CCS, BECCS e CDR: così l’Arabia Saudita ha salvato le fonti fossili nel rapporto IPCC

Riyadh ha insistito per limare il testo del sommario per i politici così tanto che la versione finale è lievitata del 50%, da 40 a oltre 60 pagine. Ammorbiditi i toni sulle fossili, i sauditi hanno ottenuto ampio spazio per le tecnologie di cattura della CO2. Anche se sono ancora immature

impianto cattura CO2
ORCA, l’impianto di CDR più grande al mondo oggi in funzione. Credits: Climeworks

Adesso il testo censura solo le fonti fossili “unabated”

(Rinnovabili.it) – C’è la mano dell’Arabia Saudita dietro alcune delle conclusioni più controverse del nuovo report dell’IPCC sul clima pubblicato ieri. Il documento che sintetizza la scienza del clima più aggiornata sostiene in modo molto chiaro che bisogna dare un taglio netto alle fonti fossili, e subito, se vogliamo avere qualche speranza di tenere il riscaldamento globale sotto la soglia di 1,5 gradi. Ma il sommario per i politici – le 60 pagine che indirizzano le politiche degli Stati – addolcisce la pillola e sottolinea il ruolo delle tecnologie per catturare e rimuovere la CO2 dall’aria.

Il linguaggio usato nel sommario è stata materia di discussione per diversi giorni. Come di consueto, scienziati e rappresentanti degli Stati negoziano parola per parola cosa ci dev’essere scritto nel sommario. Questa volta c’è stata la maratona negoziale più lunga della storia dell’IPCC. Principalmente per l’opposizione dell’Arabia Saudita, uno dei maggiori produttori di fonti fossili al mondo.

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Riyad ha provato, e con successo, a modificare il sommario in modo che il giudizio sulle fonti fossili fosse accompagnato da una scappatoia: fare affidamento su tecnologie come la cattura e lo stoccaggio della CO2 (CCS), la bioenergia con cattura e sequestro dell’anidride carbonica (BECCS), e la cattura diretta dall’aria (CDR). Si tratta per la maggior parte di tecnologie la cui validità resta ancora da provare. Anche quella più diffusa e consolidata, il CCS, non ha una chiara convenienza economica.

Eppure il sommario modificato dalla manina saudita, riporta Climate Home da fonti che hanno partecipato ai negoziati, sostiene che sono “un’opzione” per mitigare il cambiamento climatico. I cambiamenti al testo hanno annacquato la parte dove si parla dei rischi e delle incognite sulla fattibilità di queste tecnologie. In parallelo, i passaggi sull’abbandono delle fonti fossili sono stati modificati per parlare soltanto delle fonti “unabated”, cioè quelle senza l’impiego di CCS per abbattere le emissioni. È stata aggiunta un’intera sezione che riguarda solo il CCS e ne esalta le potenzialità.

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In questo modo, l’industria fossile potrà sopravvivere di fatto alla transizione energetica. Puntare su CCS e CDR significa anche indebolire gli avvisi a interrompere subito l’espansione di nuovi progetti sulle fonti fossili, che arriva dall’IPCC come dall’IEA. Se si può fare affidamento sulla CCS per dare un “colpo di spugna” alle emissioni prodotte, allora non è più né urgente né necessario affrettarsi per abbatterle.

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