Rendere l’idrogeno verde economico, due strade possibili 

Dai nuovi elettrolizzatori all’integrazione della filiera H2 con la coproduzione di altre sostanze chimiche. Nuovi studi cercano la strada verso il low cost

idrogeno verde economico
Via depositphotos.com

(Rinnovabili.it) – Produrre l’idrogeno economico da acqua e rinnovabili costituisce il primo obiettivo da raggiungere per rendere l’H2 vettore della transizione energetica. Al momento, infatti, la versione ottenuta grazie all’energia pulita ha in media un costo doppio rispetto all’idrogeno grigio, ossia ottenuto dalle fonti fossili. Il prezzo dipende ovviamente da diversi fattori, in primis il prezzo dell’energia impiegata, ma in linea generale tale gap (mettendo da parte la parentesi della crisi energetica 2022) non dovrebbe essere colmato a breve. Per lo meno con le attuali tecnologie. Ecco perché il comparto continua ad investire nell’innovazione, alla ricerca di una o più chiavi per raggiungere la piena competitività.

Gli ultimi progressi in materia appartengono a due studi differenti, condotti rispettivamente dal Korea Institute of Science and Technology (KIST) e dall’Helmholtz-Zentrum Berlin (HZB) con l’Università Tecnica di Berlino.

Rendere l’idrogeno economico con l’elettrolisi AEM

Gli scienziati del KIST ,guidati dal Dr. Yoo Sung Jong del Centro di ricerca sull’idrogeno e sulle celle a combustibile, hanno lavorato a livello di apparecchio. Per la precisione il gruppo è riuscito a ridurre significativamente il costo della produzione di idrogeno verde implementando un nuovo dispositivo di elettrolisi dell’acqua con membrana a scambio anionico (AEM). Di cosa si tratta? Di una tecnologia di scissione delle molecole d’acqua che impiega una membrana semipermeabile agli ioni idrossido. Il vantaggio principale dell’elettrolisi AEM è che non ha bisogno di catalizzatori a base di costosi metalli nobili. Di contro offre un’efficienza inferiore agli elettrolizzatori PEM e una vita più breve.

L’elemento clou della nuova ricerca è proprio il catalizzatore. Il team ha sintetizzato un materiale a doppio idrossido stratificato di nichel-ferro-cobalto su un supporto di carbonio idrofobo. Questo elemento accelera e facilita la reazione di evoluzione dell’ossigeno. I test prestazionali hanno mostrato che il nuovo supporto catalitico può raggiungere una densità di corrente di 10,29 A/cm2 e una lunga durata (550 ore). La ricerca è stata pubblicata su Energy & Environmental Science.

Idrogeno solare, più economico se aiuta l’industria chimica

Il lavoro condotto in Germania invece punta a rendere l’idrogeno verde economico tramite un approccio di integrazione settoriale. Lo studio ha indagato la possibilità di impiegare parte dell’idrogeno, prodotto direttamente da sole e acqua tramite fotoelettrolisi, per trasformare sostanze chimiche grezze derivate dalla biomassa in altre di alto valore per l’industria. Questo concetto di coproduzione si basa sulla flessibilità: lo stesso impianto può essere utilizzato per produrre sottoprodotti diversi a seconda delle necessità.

Nel dettaglio gli scienziati, guidati da Fatwa Abdi e Reinhard Schomäcker, hanno analizzato come cambia l’equilibrio quando parte dell’idrogeno solare reagisce con acido itaconico (IA) per formare acido metilsuccinico (MSA). Tutto all’interno dello stesso dispositivo. Il gruppo ha stimato che, se solo l’11% dell’idrogeno viene convertito in MSA, il costo del vettore potrebbe scendere a 1,5 euro al chilogrammo, ossia lo stesso costo dell’idrogeno grigio. E questo vale anche per un impianto di fotoelettrolisi con una vita utile di soli 5 anni.

E dal momento che il prezzo di mercato dell’MSA è significativamente più alto di quello dell’idrogeno, maggiore sarà la produzione dell’acido, maggiore sarà la redditività. Il lavoro è pubblicato sulla rivista Nature Communications.

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1 commento

  1. Vi riporto di seguito alcune mie considerazioni sull’argomento “idrogeno”. Sono considerazioni di carattere tecnico basate sull’esperienza che dovrebbero essere alla base di scelte di indirizzo generale e fondamentali per lo sviluppo della nostra società, ma assisto con stupore che ci si avvia “allegramente verso il disastro”.
    Mi chiedo perché l’ idrogeno cosiddetto “verde” viene definito tale quanto di verde ne ha ben poco: il suo potere climalterante è circa 12 volte quello della CO2. Il rimedio è 12 volte peggiore del male! A confronto la CO2 dovremmo chiamarla “giglio bianco”!
    Spero che Voi, se condividete le mie perplessità, sappiate farne l’uso per cercare di far rinsavire i nostri governanti.

    IDROGENO: SE LO CONOSCI LO EVITI
    In nome della transizione ecologica si sente parlare sempre più spesso dell’utilizzo dell’idrogeno nei campi più disparati e c’è una pubblicazione continua di articoli che santificano l’idrogeno come il “Deus ex machina” che salverà il mondo consentendo la tanto agognata decarbonizzazione.
    Mi chiedo se i politici siano stati correttamente informati sia sui pericoli connessi all’utilizzo dell’idrogeno sia all’aspetto energetico che non regge: ad oggi per ottenere 1Kg di idrogeno cosiddetto verde, occorrono 50 kWh di energia elettrica;
    con 50 kWh e con un’auto elettrica percorro 250-300 km senza il pericolo di saltare in aria; con un’auto a idrogeno fuel Cell con 1kg di idrogeno percorro circa 100 km !!
    L’idrogeno potrà essere utilizzato solo per quei processi in cui non c’è alternativa, data la sua pericolosità.
    L’idrogeno è conosciutissimo da tanti anni e ci sarà un motivo per cui in tutti questi anni nessuno si è “sognato” di utilizzarlo su larga scala.
    Tanto per cominciare, bisogna produrlo e spendere “tanta” energia elettrica che potrebbe essere trasportata e utilizzata tal quale e con una pericolosità nettamente inferiore; inoltre, essendo il gas più leggero in natura, è difficile e pericoloso comprimerlo e stoccarlo. Inoltre sfugge dai raccordi e dalle connessioni tra le varie apparecchiature. Un impianto nuovo senza perdite con collaudo positivo, dopo 6 mesi, per le vibrazioni, variazioni termiche climatiche perde gas idrogeno da tutte le parti.
    Infine l’idrogeno detona, non deflagra come la maggior parte dei combustibili; in caso di incidente, le conseguenze sarebbero ben più gravi dello scoppio di una bombola di GPL!
    Se penso che si cerca di utilizzarlo sui treni, sui bus, sui camion, sulle auto mi viene la pelle d’oca! Qualcuno ha mai eseguito ‘un’analisi del rischio” nel caso di un tamponamento tra auto o di un incidente in galleria di un mezzo ..treno alimentato a idrogeno?
    Si pensa persino di addizionarlo o sostituirlo al metano e portarlo nelle abitazioni per il riscaldamento domestico: ma vi immaginate una possibilissima fuga di gas che conseguenze potrebbero avere in termini di vite umane?
    Queste che ho espresso sono solo alcune perplessità rispetto alla complessità dei problemi che si riscontrano nell’uso dell’idrogeno: non per niente in tutti questi anni, chi poteva, evitava di ricorrere all’idrogeno.
    Un esempio è quello dell’individuazione delle micro perdite e dei difetti nei reattori industriali: se c’è un difetto anche di pochi micron, l’unico gas in grado di evidenziarlo era l’idrogeno. Negli anni, per evitare scoppi, si è preferito usare l’elio che ha un peso molecolare leggermente più alto, anche se molto più costoso.
    Ing.Luigi Scala

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