando un modello innovativo che permette di quantificare queste grandezze prima di disporre di campioni prelevati dalla formazione. Un tema  di sicuro interesse per il futuro dell’esplorazione petrolifera, che è un pilastro della strategia di crescita per linee interne di Eni”. Quanto al downstream, “la Commissione Scientifica ha individuato la ricerca di Amir Hoveyda, del Boston College, che ha ideato e sviluppato nuovi catalizzatori a basso costo, altamente selettivi per la sintesi ad alta resa e purezza di molecole per la produzione di polimeri speciali e di composti complessi per uso farmaceutico, alimentare e agrochimico, altrimenti ottenibili solo da fonti biologiche.

 

 

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Jay D. Keasling

Per il secondo filone, quello delle energie rinnovabili, “non è stato facile per la Commissione scegliere tra le oltre 500 candidature pervenute, a testimonianza di quanto sia presente il tema delle energie alternative nella ricerca internazionale”, ha detto l’AD di ENI, aggiungendo che “la Commissione ha ritenuto particolarmente promettente la ricerca sulla produzione di combustibili a partire  da biomasse, attraverso tecnologie di bioingegneria”. E’ stato quindi premiato il professor Jay Keasling dell’University of California a Berkeley. Il professor Keasling ha lavorato sull’ingegnerizzazione di microorganismi naturali, ottenendo biocarburanti con proprietà del tutto simili ai carburanti oggi ricavati dal petrolio, ma con la differenza che la loro combustione non  immette quote aggiuntive di CO2 nell’atmosfera”.

L’utilizzo di questa tecnologia, ha spiegato  Descalzi, “consente di ridurre i costi del processo, con rese produttive notevoli. I risultati sono già usciti dai laboratori: in Brasile, trecento autobus hanno percorso ben cinque milioni di chilometri con uno dei prodotti ottenuti dal processo studiato da Jay Keasling”.

 

 

Clément Sanchez
Clément Sanchez

La terza sezione del premio, dedicata alla protezione dell’ambiente, ha attribuito il riconoscimento al professor Clément Sanchez del Collége de France di Parigi, “un pioniere dello sviluppo di tecnologie  “environmentally friendly” per la preparazione di nuovi solidi nano strutturati, che trovano applicazione come catalizzatori in processi chimici, o come vettori a lento rilascio per la farmaceutica. I procedimenti  impiegati permettono di produrre materiali con caratteristiche ben definite riducendo l’utilizzo di solventi e reagenti chimici e pertanto rispettando l’ambiente”.

 

 

Martina Siena
Martina Siena

Venendo ai due premi che la commissione internazionale ha assegnato nella sezione Debutto nella ricerca, un tema al centro dell’ attenzione di ENI, Descalzi ha sottolineato il vivo apprezzamento espresso dalla Commissione Scientifica “per il valore delle 152 Tesi di dottorato esaminate, provenienti dalle Università italiane, testimonianza della vivacità e vitalità del nostro sistema di ricerca”.Quest’anno il premio è andato a  Martina Siena, dell’Università di Trieste, che attualmente svolge attività di ricerca presso il Politecnico di Milano, e a Nicola Bortolamei, che ha discusso la sua tesi presso l’Università di Padova.

Martina Siena “è stata in grado di superare alcuni limiti delle simulazioni numeriche in campo esplorativo, consentendo di elaborare discretizzazioni più attendibili delle proprietà dei giacimenti, estremamente importanti per prevederne il comportamento produttivo e lo sviluppo”.

Nicola Bortolamei ha svolto invece una brillante tesi su “metodi elettrochimici per la produzione di materiali polimerici speciali. La tecnica è stata estesa anche a sistemi biologici, e i risultati di questi lavori sono stati pubblicati su prestigiose riviste scientifiche internazionali”.

 

 

I riconoscimenti all’innovazione ENI

Infine, l’AD  si è congratulato con i 3 team vincitori dei riconoscimenti all’innovazione ENI, assegnati  dalla Commissione Innovazione di ENI Award 2014.

I riconoscimenti sono stati consegnati, rispettivamente a Francesco Gasparoni, in rappresentanza del team di ricerca ENI, “per aver sviluppato e messo a punto un’innovativa tecnologia robotica per il monitoraggio ambientale sottomarino e l’ispezione di impianti offshore oil and gas in maniera completamente automatica”;  a Claudia Prati, in rappresentanza del team di ricerca ENI, per aver realizzato il primo esempio al mondo  di riconversione di una raffineria petrolifera convenzionale in bioraffineria per la produzione di una nuova generazione di biocarburanti di alta qualità”; infine, ad Anna Sommazzi, in rappresentanza del team di ricerca della Società Versalis-ENI  “per la realizzazione di una nuova famiglia di elastomeri termoplastici che consentiranno applicazioni di rilievo con ricadute positive  anche nella vita quotidiana”.     

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • filiere delle rinnovabili

Decreto FERX, gli stakeholder chiedono più chiarezza e trasparenza

Il Ministero dell'Ambiente pubblica gli esiti della consultazione pubblica sul Decreto Ministeriale FER X, chiusa lo scorso settembre. Dai 46 soggetti partecipanti emerge l'esigenza di conoscere per tempo tutte le informazioni utili alla programmazione degli investimenti nelle rinnovabili. Chiesti chiarimenti sul processo autorizzativo e sulle tempistiche

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Foto di Rabih Shasha su Unsplash

Decreto FERX, nuovi spunti di riflessione

Servono maggiori informazioni sui coefficienti sul prezzo d’aggiudicazione, sui criteri di priorità, sulla documentazione per l’accesso al meccanismo e sulle tipologie di interventi ammessi. In particolare quando si tratta di progetti di “rifacimento” e “potenziamento”. Queste alcune delle principali richieste emerse dalla consultazione pubblica sul Decreto FERX. La scorsa estate il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica aveva pubblicato lo schema del provvedimento per una raccolta di pareri da parte degli stakeholder, con l’obiettivo di condividerne le logiche. Oggi il MASE rende noti gli esiti di tale consultazione puntando i riflettori sugli spunti e le richieste emerse da parte dei 46 soggetti partecipanti. 

Gli esiti della consultazione pubblica

Ricordiamo che il Decreto FERX nasce con lo scopo di definire un meccanismo di supporto espressamente dedicato ad impianti a fonti rinnovabili con costi di generazione vicini alla competitività. Come? Tramite contratti CfD a valere sull’energia elettrica prodotta dagli impianti. Con un accesso diretto per quelli di taglia inferiore al MW, e tramite aste al ribasso per quelli di taglia uguale o superiore al MW. Ed è proprio su queste due modalità che arrivano le prime considerazioni.

Per la maggior parte dei soggetti che hanno risposto alla consultazione, il contingente di 5 GW per gli impianti FER ad accesso diretto non sarebbe sufficiente, soprattutto vista la grande attenzione che stanno ricevendo al livello di investimento i sistemi di piccola taglia.

Per quanto riguarda l’accesso tramite asta, invece, il parere generale condivide i contingenti individuati, che secondo l’ultima bozza pubblicata oggi sarebbero: per il fotovoltaico 45 GW; per l’eolico di 16,5 GW; per l’idroelettrico di 630 MW; per i gas residuati 20 MW. “Tuttavia – si legge nel documento del MASE – congiuntamente alla risposta positiva sono state proposte diverse modifiche (aumento di uno specifico contingente, creazione di nuovo contingente, meccanismi di riallocazione della potenza non assegnata, ridefinizione dei contingenti al fine di favorire lo sviluppo dei PPA, etc.)”. Tra gli spunti emersi c’è la proposta di contingenti separati tra il fotovoltaico a terra e sul tetto.

Proposti nuovi requisiti di accesso e tempistiche

In tema requisiti d’accesso, alcuni soggetti chiedono l’incremento della soglia di potenza per l’accesso diretto, l’aggiunta dei criteri ESG, la reintroduzione del requisito specifico che attesti la capacità finanziaria ed economica di chi partecipa al meccanismo del Decreto FERX.

Con riferimento ai tempi massimi individuati per la realizzazione degli interventi, la consultazione ha evidenziato un forte distaccamento con le aspettative degli operatori. Per quanto detto diversi soggetti propongono per una o più fonti l’innalzamento dei tempi previsti, chiedendo di tenere in considerazione parametri quali, la potenza e/o la tipologia d’intervento, l’ottenimento dei titoli autorizzativi, i tempi di realizzazione della connessione e quelli dovuti agli approvvigionamenti, che sottolineano, potrebbero oltretutto determinare un aumento dei costi, visto anche i meccanismi incentivanti”, si legge ancora nel documento.

Per i tempi di comunicazione della data d’entrata in esercizio dell’impianto, emerge nel complesso l’esigenza di un prolungamento, aggiungendo da più 60 giorni a 12 mesi. Viene anche evidenziata una certa contrarietà all’obbligo per gli operatori di impianti rinnovabili non programmabili che stipula un contratto CfD ad abilitarsi alla fornitura dei servizi di dispacciamento.

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Rinnovabili • batteria ibrida al sodio

Dalla Corea la batteria ibrida al sodio che si ricarica in pochi secondi

Un gruppo di scienziati del KAIST ha sviluppato una batteria a ioni di sodio ad alta energia, ad alta potenza e di lunga durata

batteria ibrida al sodio
Foto di danilo.alvesd su Unsplash

Quando le batteria a ioni sodio incontrato i supercondensatori a ioni sodio

Arriva dalla Corea del Sud la prima batteria ibrida al sodio in grado di battere la tecnologia a ioni di litio a mani basse. Con ottime prestazioni lato di capacità di accumulo, potenza, velocità di carica e durata, come dimostra l’articolo pubblicato sulla rivista scientifica Energy Storage Materials (testo in inglese).

Nel 2020 le batterie a ioni sodio (Na+) hanno raggiunto prestazioni comparabili a quelle degli ioni di litio in termini di capacità e durata del ciclo in condizioni di laboratorio. Da allora il segmento ha continuato a macinare grandi progressi, spinto dall’esigenza globale di trovare una tecnologia di accumulo più economica delle ricaricabili al litio e meno dipendente dalle attuali catene di approvvigionamento dei materiali critici. L’ultimo grande risultato nel campo è quello segnato da un gruppo di scienziati del KAIST, il Korea Advanced Institute of Science and Technology.

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Il team guidato dal professor Jeung Ku Kang del Dipartimento di Scienza e Ingegneria dei Materiali ha messo a punto una batteria ibrida agli ioni di sodio dalle prestazioni eccellenti e in grado di ricaricarsi in pochi secondi. Il segreto? Un’architettura che integra materiali anodici propri delle batterie con catodi adatti ai supercondensatori.

Batteria ibrida al sodio, prestazioni record

In realtà non si tratta di un approccio nuovo. Gli stoccaggi ibridi con Na+ sono emersi negli ultimi anni come una promettente applicazione nel campo dell’energy storage in grado di superare i punti deboli degli accumulatori a ioni di sodio più conosciuti.

Tradizionalmente questo metallo è usato e studiato in due tipi di dispositivi di stoccaggio: batterie e condensatori. Le prime, come spiegato poc’anzi, forniscono oggi una densità di energia relativamente elevata ma sono caratterizzate da una lenta cinetica di ossidoriduzione, che si traduce in una bassa densità di potenza e una scarsa ricaricabilità. I secondi invece hanno un’elevata densità di potenza dovuta all’accumulo di carica tramite rapido adsorbimento di ioni superficiali, ma una densità di energia estremamente bassa.

Tuttavia unire le due tecnologie impiegando catodi di tipo condensatore e degli anodi di tipo batteria, non ha dato subito i risultati sperati. La causa è da ricercare soprattutto nello squilibrio cinetico tra i due tipi di elettrodi.

Nuovi materiali per catodo e anodo

Per arginare il problema il team sudcoreano ha utilizzato sviluppato un nuovo materiale anodico con cinetica migliorata attraverso l’inclusione di materiali attivi fini nel carbonio poroso derivato da strutture metallo-organiche. Inoltre, ha sintetizzato un materiale catodico ad alta capacità e la combinazione dei due ha consentito lo sviluppo di un sistema di accumulo di ioni sodio che ottimizza l’equilibrio e riduce al minimo le disparità nei tassi di accumulo di energia tra gli elettrodi.

leggi anche Da CATL la prima batteria con degrado zero dopo 5 anni

La cella completamente assemblata supera per densità di energia le batterie commerciali agli ioni di litio e presenta le caratteristiche della densità di potenza dei supercondensatori. Nel dettaglio la batteria ibrida al sodio si ricarica rapidamente e raggiunge una densità di energia di 247 Wh/kg e una densità di potenza di 34.748 W/kg. Inoltre gli scienziati hanno registrato una stabilità del ciclo con efficienza Coulombica pari a circa il 100% su 5000 cicli di carica-scarica.

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Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
via Depositphotos

Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

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L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

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