Celle solari: le nanoantenne invisibili non sprecano neanche un fotone

Arrivano dall’Università degli Studi di Milano – Bicocca, speciali nanoparticelle fluorescenti in grado di migliorare l’efficienza di raccolta dell’energia solare

celle solari
Fotografia digitale degli ePAF in dispersione. Irraggiati con un laser verde, è possibile
osservare la loro emissione blu ad energia superiore. Credit: Dipartimento di Scienza dei Materiali dell’Università degli Studi di Milano – Bicocca)

Per la prima volta un solido organico viene impiegato per l’upconversion dei fotoni nelle celle solari

(Rinnovabili.it) – Le celle solari hanno fatto passi da gigante negli anni: sono cresciute in efficienza e stabilità, abbassando progressivamente i costi e divenendo nel tempo una soluzione energetica fortemente competitiva. Tuttavia non esiste ancora una tecnologia fotovoltaica in grado di catturare tutta l’energia della luce e trasformarla in elettricità. Il problema? Il semiconduttore usato.

Basti pensare al silicio, materiale storico dei pannelli solari e ancora oggi il più diffuso tra quelli in commercio: questo semimetallo è capace di convertire fotoni con lunghezza d’onda in un intervallo preciso, tralasciando una parte consistente dello spettro solare .

La ricerca ha implementato diverse soluzioni al problema, come nel caso delle celle solari multigiunzione, in cui diversi semiconduttori sono impilati in sorta di struttura a sandwich ampliando la fetta di spettro solare sfruttabile. Ma anche nel migliore dei casi i dispositivi arrivano a raccogliere solo due terzi dei fotoni disponibili.

Un’altra strada percorribile è quella dell’Upconversion, processo che consente di assorbire due fotoni, non sufficientemente energetici e quindi “sprecati” dal semiconduttore, per avere l’emissione di un solo fotone ma più energetico.

Il meccanismo è alla base del lavoro svolto da un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Scienza dei Materiali dell’Università degli Studi di Milano – Bicocca. Il team, da Angelo Monguzzi, professore associato di Fisica Sperimentale della Materia, e da Angiolina Comotti, professore ordinario di Chimica Industriale, ha progettato e sviluppato un nuovo materiale per l’upconverion: le ePAF (emitting porous aromatic frameworks), nanoparticelle porose multicomponente fluorescenti.

Si tratta del primo esempio di materiale solido completamente organico usato a questo scopo e risulta costituito da un’antenna, che cattura l’energia all’interno della nanoparticella porosa, ed un convertitore/emettitore, che riceve l’energia dall’antenna per generare fotoni ad alta energia. Come spiega Mongussi nel sistema “le molecole convertitore sono artificialmente organizzate in un reticolo irregolare che permette il trasporto dell’energia assorbita e quindi la manipolazione della luce solare”.

Come riporta l’articolo, pubblicato su Advanced Materials (testo in inglese), le ePAF mostrano una resa in upconversion del fotone da verde a blu fino al 15%. “Il grande vantaggio di questo sistema – ha aggiunto Comotti – è la possibilità di sfruttare l’alto grado di porosità del reticolo per incorporare la quantità desiderata di molecola antenna controllando la composizione del materiale finale che regola l’efficienza del processo di conversione”.

>>Leggi anche Pannelli solari innovativi, energia e isolamento in una sola mossa<<

Articolo precedenteL’Innovation Summit Barcelona traccia la strada verso la sostenibilità
Articolo successivoAllarme rifiuti, Roma è solo la punta dell’iceberg

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Leave the field below empty!