Verso la sostenibilità del patrimonio costruito: le comunità energetiche

Il percorso italiano verso la realizzazione delle prime comunità dell’energia: dalle norme europee ai progetti di ricerca

comunità energetiche
Via depositphotos.com

di Benedetta Pioppi, Cristina Piselli, Anna Laura Pisello – Dipartimento di Ingegneria, Università di Perugia

(Rinnovabili.it) – Le comunità energetiche rappresentano uno degli strumenti fondamentali nella lotta al cambiamento climatico, di cui il patrimonio costruito è uno dei maggiori responsabili. L’Unione Europea, protagonista di questa lotta nello scenario mondiale, si è impegnata a ridurre le proprie emissioni di gas climalteranti attuando politiche mirate di efficientamento energetico, di riduzione dei consumi e delle emissioni, di uso efficiente delle risorse e di mitigazione dell’impatto ambientale. In particolare, nel dicembre 2018 la commissione europea ha pubblicato il Clean Energy for all Europeans Package, un pacchetto di norme fondamentali per la realizzazione di un’economia climatica neutrale entro il 2050.

Queste norme coinvolgono 7 aree strategiche, tra le quali l’efficienza energetica e l’utilizzo di energia da fonti rinnovabili, e 8 Direttive Europee, tra cui la “Renewable Energy Directive (RED II)” 2018/2001/UE e la “Electricity Market Directive (EMD)” 2019/944/UE. Queste direttive introducono e disciplinano un nuovo sistema energetico, non più centralizzato e gerarchico, ma distribuito e collaborativo: le comunità energetiche e l’autoconsumo, in cui i cittadini assumono un ruolo attivo nel processo di decarbonizzazione del sistema energetico, agendo non più solo come consumatori ma anche come produttori e gestori di energia pulita, ovvero come prosumer. Con il termine comunità energetica si fa generalmente riferimento a un’entità giuridica costituita in maniera aperta e volontaria da membri o azionisti, quali persone fisiche, piccole medie imprese, autorità locali, ecc., allo scopo di fornire benefici ambientali, economici e sociali lungo la catena di valore dell’energia (dalla generazione alla distribuzione, fornitura, consumo, aggregazione, ecc.), piuttosto che trarre profitti finanziari. Tuttavia, a livello europeo esistono due differenti modelli formali di comunità energetica:

  • la Comunità Energetica di Cittadini (CEC) introdotta dalla Direttiva Europea EMD 2019/944/UE [3];
  • la Comunità Energetica Rinnovabile (CER) introdotta dalla Direttiva Europea RED II 2018/2001/UE [2].

Le differenze tra i due modelli di comunità energetica sono schematizzate di seguito

comunità energetiche di cittadini vs comunità energetiche rinnovabili
Principali differenze tra il modello di Comunità Energetica di Cittadini e quello di Comunità Energetica Rinnovabile secondo le Direttive Europee.

In diversi paesi Europei le comunità energetiche sono una realtà promettente e in via di sviluppo da tempo, come dimostrato anche dalle numerose iniziative sostenute nell’ambito del programma di finanziamento Horizon 2020 della Commissione Europea. Nonostante questo, l’Italia ha solo recentemente gettato basi concrete per l’implementazione delle CER e dell’Autoconsumo Collettivodi energia grazie all’approvazione del “Decreto Milleproroghe” (D.L. del 30 dicembre 2019, n.162), convertito nella Legge 28 febbraio 2020, n.8 che di fatto recepisce la Direttiva Europea RED II 2018/2001/UE.

Prima di questa svolta, infatti, in Italia non era possibile implementare alcuna condivisione energetica fra edifici residenziali monofamiliari non legati da una specifica entità giuridiche, come i condomini. Le comunità di produzione e autoconsumo di energia pulita erano quindi confinate alla gestione degli usi energetici “comuni” nei condomini. Questa è stata una grande barriera di tipo politico-normativo, ma anche tecnico, per l’implementazione del progetto europeo Horizon 2020 ZERO-PLUS, acronimo di “Achieving near Zero and Positive Energy Settlements in Europe using Advanced Energy Technology” (cioè “Realizzare quartieri ad energia quasi-zero e positiva in Europa usando tecnologie energetiche avanzate”), uno dei precursori delle comunità energetiche.

Il progetto, infatti, avviato nel 2015 e in via di conclusione, ha avuto l’obiettivo di sviluppare un sistema completo, modulare, integrato e competitivo dal punto di vista economico per quartieri ad energia netta zero o positiva in diversi paesi europei. Il sistema è stato realizzato e testato in quattro casi pilota in Europa, di cui uno in Italia, gestito dall’Università degli Studi di Perugia insieme all’impresa Contedil S.A.S., in cui non è stato possibile installare sistemi di generazione e gestione dell’energia comunitari, con un conseguente riduzione dei benefici in termini di efficienza energetica del sistema, a causa del contesto normativo vigente in quel momento. L’esperienza nel progetto ZERO-PLUS ha contribuito alla consapevolezza della necessità di un adeguamento normativo rispetto agli standard europei, fornendo un forte impulso all’inclusione delle comunità energetiche nel Decreto Milleproroghe.

L’art.42 del “Decreto Milleproroghe” coordinato con la Legge 8/2020 regola infatti finalmente la costituzione di Comunità di Energia Rinnovabile e schemi di Autoconsumo Collettivo, precisando che gli autoconsumatori di energia pulita che agiscono collettivamente (almeno due autoconsumatori) devono trovarsi nello stesso edificio o condominio per poter consumare, immagazzinare e vendere energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili, a differenza dei soggetti costituenti comunità energetiche rinnovabili, i quali possono essere persone fisiche, piccole medie imprese, enti territoriali, autorità locali che risiedono in edifici diversi che fanno capo alla stessa cabina di trasformazione MT/BT. Inoltre, gli autoconsumatori di energia rinnovabile diversi da nuclei familiari possono partecipare all’autoconsumo collettivo purché tale attività non costituisca la loro attività commerciale o professionale principale. La Legge 8/2020 consente, inoltre, di attivare schemi di Autoconsumo Collettivo e di costituire CER nel rispetto dei seguenti requisiti:

  • gli impianti di produzione da fonti rinnovabili non dovranno avere una potenza superiore ai 200 kW e dovranno essere entrati in esercizio dopo il 1 marzo 2020; 
  • la condivisione dell’energia prodotta con i membri di tali schemi dovrà avvenire attraverso la rete elettrica di distribuzione esistente, anche per il tramite di sistemi di accumulo;
  • nelle CER, gli impianti di produzione e i punti di prelievo dovranno essere connessi alla rete elettrica di bassa tensione, attraverso la medesima cabina MT/BT;
  • nelle CER, l’energia condivisa sarà pari al minimo, in ciascun periodo orario, tra l’energia elettrica prodotta e immessa in rete dagli impianti a fonti rinnovabili e l’energia elettrica prelevata dai clienti finali associati.

La legge disciplina inoltre i diritti e i doveri dei partecipanti ai due modelli di condivisione di energia rinnovabile, specificando che essi mantengono il proprio status di consumatori finali, liberi di scegliere il proprio fornitore di energia e obbligati a pagare gli oneri di rete e di sistema per l’energia prelevata. I rapporti tra i partecipanti/associati in una delle due configurazioni di condivisione dell’energia pulita vengono regolati tramite un contratto di diritto privato, il quale attribuisce una dignità giuridica ai modelli di condivisione dell’energia, stabilendo i diritti e i doveri dei partecipanti, le modalità di scambio e condivisione dell’energia e delineando un soggetto responsabile delegato dell’energia condivisa.

Tale soggetto potrebbe essere un consulente esterno, l’amministratore di condominio o il Gestore dei Servizi Energetici (GSE), il quale avrà un ruolo chiave nell’accesso alle forme di incentivazione previste per favorire l’implementazione dei due modelli di energy-sharing descritti. In questo panorama normativo, la pubblicazione della Delibera ARERA n.318/2020 e del Decreto del Ministero dello Sviluppo economico (MiSe), hanno ufficialmente inaugurato l’Era delle Energy Community. ARERA ha infatti stabilito i requisiti di accesso agli incentivi e i modelli di calcolo per la quantificazione degli stessi, erogati poi dal GSE agli autoconsumatori che agiscono collettivamente e ai membri delle comunità energetiche rinnovabili; mentre il MiSe ha stabilito le caratteristiche dell’incentivo e quindi il contributo tariffario erogato ai prosumers in funzione delle componenti di trasmissione e distribuzione dell’energia nella misura pari a 100 euro per ogni MWh di energia condivisa nel caso di autoconsumo collettivo e 110 euro per ogni MWh di energia condivisa all’interno di una comunità energetica. 

energy community
a) Confronto tra il sistema energetico di ieri e di domani, b) schema di comunità energetica

Nonostante i grandi passi avanti dell’ultimo periodo, ci sono ancora diverse barriere normative tecniche e culturali alla transizione energetica e sociale verso il radicamento delle comunità energetiche sia nei paesi “innovatori” che in quelli “ritardatari” come l’Italia. Allo scopo di favorire l’abbattimento di queste barriere, il progetto europeo Horizon 2020 NRG2peers, acronimo di “Towards a new generation of EU peer-to-peer Energy Communities facilitated by a gamified platform and empowered by user-centred energy trading mechanisms and business models” (cioè “Verso una nuova generazione di comunità energetiche europee tra pari agevolate da una piattaforma ludica e potenziate da meccanismi di scambio energetico e modelli di business incentrati sull’utente”), iniziato a settembre 2020, mira a guidare la transizione verso il modello di comunità energetica in Europa.

Il progetto, infatti, ha l’obiettivo di creare uno sportello informativo e di assistenza a livello europeo con dei presidi sul territorio (in Italia saranno a Perugia ed a Milano per ora) e una piattaforma di pseudo-gaming fra utenti finali e membri delle comunità di pari, a supporto della realizzabilità finanziaria, legale e tecnica e dell’accettazione sociale delle comunità energetiche residenziali verso la loro adozione in tutta Europa. Il progetto coinvolge quindi nove casi pilota, a partire da casi “innovatori” e pionieri delle comunità energetiche (Early Adopters) nei Paesi Bassi, per arrivare ai “ritardatari” (Late Majority and Laggards) fra cui, per i motivi precedentemente discussi, si inseriscono per ora i casi italiani, guidati dall’Università degli Studi di Perugia, dall’azienda Elettrica Valeri S.r.l. (divisione ricerca e sviluppo EValTech), dal Politecnico di Milano e dal Comune di Milano. Rimandiamo quindi a breve per un ulteriore approfondimento circa gli auspicati sviluppi italiani delle comunità energetiche, un grande potenziale da sfruttare tanto nelle aree urbane dense di condominii, quanto in quelle rurali e suburbane, fra edifici mono e bifamiliari, e anche non residenziali situati nelle immediate vicinanze.

Ringraziamenti

Gli autori ringraziano la Commissione europea per aver finanziato, mediante il programma Horizon 2020, il progetto ZERO-PLUS (G.A. 678407) ed il progetto NRG2peers (G.A. 890345). Le attività sulle comunità energetiche sono condotte dal laboratorio di Fisica tecnica (sezione Ambientale – www.eaplab.eu) del Dipartimento di Ingegneria dell’Università di Perugia, anche in collaborazione con l’azienda Valeri Elettrica srl (divisione EValTech ricerca e sviluppo www.evaltech.eu).

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1 commento

  1. Bellissimo articolo, tecnicamente ineccepibile, ma un po’socialmente monco. Una comunità è condivisione non solo di risorse ed obiettivi, ma soprattutto di valori e sostegno interno ai più deboli. Quindi se vogliamo ridurre la co2, non solo dobbiamo produrre insieme energia pulita, ma anche ridurne i consumi ( es eliminare tutti quei led accesi h24 inutilmente e fare sostituzioni con elementi meno energivori) e aiutare chi fa fatica a farlo. Parlare di comunità se poi non lo sono anche dal punto dei comportamenti virtuosi, forse è meglio utilizzare un altro termine, anche se così cita la legge. Per tutto il resto ribadisco la grande qualità e ricchezza di informazioni dell’articolo

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