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Agricoltura rigenerativa, partire dal suolo tra sfide ambientali e necessità produttive

Di agricoltura rigenerativa si parla molto, ma ancora non esiste una regolamentazione ufficiale. Eppure va oltre il concetto di conservazione dell’ecosistema agricolo, punta a migliorarlo non solo in senso ambientale ma anche dal punto di vista della redditività economica. Può essere il modo per affrontare le sfide ambientali e creare sistemi agroalimentari sostenibili e resilienti superando le posizioni ideologiche

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Foto di Markus Spiske su Unsplash

Sfide ambientali e produzione di cibo

Il significato dell’agricoltura rigenerativa è racchiuso nella sua denominazione: rigenerare è generare di nuovo. Nello specifico dell’agricoltura vuol dire ripristinare e migliorare la salute degli ecosistemi agricoli in ogni singola parte, quindi il suolo, l’acqua, la biodiversità. Di agricoltura rigenerativa si parla molto, eppure non esiste ancora una regolamentazione ufficiale. Esistono però delle certificazioni e sono stati fissati i quattro elementi dell’agroecosistema su cui agire: il suolo, gli ecosistemi e la biodiversità, le relazioni tra gli esseri viventi, i saperi.

Nel 2023 è nata un’alleanza tra gli agricoltori di venti paesi europei (European Alliance for Regenerative Agriculture – EARA) per definire meglio gli obiettivi e agire a livello politico nell’UE. Può essere il modo per affrontare le sfide ambientali e creare sistemi agroalimentari sostenibili e resilienti. Già nel 2019 il Rapporto Climate Change and Land dell’IPCC riteneva che l’agricoltura rigenerativa potesse aumentare la resilienza degli agroecosistemi.

Non solo conservazione, ma miglioramento

Se le pratiche agricole convenzionali finiscono per esaurire la fertilità del suolo, inquinare le falde acquifere e compromettere la biodiversità, l’agricoltura rigenerativa si propone di ottenere i risultati opposti: lavorare il terreno il minimo indispensabile per creare un circolo virtuoso che migliora l’ambiente anziché degradarlo. L’agricoltura rigenerativa va oltre il concetto di conservazione dell’ecosistema agricolo, punta a migliorarlo non solo in senso ambientale ma anche dal punto di vista della redditività economica.

La cattura e lo stoccaggio del carbonio sono fondamentali anche per gli agricoltori: quando la disponibilità di carbonio organico va sotto l’1% si avvia il processo di desertificazione del suolo. Oggi il 70% dei suoli è impoverito. Le coltivazioni di copertura – grazie all’aratura – nutrono il terreno.  Insieme alla rotazione delle colture e alla gestione rigenerativa dell’allevamento possono contrastare l’effetto serra e favorire la produttività aziendale senza dover ricorrere all’uso di fertilizzanti.

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Tra ambiente e mercato

Alcuni studi affermano che con le tecniche rigenerative entro il 2050 si potrebbero dimezzare le emissioni in agricoltura. Sicuramente permettono di variare le scelte ovvero si adattano alle caratteristiche del terreno e alle colture, credono fortemente nell’innovazione tecnologica e, se necessario, nel ricorso oculato a prodotti per la difesa delle coltivazioni.

Potremmo dire che sono amiche dell’ambiente, ma vicine alle esigenze del mercato e in linea con le richieste di sicurezza dei consumatori. Inoltre, c’è un aspetto sociale che guida l’agricoltura rigenerativa, ovvero lo scambio di saperi, la rigenerazione delle comunità e dei territori.

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Agricoltura rigenerativa e produttività

Inizialmente la produttività dell’agricoltura rigenerativa potrebbe essere più bassa di quella convenzionale e questo è un problema perché il mercato esige una continuità. Tra i paletti green delle strategie europee e il mercato che spinge le pratiche intensive, l’agricoltura rigenerativa deve far quadrare il cerchio se non vuole rimanere all’angolo. Molti agricoltori trovano una soluzione nei biostimolanti, prodotti organici di nuova generazione che aiutano la produzione ma rendono possibile mantenere i parametri rigenerativi.

Resta il fatto che senza sostegni pubblici i conti non tornano, mentre la superficie agricola continua a diminuire a causa di cementificazione, erosione e desertificazione. Bisognerebbe trovare un compromesso tra la demonizzazione del settore primario e regole inapplicabili perché concepite a tavolino senza aver mai messo mani e piedi nella terra (che in fondo è uno dei motivi che guidano le proteste degli agricoltori europei). Quindi abbandonare posizioni ideologiche a favore di scelte improntate alla concretezza ma guidate dal rispetto dell’ambiente.