Rinnovabili • qualità dell'aria

Mobilità e qualità dell’aria in Italia: quali progressi e sviluppi futuri?

La qualità dell’aria è migliorata negli ultimi 15 anni nelle 14 città metropolitane ma non a sufficienza per far sì che le concentrazioni siano al di sotto dei limiti imposti dalla normativa vigente. Occorre fare di più anche nel settore trasporti in vista degli obiettivi UE, per allinearli più strettamente alle raccomandazioni dell'OMS

Contenuto realizzato nell’ambito del progetto CNR 4 Elements

qualità dell'aria
via depositphotos.com

di Laura Tomassetti e Francesco Petracchini

La qualità dell’aria che respiriamo è frutto delle attività antropiche che quotidianamente vengono svolte nel nostro territorio. Il trasporto su strada è uno dei principali contributi al rilascio di inquinanti in atmosfera: nel 2018 il contribuito del settore trasporti alle emissioni complessive su base europea è stato circa il 71% (EEA).

Il 2020, a causa del severo lockdown legato alla pandemia da COVID19, ha permesso di comprendere come la mobilità influenzi la qualità dell’aria nei contesti urbani delle nostre città. Infatti, durante questo periodo si sono riscontrate riduzioni marcate delle concentrazioni del biossido di azoto; ad esempio fino al 70% nelle stazioni di traffico della città di Roma e in modo meno marcato fino al 27% nelle stazioni di traffico per il PM10 sempre nella città di Roma. 

Tali riduzioni sono tuttavia contingentate nel tempo e chiaramente non caratteristiche dei trend della qualità dell’aria degli ultimi 15 anni. Dai vari rapporti Mobilitaria (studio che annualmente analizza la qualità dell’aria e le politiche di mobilità nelle 14 città metropolitane italiane, elaborato dal CNR-IIA in collaborazione con il gruppo Mobilità di Kyoto club) emerge che negli anni la qualità dell’aria è migliorata nelle 14 città metropolitane ma non in modo tale che le concentrazioni di alcuni inquinanti rimangano al sotto dei limiti imposti dalla normativa vigente (Decreto Legislativo 155/2010 e ss.mm.ii). 

Facendo riferimento ad esempio al 2019, ben 4 su 14 città registrano una concentrazione media annuale maggiore al limite; se invece si considerano le concentrazioni medie registrate nelle stazioni di traffico, le città salgono a ben 8.

Sempre al 2019, rimane ancora critico il numero di superamenti del limite giornaliero per il particolato (PM10), infatti ben 5 città superano il limite di 50 µg/m3 dei 35 superamenti giornalieri consentiti.

Figura 1 Numero di città che superano i limiti imposti della normativa per i diversi inquinanti e tipologie di stazione di monitoraggio (confronto 2006-2019)

Se esaminiamo nel dettaglio i dati di qualità dell’aria e le politiche di mobilità di due tra le città più popolose e grandi d’ Italia, Milano e Roma, osserviamo strategie differenti ma comuni criticità.

Milano è una città nella quale le Amministrazioni nel corso degli anni hanno investito in modo innovativo sulla mobilità sostenibile. Infatti si possono citare fra le varie iniziative: il sistema di accesso a pagamento di Area C, gli investimenti per le reti e i servizi del trasporto pubblico, le quattro linee metropolitane e la quinta in costruzione, la crescita dell’uso della bicicletta e del bike sharing, l’avvio del car sharing nel 2013 e l’espansione delle aree pedonali. Tale approccio innovativo al tema mobilità è proseguito poi nel 2018 con l’approvazione del Piano Urbano della Mobilità Sostenibile (PUMS), che ha previsto, ad esempio, di sostituire tutta la flotta del trasporto pubblico in elettrico entro il 2030.

Nonostante i grandi investimenti nel trasporto urbano tuttavia permangono in città seri problemi riguardanti la qualità dell’aria. Infatti, le concentrazioni medie di NO2 nelle stazioni della città, risultano superiori al limite normativo dei 40 µg/m3, mentre le stazioni di fondo hanno raggiunto valori inferiori solo a partire dal 2017. Nonostante la concentrazione media annua di PM10 rilevata nelle stazioni di monitoraggio siano inferiori ai limiti in vigore, il numero di giorni in cui si registrano valori maggiori al limite giornaliero sono ben oltre i 35 consentiti: nel 2020 sono stati ben 90. 

Passando a Roma e alle varie Amministrazioni che hanno guidato la città nel decennio 2006-2016 possiamo con sicurezza affermare che queste non hanno dato un significativo impulso alla mobilità sostenibile. Si rileva nel periodo un ampliamento di alcune Zone a Traffico Limitato e di Aree Pedonali, un lieve incremento (4%) delle piste ciclabili, una positiva riduzione del 13% dell’indice di motorizzazione (che resta comunque elevato con 612 veicoli ogni 1000 abitanti e un forte uso dell’auto).  Riguardo il trasporto pubblico nel 2018 è stata inaugurata parte della Linea C fino a San Giovanni, è entrato in vigore il nuovo progetto della linea Tramviaria Termini Giardinetti e nel 2019 è stato attivato il nuovo Regolamento BUS. È stato inoltre adottato il PUMS nel 2019 che ha come primario obiettivo potenziare le reti e le infrastrutture del Trasporto Pubblico su gomma e ferro, e mira inoltre a favorire la sharing mobility e migliorare la mobilità ciclistica e pedonale; per quanto riguarda la flotta bus, mira entro il 2030 ad avere l’80% di flotta ibrida, a metano ed elettrica. 

Tali impegni saranno importanti per il futuro della città e per il miglioramento della qualità dell’aria che ancora ad oggi riporta criticità sui livelli di inquinamento. Infatti la concentrazione media di NO2 della città, e la media delle concentrazioni delle stazioni di traffico sono state superiori al limite normativo annuale dei 40 µg/m3 fino al 2019, (nel 2020, a causa del lockdown le concentrazioni medie registrate sono state invece inferiori). Diversamente, le concentrazioni annuali di PM10 sono inferiori ai limiti per tutte le tipologie di stazione, ma come per Milano i superamenti giornalieri sono maggiori dei 35 consentiti, in particolar modo nell’ultimo anno con 46 superamenti. 

Il miglioramento della qualità dell’aria in ambito urbano dovrà essere concretizzato anche alla luce degli ambiziosi obiettivi che l’UE si è posta, sia nell’ambito del New Green Deal sia riguardo proprio la revisione degli standard di qualità dell’aria per il 2022, per allinearli più strettamente alle raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).

Recentemente proprio l’OMS ha rivisto gli standard di qualità dell’aria (Global Air Quality Guidelines 2021) per la tutela della salute umana, riducendo notevolmente i valori guida già indicati nella precedente Linea Guida del 2005. Se si volessero rispettare tali raccomandazioni molte altre stazioni di monitoraggio avrebbero valori superiori. 

Le città devono pertanto cambiare paradigma riguardo la mobilità, ripensare spazio e fruizione dello stesso per essere maggiormente più a misura d’ uomo e in linea con gli obiettivi programmatici. Questo concretamente si traduce nell’ incremento di spazi pubblici all’aperto, come gli spazi verdi, nell’aumento dell’offerta per la mobilità dolce, nella crescita della quota di veicoli puliti a zero emissioni e a bassissime emissioni nonché nell’aumento dell’efficienza del sistema di trasporto pubblico.

Tra le iniziative che contribuiscono e stanno trovando applicazione in alcune città virtuose possiamo citare l’incoraggiamento dell’utilizzo di veicoli alternativi a basse emissioni, la facilitazione dei viaggi attivi (in bicicletta e a piedi), dei trasporti pubblici e i sistemi di condivisione di biciclette e auto.

La sfida dovrà essere affrontata dalle autorità locali mediante l’attuazione di strumenti pianificatori a medio termine, come ad esempio l’adozione di PUMS e PAESC (Piano d’Azione per l’Energia Sostenibile e il Clima che si prefiggano obiettivi ambiziosi in linea con il Green Deal Europeo. Così, il settore della mobilità potrà davvero contribuire al raggiungimento della riduzione delle emissioni del 55% entro il 2030 e entro il 2050 diventare ad impatto climatico zero e ridurre l’inquinamento.

Un altro strumento programmatico da cui ci si attende un importante impatto sulla gestione della qualità dell’aria a livello nazionale è il PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza); programma di investimenti che l’Italia dovrà attuare nei prossimi 6 anni. In particolare, la Riforma 3.1 indicata nel PNRR nell’ambito della Missione 2 è relativa all’ Adozione di programmi nazionali di controllo dell’inquinamento atmosferico. Questa riforma mira ad allineare la legislazione nazionale e regionale, e ad introdurre le relative misure di accompagnamento per la riduzione delle emissioni degli inquinanti atmosferici (in conformità con gli obiettivi fissati dalla Direttiva 2016/2284 sui limiti nazionali di emissione) e di gas clima alteranti.

La speranza è che tale strumento finanziario costituirà una strategia carica di innovazione ed efficace per la svolta verso la mobilità urbana sostenibile e la decarbonizzazione dei trasporti. 

di Laura Tomassetti e Francesco PetracchiniCNR-IIA

Rinnovabili •
About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • filiere delle rinnovabili

Decreto FERX, gli stakeholder chiedono più chiarezza e trasparenza

Il Ministero dell'Ambiente pubblica gli esiti della consultazione pubblica sul Decreto Ministeriale FER X, chiusa lo scorso settembre. Dai 46 soggetti partecipanti emerge l'esigenza di conoscere per tempo tutte le informazioni utili alla programmazione degli investimenti nelle rinnovabili. Chiesti chiarimenti sul processo autorizzativo e sulle tempistiche

decreto ferx
Foto di Rabih Shasha su Unsplash

Decreto FERX, nuovi spunti di riflessione

Servono maggiori informazioni sui coefficienti sul prezzo d’aggiudicazione, sui criteri di priorità, sulla documentazione per l’accesso al meccanismo e sulle tipologie di interventi ammessi. In particolare quando si tratta di progetti di “rifacimento” e “potenziamento”. Queste alcune delle principali richieste emerse dalla consultazione pubblica sul Decreto FERX. La scorsa estate il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica aveva pubblicato lo schema del provvedimento per una raccolta di pareri da parte degli stakeholder, con l’obiettivo di condividerne le logiche. Oggi il MASE rende noti gli esiti di tale consultazione puntando i riflettori sugli spunti e le richieste emerse da parte dei 46 soggetti partecipanti. 

Gli esiti della consultazione pubblica

Ricordiamo che il Decreto FERX nasce con lo scopo di definire un meccanismo di supporto espressamente dedicato ad impianti a fonti rinnovabili con costi di generazione vicini alla competitività. Come? Tramite contratti CfD a valere sull’energia elettrica prodotta dagli impianti. Con un accesso diretto per quelli di taglia inferiore al MW, e tramite aste al ribasso per quelli di taglia uguale o superiore al MW. Ed è proprio su queste due modalità che arrivano le prime considerazioni.

Per la maggior parte dei soggetti che hanno risposto alla consultazione, il contingente di 5 GW per gli impianti FER ad accesso diretto non sarebbe sufficiente, soprattutto vista la grande attenzione che stanno ricevendo al livello di investimento i sistemi di piccola taglia.

Per quanto riguarda l’accesso tramite asta, invece, il parere generale condivide i contingenti individuati, che secondo l’ultima bozza pubblicata oggi sarebbero: per il fotovoltaico 45 GW; per l’eolico di 16,5 GW; per l’idroelettrico di 630 MW; per i gas residuati 20 MW. “Tuttavia – si legge nel documento del MASE – congiuntamente alla risposta positiva sono state proposte diverse modifiche (aumento di uno specifico contingente, creazione di nuovo contingente, meccanismi di riallocazione della potenza non assegnata, ridefinizione dei contingenti al fine di favorire lo sviluppo dei PPA, etc.)”. Tra gli spunti emersi c’è la proposta di contingenti separati tra il fotovoltaico a terra e sul tetto.

Proposti nuovi requisiti di accesso e tempistiche

In tema requisiti d’accesso, alcuni soggetti chiedono l’incremento della soglia di potenza per l’accesso diretto, l’aggiunta dei criteri ESG, la reintroduzione del requisito specifico che attesti la capacità finanziaria ed economica di chi partecipa al meccanismo del Decreto FERX.

Con riferimento ai tempi massimi individuati per la realizzazione degli interventi, la consultazione ha evidenziato un forte distaccamento con le aspettative degli operatori. Per quanto detto diversi soggetti propongono per una o più fonti l’innalzamento dei tempi previsti, chiedendo di tenere in considerazione parametri quali, la potenza e/o la tipologia d’intervento, l’ottenimento dei titoli autorizzativi, i tempi di realizzazione della connessione e quelli dovuti agli approvvigionamenti, che sottolineano, potrebbero oltretutto determinare un aumento dei costi, visto anche i meccanismi incentivanti”, si legge ancora nel documento.

Per i tempi di comunicazione della data d’entrata in esercizio dell’impianto, emerge nel complesso l’esigenza di un prolungamento, aggiungendo da più 60 giorni a 12 mesi. Viene anche evidenziata una certa contrarietà all’obbligo per gli operatori di impianti rinnovabili non programmabili che stipula un contratto CfD ad abilitarsi alla fornitura dei servizi di dispacciamento.

About Author / La Redazione

Rinnovabili • batteria ibrida al sodio

Dalla Corea la batteria ibrida al sodio che si ricarica in pochi secondi

Un gruppo di scienziati del KAIST ha sviluppato una batteria a ioni di sodio ad alta energia, ad alta potenza e di lunga durata

batteria ibrida al sodio
Foto di danilo.alvesd su Unsplash

Quando le batteria a ioni sodio incontrato i supercondensatori a ioni sodio

Arriva dalla Corea del Sud la prima batteria ibrida al sodio in grado di battere la tecnologia a ioni di litio a mani basse. Con ottime prestazioni lato di capacità di accumulo, potenza, velocità di carica e durata, come dimostra l’articolo pubblicato sulla rivista scientifica Energy Storage Materials (testo in inglese).

Nel 2020 le batterie a ioni sodio (Na+) hanno raggiunto prestazioni comparabili a quelle degli ioni di litio in termini di capacità e durata del ciclo in condizioni di laboratorio. Da allora il segmento ha continuato a macinare grandi progressi, spinto dall’esigenza globale di trovare una tecnologia di accumulo più economica delle ricaricabili al litio e meno dipendente dalle attuali catene di approvvigionamento dei materiali critici. L’ultimo grande risultato nel campo è quello segnato da un gruppo di scienziati del KAIST, il Korea Advanced Institute of Science and Technology.

leggi anche Batterie al sodio allo stato solido, verso la produzione di massa

Il team guidato dal professor Jeung Ku Kang del Dipartimento di Scienza e Ingegneria dei Materiali ha messo a punto una batteria ibrida agli ioni di sodio dalle prestazioni eccellenti e in grado di ricaricarsi in pochi secondi. Il segreto? Un’architettura che integra materiali anodici propri delle batterie con catodi adatti ai supercondensatori.

Batteria ibrida al sodio, prestazioni record

In realtà non si tratta di un approccio nuovo. Gli stoccaggi ibridi con Na+ sono emersi negli ultimi anni come una promettente applicazione nel campo dell’energy storage in grado di superare i punti deboli degli accumulatori a ioni di sodio più conosciuti.

Tradizionalmente questo metallo è usato e studiato in due tipi di dispositivi di stoccaggio: batterie e condensatori. Le prime, come spiegato poc’anzi, forniscono oggi una densità di energia relativamente elevata ma sono caratterizzate da una lenta cinetica di ossidoriduzione, che si traduce in una bassa densità di potenza e una scarsa ricaricabilità. I secondi invece hanno un’elevata densità di potenza dovuta all’accumulo di carica tramite rapido adsorbimento di ioni superficiali, ma una densità di energia estremamente bassa.

Tuttavia unire le due tecnologie impiegando catodi di tipo condensatore e degli anodi di tipo batteria, non ha dato subito i risultati sperati. La causa è da ricercare soprattutto nello squilibrio cinetico tra i due tipi di elettrodi.

Nuovi materiali per catodo e anodo

Per arginare il problema il team sudcoreano ha utilizzato sviluppato un nuovo materiale anodico con cinetica migliorata attraverso l’inclusione di materiali attivi fini nel carbonio poroso derivato da strutture metallo-organiche. Inoltre, ha sintetizzato un materiale catodico ad alta capacità e la combinazione dei due ha consentito lo sviluppo di un sistema di accumulo di ioni sodio che ottimizza l’equilibrio e riduce al minimo le disparità nei tassi di accumulo di energia tra gli elettrodi.

leggi anche Da CATL la prima batteria con degrado zero dopo 5 anni

La cella completamente assemblata supera per densità di energia le batterie commerciali agli ioni di litio e presenta le caratteristiche della densità di potenza dei supercondensatori. Nel dettaglio la batteria ibrida al sodio si ricarica rapidamente e raggiunge una densità di energia di 247 Wh/kg e una densità di potenza di 34.748 W/kg. Inoltre gli scienziati hanno registrato una stabilità del ciclo con efficienza Coulombica pari a circa il 100% su 5000 cicli di carica-scarica.

Rinnovabili •
About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
via Depositphotos

Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

leggi anche Fotovoltaico in perovskite, i punti quantici raggiungono un’efficienza record

L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

Rinnovabili •
About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.