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Energia dallo spazio? Si può fare

Secondo l’International Academy of Astronautics, la raccolta della luce solare da satelliti in orbita geostazionaria potrebbe fornire un modo conveniente per soddisfare le esigenze energetiche mondiali in soli 30 anni

(Rinnovabili.it) – Gli Stati Uniti e il Giappone stanno studiando da tempo la possibilità di sfruttare le immense potenzialità solari dello spazio per una produzione energetica sostenibile. L’idea di lanciare uno o più satelliti in orbita geostazionaria sopra l’equatore, ognuno di diversi chilometri di lunghezza e in grado di raccogliere la luce 24 ore al giorno, è un’ipotesi entusiasmante sebbene non priva di criticità e critiche. Ma quello che a molti appare ancora il frutto di un’utopia difficilmente realizzabile, ha ora l’appoggio di una voce eminente del mondo accademico, quale l’International Academy of Astronautics. L’Istituto, infatti, tra il 2008 e il 2010 ha effettuato la prima valutazione internazionale dell’energia solare spaziale, di cui rende ora pubblici i risultati. Un gruppo di studio dell’Accademia ha affrontato la fattibilità tecnica del concetto, i mercati potenziali e le relative questioni politiche che comporterebbe il creare centrali fotovoltaiche orbitanti. E il verdetto è decisamente positivo.

Ora più che mai, sono necessarie nuove fonti di energia sostenibile su larga scala per soddisfare le esigenze globali pur rispettando le preoccupazioni ambientali. Nel corso degli ultimi 40 anni, vari studi nazionali sono stati effettuati sul concetto di energia solare spaziale – ad esempio, utilizzando satelliti a energia solare (SPS) per raccogliere la luce solare e la trasmissione wireless dell’elettricità prodotta alle stazioni sulla Terra”. Nel complesso, il gruppo di studio ha trovato che l’idea di sfruttare lo spazio sia“tecnicamente fattibile”. Secondo gli autori del documento, realizzare le prime e centrali spaziali sperimentali potrebbe essere questione di uno o due decenni basandosi su le tecnologie che si trovano attualmente in fase di laboratorio e tale progetto potrebbe raggiungere la redditività economica in 30 anni. Alla base ci dovrebbe essere un lavoro congiunto tra governi e settore privato in maniera tale da definire la vitalità economica del concept, agendo di concerto con le agenzie spaziali, le università e le organizzazioni non governative. Ovviamente rimangono diverse questioni irrisolte come la presenza dei detriti spaziali, la mancanza di studi di mercato mirati e i costi di sviluppo decisamente troppo elevati, ma per John Mankins, veterano NASA e autore dello studio, “almeno è un inizio”.

 

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