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Retrofit delle centrali a carbone, come trasformarle in batterie

Una nuovo studio analizza sotto il profilo tecnico-economico la conversione delle centrali a carbone in sistemi elettricità-calore-elettricità attraverso un mezzo di stoccaggio solido e un riscaldatore elettrico

Retrofit delle centrali a carbone
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Un letto di rocce e aria per il retrofit delle centrali a carbone

(Rinnovabili.it) – Come rendere gli impianti fossili parte attiva della transizione energetica anziché una zavorra? Per una parte della politica e del mondo scientifico la risposta alla domanda si trova nelle tecnologie di cattura e stoccaggio della CO2. Oggi però un nuovo studio approfondisce un’interessante alternativa al CCS, una soluzione definita “economicamente, ecologicamente e socialmente compatibile con la decarbonizzazione energetica”. Parliamo del processo di retrofit delle centrali a carbone studiato da un gruppo di scienziati della Università tecnica della Danimarca e dell’Istituto per la ricerca solare del Centro aerospaziale tedesco. Nell’articolo pubblicato sul Journal of Energy Storage (testo in inglese), la ricercatrice María Isabel Roldán Serrano e i suoi colleghi analizzano sotto il profilo tecnico-economico la conversione di una centrale termoelettrica cilena in un sistema “power-to-heat-to-power“. Letteralmente: da elettricità a calore a elettricità.

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Stoccaggio termico a letto impaccato

Lo studio offre un prezioso aiuto alla transizione energetica di quei paesi dove tuttora l’energia del carbone è più conveniente di quella eolica o fotovoltaica. E dove è impensabile da un punto di vista prettamente economico installare sistemi di cattura della CO2. Il lavoro del gruppo si è focalizzato sulla rimozione della tradizione camera combustiva per lasciare spazio ad  un riscaldatore elettrico e ad un sistema di stoccaggio termico “a letto impaccato” da 5,27 GWh che impiega rocce come mezzo di accumulo ed aria ambientale come fluido termovettore. Tale sistema – collegato a sua volta ad un generatore di vapore – conserva il calore fino a 650 °C. 

Nelle fasi di carica e scarica l’aria entra ed esce verticalmente dal letto roccioso attraverso dei ventilatori. Il resto dell’impianto rimane quello originale: il vapore viene indirizzato verso la turbina a gas collegata al generatore elettrico, mentre una torre di raffreddamento e un condensatore rispediscono indietro l’aria fredda.

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Visione innovativa ma rendimento ancora basso

Il retrofit delle centrali a carbone proposto dai ricercatori mostra un rendimento round-trip (round-trip efficiency) del 34,9% su 8 ore di scarica. E un costo livellato dell’energia elettrica (LCOE) di 88,09 euro/MWh. “Questo valore, scrivono gli scienziati, appare competitivo sia con le centrali convenzionali di ultima generazione sia con alternative come quelle alimentate con accumuli termici a sali fusi“.

Il lavoro, ci tiene a spiegare il team, è solo all’inizio. “Studi futuri dovrebbero tenere conto del fatto che una temperatura di ingresso del generatore di vapore più elevata non solo influisce sull’efficienza di andata e ritorno, ma potrebbe ridurre il CAPEX”, scrivono in conclusione dell’articolo. La ricerca “di “Retrofit of a coal-fired power plant with a rock bed thermal energy storage” di Serrano et Al. è resa disponibile con licenza CC BY 4.0 DEED.

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.