Immagazzinare rinnovabili nei vecchi pozzi petroliferi

È l’idea del NREL che sta studiando come “riciclare” i pozzi di idrocarburi ormai esausti nella gestione della rete elettrica

Immagazzinare rinnovabili
Credits: NREL, Illustrazione di Al Hicks

Una nuova strategia per immagazzinare rinnovabili negli USA

(Rinnovabili.it) – L’accumulo energetico guarda sempre più alle potenzialità del sottosuolo. A rinforzare l’idea che sotto la superficie terrestre si nasconda la “banca ideale” dove immagazzinare rinnovabili è anche il National Renewable Energy Laboratory (NREL), del Dipartimento statunitense dell’Energia. Qui, infatti, i ricercatori Chad Augustine e David Young stanno studiando una nuova tecnologia che permetterebbe di impiegare i vecchi pozzi petroliferi nell’energy storage di rete.

Ribattezzato con il nome di REFRAES (REpurposed FRAcked wells for Energy Storage), il sistema ricalca in parte la stessa idea con cui è nato l’accumulo ad aria compressa, ma sceglie il gas naturale come vettore. E i pozzi fratturati idraulicamente ma ormai esausti o impoveriti, come luogo di stoccaggio. A questo livello, spiega Augustine, non è possibile impiegare l’aria compressa perché comporterebbe il rischio di esplosioni. Ma anche in assenza di incidenti l’aria si miscelerebbe a resti del gas naturale presente nel pozzo, rendendosi inutilizzabile una volta riportata in superficie.

Come funzionerebbe REFRAES?

La tecnologia si basa su un processo in quattro fasi. Nella prima, il gas viene iniettato nel giacimento a una pressione costante impiegando l’energia rinnovabile per comprimerlo. Il pozzo viene quindi chiuso in modo che il gas non possa fuoriuscire. Per poi essere nuovamente riportato in superficie, al momento del bisogno, per generare elettricità. Infine, c’è un periodo di recupero durante il quale il sito viene nuovamente chiuso.

“Vogliamo iniziare il programma con il gas naturale perché è facile e penso che le persone che possiedono i pozzi salirebbero a bordo molto più facilmente”, ha detto Young. “Alla fine, man mano che l’idea viene dimostrata, si può basare gradualmente a un gas diverso per far funzionare il sistema. La CO2 funzionerebbe. L’azoto funzionerebbe. Anche l’idrogeno”.

I ricercatori hanno calcolato che, a seconda della temperatura e della pressione del giacimento, l’uso del gas naturale compresso per produrre elettricità potrebbe generare da centinaia di kilowatt a quasi un megawatt di potenza, con un’efficienza variabile dal 40% al 70%. Il team ha anche stimato i costi del proprio sistema per immagazzinare rinnovabili: l’LCOS andrebbe dagli 80 a 270 dollari per megawattora.

Articolo precedenteCapacità rinnovabile mondiale, nel 2021 raggiunti i 3,1 TW
Articolo successivoSostenibilità: Millennial e Zoomer puntano alla mobilità green

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Leave the field below empty!