Bioarchitettura: riscoprire gli intonaci naturali del passato

Naturali al 100%, traspiranti, battericidi, idrorepellenti ed eleganti, il Tadelakt ed il cocciopesto sono i due intonaci naturali oggi riscoperti dalla bioarchitettura e dall’autocostruzione.

 

(Rinnovabili.it) – La sempre maggiore tendenza verso un costruire responsabile, ha portato la bioarchitettura a riscoprire i segreti del passato per realizzare case più sane e più vivibili. Fanno parte di questo percorso due tipi di intonaci naturali impermeabili: il Tadelakt, di origine marocchina ed il cocciopesto, di origine romana.

 

Se oggi in commercio si trovano quasi esclusivamente intonaci premiscelati, già pronti per essere utilizzati semplicemente aggiungendo dell’acqua, ma ovviamente composti in buona parte da sostanze chimiche più o meno conosciute, la scelta di utilizzare intonaci naturali riporta l’attenzione verso le tecniche di auto-costruzione, oggi confinate ad una nicchia, ma con un passato degno di nota.

 

Per necessità o per volere, la recente situazione di crisi ci ha spinti verso una riscoperta di queste tecniche costruttive fai-da-te, essenzialmente basate sull’impiego di materiali naturali come la calce, il grassello, la sabbia o le terre e, dettaglio da non trascurare, sicuramente più economiche di tutti i prodotti definiti “eco” oggi presenti sul mercato.

 

 

L’intonaco marocchino tadelakt

 

Utilizzata in origine per impermeabilizzare le cisterne per la conservazione dell’acqua potabile o per i tipici ambienti come l’hammam o le fontane, caratterizzati da una forte umidità, le proprietà di impermeabilizzazione di questo intonaco naturale, sono paragonabili solo alle famose malte a base di cocciopesto dei  Romani.

L’unicità del Tadelakt sta nella sua composizione: un particolare tipo di calce debolmente idraulica, prodotta nelle vicinanze di Marrakech da artigiani berberi che si tramandano di generazione in generazione i segreti della selezione della materia prima e della cottura.

L’origine del termine Tadelakt deriva dall’arabo “dellek”, ovvero “impastare, schiacciare”, una chiara testimonianza di come, solo mediante una lavorazione accurata ed attenta della calce, si possa ottenere l’effetto estetico e la giusta impermeabilità richiesta all’intonaco. La calce infatti va impastata con acqua senza l’aggiunta di nessun altro materiale, per poi essere applicata in un unico strato, schiacciata, levigata e lucidata con pietre e l’ausilio di sapone nero, ottenendo così una superficie impermeabile, battericida e funghicida.

 

 

La sapienza degli antichi Romani: il cocciopesto

 

Famoso nell’antica Roma e proveniente dal sapere dei Fenici, il cocciopesto è ottenuto da un grassello puro di calce aerea addizionata con la polvere ottenuta dalla frantumazione dei coppi e dei laterizi.

In passato veniva utilizzato soprattutto per i bagni, acquedotti, cisterne, strade, pavimenti e terme, dove era maggiore la necessità di una superficie resistente all’acqua e idrorepellente. Allo stesso modo oggi il cocciopesto si presta benissimo al risanamento dei muri umidi, proprio grazie alle sue caratteristiche di traspirabilità e igroregolazione.

L’intonaco naturale a cocciopesto viene utilizzato ancora oggi da maestri artigiani che, attraverso le sue numerose colorazioni calde (dal giallo ocra al rosso chiaro a seconda del tipo di laterizio impiegato), hanno saputo valorizzarlo e renderlo adatto alle applicazioni di bioarchitettura.

 

 

Come apprendere la tecnica


Grazie all’Associazione Rete solare per l’autocostruzione, anche i meno esperti e non addetti ai lavori, possono oggi apprendere queste interessanti tecniche, trasformandole in un valido aiuto verso la realizzazione di una casa sana e naturale. Un ricco calendario di corsi e laboratori:

 

 

Articolo precedenteChernobyl: la petizione europea della memoria
Articolo successivoRinnovabili: l’Estonia ha superato nel 2011 l’obiettivo 2020