Parte oggi la COP27 sul clima: quali sono le aspettative?

La congiuntura internazionale non aiuta la diplomazia climatica, e così l’obiettivo minimo del summit di quest’anno diventa “non retrocedere”. Poche le speranze di migliorare concretamente la performance climatica globale. Ancor meno quelle di accendere i riflettori sulle violazioni dei diritti umani in corso in Egitto, il paese ospitante. Anche contro gli attivisti climatici

COP27 sul clima: al via il vertice di Sharm el-Sheikh
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La COP27 sul clima durerà fino a venerdì 18 novembre

(Rinnovabili.it) – “Il nostro pianeta è sulla buona strada per raggiungere dei tipping point che renderanno il caos climatico irreversibile”, e per questo la COP27 sul clima deve “ricostruire la fiducia e ristabilire l’ambizione necessaria per evitare di condurre il nostro pianeta oltre il precipizio climatico”. Parola di Antonio Guterres, il segretario generale dell’Onu che ha fatto della diplomazia climatica uno dei pilastri del suo mandato.

È sotto questi auspici che inizia oggi il 27° vertice internazionale sul clima, ospitato dall’Egitto a Sharm el-Sheikh. Da domenica 6 a venerdì 18 novembre (salvo maratone in extremis per approvare il testo del comunicato finale), i delegati di quasi 200 paesi membri dell’Unfccc – la Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici – proveranno a mettere qualche tassello in più nell’attuazione dell’accordo di Parigi. Obiettivo ufficiale: tenere viva la possibilità di limitare il riscaldamento globale a 1,5°C sopra i livelli pre-industriali.

Loss & Damage e solidarietà

Secondo Guterres, il fallimento o il successo della COP27 sul clima si misurerà su tre dimensioni. Il summit di Sharm el-Sheikh “deve essere il luogo in cui colmare il gap di ambizione, il gap di credibilità e il gap di solidarietà”, ha detto il diplomatico portoghese. Tre punti chiave che si intrecciano in un dossier cruciale, al centro dei negoziati al vertice: quello dei Loss & Damage (perdite e danni).

Con questa espressione si intendono i fondi che i paesi più ricchi e responsabili della quota maggiore di emissioni storiche mettono a disposizione dei paesi più vulnerabili alla crisi climatica. Una questione di giustizia climatica, che ridistribuirebbe responsabilità e oneri in modo più equo. “E’ tempo di un patto storico tra economie sviluppate ed emergenti” in cui “le prime mantengano l’impegno preso a Parigi e compiano uno sforzo aggiuntivo per ridurre le emissioni in linea con l’obiettivo di 1,5 gradi”, ha aggiunto Guterres.

Che questo tema sarà al centro dei negoziati lo si capisce anche dal comunicato della presidenza della COP27 sul clima per l’apertura del summit. Il ministro degli Esteri egiziano Sameh Shoukry parla di “ricostruire il ‘grande scambio’ al centro dell’Accordo di Parigi”, secondo il quale gli stati più vulnerabili acconsentivano ad aumentare l’ambizione climatica in cambio di un supporto finanziario adeguato. Il messaggio è chiaro: abbiamo tagliato le emissioni più di quanto avremmo dovuto, adesso aprite il portafogli. La cifra da mobilitare, secondo Shoukry, è di 5600 miliardi di dollari da qui al 2030. Finora i paesi ricchi hanno faticato a raggranellare 100 miliardi l’anno in finanza climatica.

Il clima della COP27

Ma le aspettative di tutti sono molto basse. Anche più basse di quelle che avevano accompagnato l’apertura della COP26. Le tensioni internazionali hanno congelato la diplomazia climatica o l’hanno resa più ostica. Il G7 e il G20 quest’anno hanno avuto ben poco mordente sulle questioni legate alla crisi climatica, mentre sul fronte energia tutte le attenzioni sono state assorbite dal problema dei prezzi alle stelle e da quello dello squilibrio tra domanda e offerta sui mercati globali.

L’umore dei delegati lo ha sintetizzato bene l’inviato italiano per il clima, Alessandro Modiano: “La COP27 di Sharm el-Sheikh deve salvaguardare gli obiettivi sul clima fissati alla COP26 di Glasgow. Già questo sarebbe un successo, perché al G20 abbiamo visto una forte propensione a fare marcia indietro”, ha detto a un webinar organizzato dal think tank ECCØ.

“La COP27 sarà una COP di transizione rispetto a quella di Glasgow – ha aggiunto Modiano -. Gli obiettivi ambiziosi di mitigazione sono stati fissati l’anno scorso. L’obiettivo ora è mantenerli. Sull’adattamento passi avanti andranno fatti, l’Italia è in una buona posizione. Ma i risultati arriveranno l’anno prossimo”. Prospettive piuttosto magre per quella che un anno fa era stata battezzata “COP dell’attuazione”. Perché già la COP26 aveva rimandato di 12 mesi i nodi più spinosi.

Greenwashing e diritti umani dimenticati

Oltre a non prospettare grandi risultati, la COP27 sul clima è anche uno dei vertici con meno spazio riservato alla società civile. Ed è solo la punta dell’iceberg, visto che il regime del Cairo ha usato le settimane che precedevano l’avvio del summit per dare qualche altro giro di vite contro il dissenso. Silenziando anche gli attivisti climatici. Senza che si levassero molte voci in loro soccorso.

Le due settimane di negoziati sulla crisi climatica non saranno probabilmente l’occasione in cui la società civile chiederà conto e ragione all’Egitto della continua, capillare e feroce repressione del dissenso che sfocia regolarmente in violazioni grossolane dei diritti umani. Lo ha fatto, tra gli altri, Greta Thunberg  spiegando le ragioni per cui non parteciperà alla COP27.

“Non andrò alla Cop27 per molte ragioni, ma lo spazio per la società civile quest’anno è estremamente limitato”, ha detto l’attivista svedese. “Le COP sono usate principalmente come un’opportunità per i leader e le persone di potere di attirare l’attenzione, usando molti tipi diversi di greenwashing”. Parole che accompagnano la firma di una petizione al regime egiziano per la libertà degli attivisti in carcere. “Siamo solidali con i prigionieri di coscienza in Egitto e ci siamo uniti a @copcivicspace per sollecitare l’Egitto ad aprire uno spazio civico e a rilasciare tutte le persone detenute arbitrariamente in vista della #COP27”, ha twittato Greta.

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