Rinnovabili • spreco alimentare

Ridurre lo spreco alimentare, strategia vincente per l’Africa

Un terzo del cibo prodotto nel mondo viene perso o sprecato. In Africa queste cifre sono incredibilmente alte e inaccettabili dove migliaia di persone muoiono letteralmente di fame. Perché non agire sullo spreco, anche in termini di economia circolare? Una prospettiva diversa che potrebbe riservare grandi sorprese

spreco alimentare
Foto di Hitti M da Pixabay

Lo spreco alimentare è un problema che in modo diverso riguarda tutto il mondo. Se a livello globale circa un terzo del cibo prodotto viene perso o sprecato, nell’Africa sub-sahariana si stima che si raggiunga circa il 37%, che corrisponde a una cifra variabile tra 120 e 170 chilogrammi l’anno a testa.

Spreco alimentare, terzo emettitore mondiale di CO2

Lo spreco non è solo alla fine della catena produttiva, quindi al consumo: significa che nella coltivazione si perdono acqua, energia, fertilizzanti, terra, oltre al lavoro svolto dagli agricoltori. Le perdite e gli sprechi negli ecosistemi fragili si accompagnano alla deforestazione e alla perdita di biodiversità e contribuiscono per l’8-10% alle emissioni annuali di gas serra.

Paragonando le emissioni dello spreco alimentare a una nazione, sarebbe il terzo principale emettitore mondiale di CO2 dopo la Cina e gli Stati Uniti.

Nella tanto discussa questione ambientale, aggravata dalla crescita di una popolazione mondiale da sfamare che nel 2050 raggiungerà i 10 miliardi di persone, c’è un paradosso: se si prestasse maggiore attenzione allo spreco alimentare – e quindi alla sua capacità di nutrire le persone con quello che non viene buttato – i terreni agricoli attualmente coltivati sarebbero sufficienti a sfamare tutti riducendo gli impatti ambientali.

Le cause dell’insufficienza alimentare

Il caso dell’Africa è emblematico. Nel 2020, in tutto il Continente, 100 milioni di persone hanno vissuto in stato di grave insufficienza alimentare dovuta a conflitti, eventi climatici estremi che hanno annientato i raccolti, effetti di shock economici preesistenti, prezzi delle materie prime alimentari in rialzo, effetti della pandemia.

Eppure nell’Africa sub-sahariana, nello stesso anno, si stima che dopo il raccolto si perdano circa 4 miliardi di dollari di cereali. Una cifra che supera il valore degli aiuti ricevuti negli ultimi dieci anni e addirittura equivale al valore delle importazioni annuali di cereali. Uno spreco inaccettabile dove migliaia di persone muoiono letteralmente di fame.

Ridurre lo spreco alimentare potrebbe rappresentare una strategia vincente per far sì che l’Africa raggiunga la sostenibilità alimentare. La dimensione del problema si è vista con maggiore chiarezza durante il lockdown, quando si sono interrotte le catene di approvvigionamento: i raccolti marcivano nelle aziende agricole e nelle città aumentavano le carenze alimentari.

Economia circolare nel sistema agroalimentare

La perdita si verifica quando il cibo non è più commestibile perché si verificano danni durante la produzione, nella catena di approvvigionamento o nello stoccaggio.

Lo spreco alimentare è invece il cibo che non viene consumato perché viene scartato. Potrebbe derivare da negligenza o da un guasto del sistema, da una scarsa pianificazione dei pasti a uno scarso controllo delle porzioni.

Come misurare spreco e perdita? Con il FLW Standard sviluppato da Food Loss and Waste Protocol, un sistema che individua i punti critici della catena del valore.

Anche nel sistema agroalimentare è possibile adottare pratiche di economia circolare: è andare oltre la riduzione dello spreco, creando posti di lavoro, aumentando il valore dei prodotti locali e quindi rivitalizzando le aziende locali e proteggendo la biodiversità.

IKEA Foundation, ad esempio, ha finanziato un progetto per trasformare i sistemi alimentari in Ruanda e avviarli alla circolarità, che rappresenta anche un’opportunità per nuovi modelli di business con cui affrontare la sfida della perdita e dello spreco alimentare.

Come agire in concreto?

Vediamo qualche esempio concreto. Ad esempio diminuire l’uso di fertilizzanti a base di fosforo, altamente inquinanti ma non altrettanto utili in termini di resa.

Con il ciclo naturale dei nutrienti le piante assorbono i nutrienti nel terreno e poi li restituiscono quando si decompongono. Il sistema potrebbe essere integrato con il compostaggio della biomassa vegetale, compresi i rifiuti di cucina: un sistema economico e di facile impiego nelle piccole aziende agricole.

Le acque reflue di alcune industrie possono essere trattate e riutilizzate per l’irrigazione. Un esperimento fatto con successo in Namibia dove una società tratta le acque reflue industriali per irrigare le piantagioni.

L’allevamento industriale di insetti può convertire tonnellate di rifiuti alimentari in prodotti per uso umano, mangimi per animali, fertilizzanti e composti industriali secondari, come biocarburanti, lubrificanti, prodotti farmaceutici e coloranti.

Mancanza di infrastrutture e basso tasso di innovazione

La mancanza di infrastrutture è un grande impedimento per la prevenzione delle perdite: mancano strutture di trasporto e stoccaggio efficaci a causa dello scarso accesso all’energia per alimentare le celle frigorifere, mancano strade e reti ferroviarie.

Mancano le innovazioni che potrebbero intervenire nella gestione delle perdite post-raccolto: i sacchetti ermetici per la conservazione del grano o le celle frigorifere per alimenti deperibili.

L’Obiettivo 12.3 dell’Agenda Onu (Garantire modelli sostenibili di produzione e consumo – Cibo) è lontano, ma si potrebbe raggiungere se la collaborazione di tutti gli attori e il sostegno dei governi portassero a un cambiamento strutturale.

About Author / La Redazione

Rinnovabili • Batterie al sodio allo stato solido

Batterie al sodio allo stato solido, verso la produzione di massa

Grazie ad un nuovo processo sintetico è stato creato un elettrolita di solfuro solido dotato della più alta conduttività per gli ioni di sodio più alta mai registrata. Circa 10 volte superiore a quella richiesta per l'uso pratico

Batterie al sodio allo stato solido
via Depositphotos

Batterie al Sodio allo Stato Solido più facili da Produrre

La batterie allo stato solido incarnano a tutti gli effetti il nuovo mega trend dell’accumulo elettrochimico. E mentre diverse aziende automobilistiche tentano di applicare questa tecnologia agli ioni di litio, c’è chi sta percorrendo strade parallele. É il caso di alcuni ingegneri dell’Università Metropolitana di Osaka, in Giappone. Qui i professori Osaka Atsushi Sakuda e Akitoshi Hayash hanno guidato un gruppo di ricerca nella realizzazione di batterie al sodio allo stato solido attraverso un innovativo processo di sintesi.

Batterie a Ioni Sodio, nuova Frontiera dell’Accumulo

Le batterie al sodio (conosciute erroneamente anche come batterie al sale) hanno conquistato negli ultimi anni parecchia attenzione da parte del mondo scientifico e industriale. L’abbondanza e la facilità di reperimento di questo metallo alcalino ne fanno un concorrente di primo livello dei confronti del litio. Inoltre l’impegno costante sul fronte delle prestazioni sta portando al superamento di alcuni svantaggi intrinseci, come la minore capacità. L’ultimo traguardo raggiunto in questo campo appartiene ad una ricerca cinese che ha realizzato un unità senza anodo con una densità di energia superiore ai 200 Wh/kg.

Integrare questa tecnologia con l’impiego di elettroliti solidi potrebbe teoricamente dare un’ulteriore boost alla densità energetica e migliorare i cicli di carica-scarica (nota dolente per le tradizionali batterie agli ioni di sodio). Quale elettrolita impiegare in questo caso? Quelli di solfuro rappresentano una scelta interessante grazie alla loro elevata conduttività ionica e lavorabilità. Peccato che la sintesi degli elettroliti solforati non sia così semplice e controllabile. Il che si traduce in un’elevata barriera per la produzione commerciale delle batterie al sodio allo stato solido.

Un Flusso di Polisolfuro reattivo

É qui che si inserisce il lavoro del team di Sakuda a Hayash. Gli ingegneri hanno messo a punto un processo sintetico che impiega sali fusi di polisolfuro reattivo per sviluppare elettroliti solidi solforati. Nel dettaglio utilizzando il flusso di polisolfuro Na2Sx come reagente stechiometrico, i ricercatori hanno sintetizzato due elettroliti di solfuri di sodio dalle caratteristiche distintive, uno dotato della conduttività degli ioni di sodio più alta al mondo (circa 10 volte superiore a quella richiesta per l’uso pratico) e uno vetroso con elevata resistenza alla riduzione.

Questo processo è utile per la produzione di quasi tutti i materiali solforati contenenti sodio, compresi elettroliti solidi e materiali attivi per elettrodi“, ha affermato il professor Sakuda. “Inoltre, rispetto ai metodi convenzionali, rende più semplice ottenere composti che mostrano prestazioni più elevate, quindi crediamo che diventerà una metodologia mainstream per il futuro sviluppo di materiali per batterie al sodio completamente allo stato solido“.  I risultati sono stati pubblicati su Energy Storage Materials and Inorganic Chemistry .

Rinnovabili •
About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
via Depositphotos

Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

leggi anche Fotovoltaico in perovskite, i punti quantici raggiungono un’efficienza record

L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

Rinnovabili •
About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.