Ecco cos’è il G124: il rammendo delle periferie di Renzo Piano

L’architetto destina il suo stipendio da senatore a vita a G124, micro progetti di riqualificazione urbana. Questi gli interventi a Milano, Roma, Torino e Catania

Ecco cos’è il G124: il rammendo delle periferie di Renzo Piano

 

(Rinnovabili.it) – Quando nell’agosto 2013 l’ex Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nomina Renzo Piano senatore a vita insieme al maestro Claudio Abbado, al Nobel per la Fisica Carlo Rubbia e alla farmacologa Elena Cattaneo, l’architetto trasforma il suo studio a Palazzo Giustiniani in una “bottega” di architettura per scommettere sui giovani e sulle periferie. G124 è il nome che sceglie per questo gruppo di lavoro – G sta per Giustiniani, 1 per il piano dove si trova lo studio e 24 per il numero della stanza – composto da sei giovani architetti ai quali Piano destina il suo stipendio da senatore a vita. I progetti pensati dal G124 puntano sul “rammendo” delle periferie italiane attraverso piccoli progetti partecipati. Le aree di intervento sono quelle parti di città dove i piani regolatori non hanno funzionato, dove il rapporto tra servizi e persone si è rotto o non è mai esistito, in cui gli spazi dedicati alla socialità sono stati riempiti nel tempo da emarginazione e abbandono.

 

Parte da qui il lavoro del G124, dalle periferie, quelle che Renzo Piano chiama “le fabbriche dei desideri” e che lui conosce bene. Nato a Pegli, sobborgo di Genova vicino ai cantieri navali e alle acciaierie, Piano ha dedicato gran parte dei suoi progetti a zone marginali delle città. E lo sta facendo anche oggi con il progetto della sede della Columbia University ad Harlem, New York, con il nuovo Palazzo di giustizia nella banlieue nord di Parigi, Clichy-Batignolles, e con il polo ospedaliero di Sesto San Giovanni a Milano. Quello del rammendo non è un atteggiamento romantico, distaccato e parziale. È tutt’altro. Non si tratta di buttar giù il costruito e il costruito male, né di puntare sulle grandi opere. La sfida urbanistica è quella di trasformare gli spazi sospesi dove i servizi funzionano male e talvolta a rischio ghettizzazione, in periferie urbane dove si possa vivere meglio. Il rammendo si basa su piccole “scintille”, come le chiama l’architetto senatore Piano. Piazze, parchi, piccoli spazi che possono innescare la rigenerazione urbana e sociale.

 

Ecco cos’è il G124: il rammendo delle periferie di Renzo Piano

 

Il metodo del G124 è sempre lo stesso: si individuano aree deboli spesso a causa di opere incompiute e si elaborano progetti rigorosamente in sinergia con i residenti. Sono loro a sapere cosa non va nel quartiere. Ecco quindi i tavoli di progettazione partecipata. Valorizzando i luoghi storici, come un mercato rionale che rischiava di chiudere e dando ai residenti la possibilità di riviverlo come luogo di scambio e socialità. È quel che è successo a Giambellino Lorenteggio, quartiere della periferia sudest di Milano. L’ultimo intervento del G124 si è rivolto a questo quartiere costruito negli anni 30, in cui oggi, su 6 mila abitanti, il 40 per cento sono stranieri. Bisognava preservare il mercato che rischiava la chiusura, attirare i residenti ma anche gli esterni, anche per evitare fenomeni di ghettizzazione. Gli architetti hanno deciso di abbattere una parete del mercato e di costruire una pedana esterna, per metterlo in dialogo con la Biblioteca comunale, il Laboratorio di Quartiere e il Parco di via Odazio. Obiettivo: ricreare uno spazio comune pubblico e frequentato.

 

Il G124 opera facendo rete. Era accaduto anche a Torino, tra la primavera e l’estate 2014, a Borgo Vittoria. Quartiere figlio del boom economico, nato per le famiglie degli operai della Fiat, Borgo Vittoria è stato investito poi dall’immigrazione straniera. Oggi tra casi di micro criminalità e poca integrazione è un quartiere che soffre. Al centro del progetto c’è la scuola Cofasso. A riattivare lo spazio è stato il neo Parco senza nome. Un’area diventata polo di aggregazione grazie a piccoli interventi concordati con i residenti. Si tratta di percorsi ciclabili e della trasformazione di un parcheggio in area verde con orti coltivati dai ragazzi. Qui fondamentale è stato l’aiuto dell’associazione Plinto, un gruppo di giovani architetti, la cooperativa sociale Agridea e il parroco Don Angelo Zucchi direttore della scuola Cofasso. Il Parco senza nome è diventato uno spazio di scambio, sul muro si fanno esperimenti di street art.

 

Ecco cos’è il G124: il rammendo delle periferie di Renzo Piano

 

La scintilla romana è stato il Viadotto dei Presidenti, sogno incompiuto di quella “cura del ferro” che avrebbe dovuto collegare il quadrante nord est della Capitale: Fidene, Serpentara, Vigne Nuove e Porta di Roma. Di quella linea tranviaria progettata negli anni 90 e costruita a metà, rimangono oggi solo 1800 metri di cemento. Lo spazio da cui a partire nell’ottobre 2014 è stato Sotto il Viadotto, all’altezza di quella che sarebbe dovuta essere la stazione Serpentara. Così in attesa che quello spazio potesse essere trasformato in una lunga pista ciclabile, una sorta di High line romana, sulla falsa riga della passeggiata ciclo pedonale che sorge a New York, proprio sotto il viadotto è stata allestita una piazza attraverso il recupero di materiali di scarto e giochi per i più piccoli. Tante le iniziative: concerti, laboratori per bambini e un nuovo punto di incontro in quello che era uno spazio abbandonato.

 

A Catania, nel settembre 2014, si è cercato di rammendare lo strappo tra la città e il quartiere di Librino, sud ovest della città, sorto per rispondere alle esigenze di alloggi dopo l’espulsione dei residenti da San Berillo Vecchio. La storia di Librino somiglia a quella del Corviale a Roma, il Serpentone di Mario Fiorentino costruito negli anni 70. Un’utopia che si è trasformata in un chilometro di cemento in cui i servizi non hanno mai visto la luce, sostituiti da isolamento e una quotidianità fatta di scarsa manutenzione. Nel 1970, a Librino, l’architetto giapponese Kenzo Tange progettò una città ideale con servizi e spazi verdi. Il risultato fu invece un quartiere irrisolto. Casermoni, il cui simbolo è il Palazzo di cemento, dove le vite delle famiglie fanno i conti il degrado e il malessere sociale. A Librino vivono 80 mila persone e in cui il 55 per cento della popolazione ha meno di 33 anni. La scintilla del G124 viene individuata nelle realtà che da anni tentano di rivitalizzare il quartiere. Qui, infatti, operano associazioni come i volontari Briganti, che con il rugby cercano di togliere i più piccoli dalla malavita. Nel 2012, a San Teodoro di Librino, i Briganti hanno trasformato un terreno incolto in un campo da gioco. Il G124 ha contribuito alla realizzazione del polo di aggregazione con un progetto che si chiama BAL, Buone azioni per Librino. Non c’era l’esigenza di creare un senso di appartenenza, che c’è già, ma di fornire spazi dove riversarlo. Agli anziani sono stati dati gli orti, ai giovani spazi per giocare. Poi, la messa in sicurezza con un terrapieno, un nuovo percorso pedonale che collega la palestra all’Istituto Vitaliano Brancati, dove è sorto il più grande parco d’Italia attrezzato per praticare giochi di strada.

 

Sembra che il prossimo obiettivo del G124 sia Marghera, a Venezia. Micro progetti in grado di curare le periferie in un Paese apparentemente immobile. Piccoli interventi ed un’azione collettiva perché, come sostiene lo stesso Renzo Piano, “la bellezza salverà il mondo e lo salverà una persona alla volta”.

 

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4 Commenti

  1. Ottima l’iniziativa di Renzo Piano. G124 e la sua filosofia può espandersi e contaminare tutte le periferie urbane del Paese.
    Ogni periferia ha la sua storia e la sua realtà….degradata, incompiuta, inutile…spesso dannosa.
    Scrivo da Orbetello dove l’iconografia ufficiale la colloca sulla Costa d’Argento e sulle sponde di una laguna conosciutissima. Vi sono però luoghi abbandonati di elevatissimo pregio e che potrebbero essere, invece, un “volano” incredibile per la sua immagine e incredibilmente utile per sofferente economia: l’ex idroscalo e la ex Sitoco.
    Il primo un famoso aeroporto legato alle trasvolate atlantiche durante il ventennio e l’altro una fabbrica dismessa e carica di veleni.Spero che il concetto di progettazione partecipata veramente con le comunità locali possa svilupparsi e consolidarsi.

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