Il provvedimento, nato per proteggere i consumatori europei dal greenwashing, è finito sotto il fuoco incrociato del PPE e dell'ECR e sarà ritirato

Direttiva Green Claims, tutto da rifare?
Sulla Direttiva Green Claims (letteralmente “dichiarazioni ambientali”) Bruxelles è pronta a fare marcia indietro. Secondo quanto rivelato oggi dai portavoce della Commissione europea, l’Esecutivo UE intende ritirare la proposta e i prossimi passi non sono chiari. “Non siamo, al momento, nella posizione di rivelarvi ulteriori informazioni. C’è l’intenzione di ritirare la proposta. Cercheremo di capire come portare avanti le cose e vi invitiamo a pazientare con noi”, ha affermato Stefan de Keersmaecker nel Q&A con la stampa.
Una decisione che lascia abbastanza sgomenti visti i due anni di iter legislativo e i lunghi negoziati, su cui erano riversati diversi ostacoli. E su cui oggi pesano anche le pressioni politiche del Partito Popolare Europeo (PPE) e del Gruppo dei Conservatori e dei Riformisti Europei (ECR).
Per capire quale sia il problema, ripercorriamo brevemente i primi passi della Direttiva Green Claims.
Cosa è la Direttiva Dichiarazioni Ambientali?
La Direttiva sulle Dichiarazioni Ambientali nasce con l’obiettivo di cambiare il modo in cui le aziende pubblicizzano i loro prodotti in termini ambientali, imponendo serie verifiche prima di consentire alle imprese di utilizzare termini come “biodegradabile”, “meno inquinante”, “a risparmio idrico” o “a base di materie prime biologiche”.
Perchè? Perché il greenwashing continua ad essere un problema. Secondo un’indagine dello stesso Esecutivo comunitario la strategia di usare falsi richiami green per aumentare l’appeal dei prodotti è fin troppo diffusa. Su 344 dichiarazioni ambientali aziendali analizzate, il 42% è risultato esagerato, falso o ingannevole, il 37% vago o troppo generico.
Direttiva contro il greenwashing, la proposta della Commissione
Il provvedimento era frutto del Green Deal Europeo. Nella comunicazione del 2019 sul Patto, la Commissione aveva annunciato misure volte a ridurre il rischio di false dichiarazioni ambientali, specificando, un anno dopo, che avrebbe presentato una proposta legislativa ad hoc.
Il testo è arrivato il 22 marzo 2023, definendo per la prima volta dei requisiti minimi per la fondatezza e la comunicazione delle dichiarazioni volontarie e dell’etichettatura ambientale nelle pratiche commerciali tra imprese e consumatori.
Cosa chiedeva la bozza? Che qualsiasi affermazione venisse valutata su prove scientifiche riconosciute e conoscenze tecniche all’avanguardia, attraverso una verifica ex ante (e indipendente) delle dichiarazioni. Distinguendo tra l’intero prodotto o parti di esso, per l’intero ciclo di vita o solo per determinate fasi.
La proposta aveva incluso anche disposizioni in materia di etichette e sistemi di etichettatura ambientale, introducendo anche in questo caso una procedura di convalida per i nuovi sistemi istituiti da operatori privati.
L’obiettivo era semplice: proteggere i consumatori da pubblicità ingannevole e ambigua, garantendo che le dichiarazioni ambientali fossero sempre supportate da prove concrete. Dal perimetro delle norme sarebbero state escluse solo le microimprese ma solo per un periodo di tempo limitato.
L’iter legislativo
Il provvedimento era quindi passato ai colegislatori. Il Parlamento europeo ha votato la sua posizione a marzo 2024, approvando un emendamento che prevedeva di basare i green claims sui sistemi di compensazione del carbonio.
Il Consiglio ha adottato il proprio orientamento generale tre mesi dopo. I ministri hanno concordato sulla possibilità di istituire nuovi sistemi ed esentare quelli regolamentati dalla legislazione nazionale o dell’UE dalla verifica di terze parti, a condizione che questi ultimi rispettino gli standard comunitari sia per quanto riguarda le procedure che gli standard.
Il riconoscimento da parte di un solo Stato membro sarebbe sufficiente per l’intero mercato UE. I Ventisette hanno anche aggiunto diverse misure di sostegno per assistere le PMI durante l’intera procedura. Tra queste, la fornitura di linee guida e strumenti e misure aggiuntive per ridurre gli oneri amministrativi per gli agricoltori.
L’ultimo passaggio? Il trilogo, i negoziati a tre con la Commissione dove Parlamento e Consiglio cercano di trovare una quadra sulle rispettive posizioni, per formulare un testo d’intesa.
I no di PPE ed ECR alla Direttiva Green Claims
I negoziati si sono rivelati complessi ma a spezzare definitivamente gli sforzi sarebbero state le opposizioni del PPE e del gruppo ECR. L’eurodeputata Danuše Nerudová (PPE), relatrice ombra per il Dossier Green Claims, ha pubblicato in questi giorni una lettera indirizzata alla Commissione in cui si chiedeva di ritirare la proposta. “La versione proposta è troppo complessa, costosa e priva di studi d’impatto”, ha commentato Nerudová.
Nel dettaglio è il processo di verifica ex ante a raccogliere le maggiori critiche. “L’introduzione di un requisito di pre-approvazione per le dichiarazioni ambientali non è un meccanismo standard nel mercato interno e non viene applicata in tutti i settori”, si legge nella missiva firmata dal PPE. “Questo approccio potrebbe creare un precedente difficilmente conciliabile con i nostri obiettivi più ampi di coerenza normativa, competitività e semplificazione amministrativa”.
Ultimi aggiornamenti
L’attacco alla Direttiva sulle Dichiarazioni Ambientali non arriva solo dal Parlamento Europeo. Secondo fonti interne al Consiglio dell’Unione, nel fine settimana anche l‘Italia avrebbe ritirato il mandato conferito alla presidenza polacca del per negoziare per suo conto. “L’Italia sostiene l’intenzione della Commissione di ritirare la proposta di Direttiva Green Claims”, hanno fatto sapere alcune fonti diplomatiche.
A poche ore dall’indiscrezione è anche arrivata la notizia dell’annullamento da parte del Consiglio dei colloqui con Parlamento previsti per lunedì 23 giugno. Anna Cavazzini (Verdi/ALE, DE), presidente della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori, e Antonio Decaro (S&D, IT), presidente della commissione per l’ambiente, il clima e la sicurezza alimentare, hanno commentato questa cancellazione dell’ultimo minuto:
“Meno di tre ore prima dell’inizio del trilogo finale, abbiamo appreso della riluttanza della Presidenza a impegnarsi nei negoziati con il Parlamento e la Commissione, a causa dei recenti annunci della Commissione e del cambiamento di posizione all’interno del Consiglio stesso. Questo modus operandi potrebbe creare un precedente pericoloso per il processo legislativo e le procedure istituzionali, portando a un confronto inutile ed evitabile tra i colegislatori. Non riteniamo giusto privare il Parlamento dell’opportunità di concludere i negoziati su una direttiva dopo due anni di processo legislativo e innumerevoli ore di lavoro”.