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Al via il più grande processo climatico della storia, anche l’Italia è alla sbarra

Sei giovani portoghesi si sono rivolti alla Corte europea dei diritti umani accusando le politiche in vigore in 32 stati europei di violare alcuni loro diritti fondamentali con un’azione troppo blanda contro la crisi climatica

Processo climatico più grande della storia: anche l’Italia alla sbarra
Foto di Tania Malréchauffé su Unsplash

La Corte potrebbe emettere una sentenza vincolante

(Rinnovabili.it) – Nonostante gli sforzi degli ultimi anni sotto l’impulso del Green Deal, l’Europa non ha affrontato in modo adeguato la crisi climatica. E così facendo ha violato i diritti umani degli europei. È questa l’accusa con cui si aprirà mercoledì 27 settembre il più grande processo climatico della storia. Davanti alla Corte europea dei diritti umani di Strasburgo si siederanno 6 giovani portoghesi (hanno da 11 a 24 anni) e 32 paesi europei, inclusa l’Italia.

Secondo i 6 giovani, le politiche sul clima attuali sono ancora inadeguate ad affrontare l’ampiezza della crisi climatica. Nelle carte preparate dagli avvocati che li rappresentano, infatti, si legge che nell’arco di vita dei querelanti le policy in vigore oggi farebbero aumentare la temperatura globale di ben 3 gradi rispetto all’epoca pre-industriale.

Un dato in linea con le stime elaborate lo scorso novembre da Climate Action Tracker. Secondo CAT, entro il 2100, con gli interventi previsti oggi, e assumendo sia che non vengano depotenziati in futuro, sia che abbiano effettivamente l’impatto stimato, il termometro globale dovrebbe salire di 2,7°C. Un dato che oscilla in una forchetta tra i +2,6 e i +2,9 gradi.

Cosa significa una vittoria in questo processo climatico?

A cosa può portare il processo climatico? Nel caso in cui la Corte di Strasburgo desse ragione su tutta la linea ai 6 giovani portoghesi, potrebbe emettere un parere legalmente vincolante per i 32 stati, obbligandoli a rafforzare non solo le ambizioni climatiche ma soprattutto le politiche effettivamente messe in campo. Emergerebbe così un punto di riferimento vincolante del quale, a cascata, anche gli altri contenziosi climatici in corso – come quello contro l’Italia, ribattezzato “Giudizio Universale” – potrebbero beneficiare.

A stabilirlo saranno 17 giudici, che dovranno valutare se le politiche nazionali sul clima dei 27 paesi UE più Regno Unito, Svizzera, Russia, Turchia e Norvegia stanno violando il diritto alla vita, alla privacy e alla vita famigliare dei 6 giovani, e se le misure oggi in campo rappresentano una forma di discriminazione.