Biodiversità, il 45% delle piante che fioriscono è a rischio estinzione

Più è recente la scoperta e la classificazione di una specie di pianta o di fungo, più è alta la probabilità che sia a rischio estinzione. Un rischio che lo studio attribuisce al 77% delle 19.000 specie scoperte dal 2020 a oggi

Biodiversità: il 45% delle piante che fioriscono è a rischio estinzione
Foto di Mister Starman su Unsplash

Pubblicato il rapporto State of the World’s Plant and Fungi dei Kew Gardens

(Rinnovabili.it) – Quasi metà delle specie note di piante che fioriscono (il 45%) è a rischio estinzione. Un rischio che riguarda più di ¾ delle 19.000 specie di piante e funghi che sono state scoperte e classificate dal 2020 a oggi. E rappresenta una minaccia per la biodiversità globale e per l’uomo. Lo afferma il rapporto State of the World’s Plants and Fungi curato dal Kew Gardens londinese e basato sugli studi prodotti da oltre 200 scienziati da 30 paesi.

Per arrivare a una stima del rischio di estinzione, la nuova ricerca degli scienziati del Kew Gardens, che aggiorna la precedente del 2020, ha incrociato i dati della Lista di controllo mondiale delle piante vascolari e della Lista rossa delle specie minacciate dell’Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN).

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Dal rapporto emerge un dato importante per la tutela della biodiversità: esiste una relazione tra quando una specie viene scoperta e il suo essere o meno a rischio estinzione. Quest’ultimo aumenta più la scoperta è recente. Espandere la conoscenza del mondo vegetale e dei funghi è quindi cruciale per supportare le azioni di conservazione. Tanto più che, secondo il rapporto, il 90% delle specie di funghi esistenti deve ancora essere classificato e che probabilmente ¾ delle specie di piante ancora sconosciute è già oggi a rischio. Ogni perdita di specie ha un impatto anche sull’uomo. Al di là dei cambiamenti a livello di ecosistemi e servizi forniti da quella specie, va considerata anche l’importanza dello studio di piante e funghi per trovare nuove cure e medicine.

I maggiori fattori dietro una potenziale perdita di biodiversità di questa portata sono la perdita di habitat e i cambiamenti nell’uso del suolo, in gran parte riconducibili all’azione umana. Secondo lo studio, il tasso di estinzione oggi è 500 volte più veloce rispetto a prima che l’influenza dell’uomo avesse un impatto significativo. E se oggi la crisi climatica gioca ancora un ruolo di secondo piano, in futuro la sua rilevanza è destinata a crescere.  

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Sono più a rischio le specie endemiche, quelle cioè che sono diffuse in un solo paese o regione. Dato che mette sotto i riflettori un pugno di paesi: il 55% degli endemismi conosciuti è concentrato in appena 10 paesi, con Cina, Brasile e Australia in testa. Il rapporto ha inoltre identificato più di 30 “darkspot” globali (punti ciechi) in paesi ricchi di fauna selvatica che i botanici non hanno ancora esplorato e mappato. Molte di essi si trovano nell’Asia tropicale, tra cui la Nuova Guinea e il Vietnam.

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