(Rinnovabili.it) – Il riscaldamento globale non ha mai galoppato così rapidamente come oggi. Per trovare un incremento della temperatura simile a quello odierno bisogna tornare indietro di ben 115mila anni: il cosiddetto periodo Eemiano, quando le distese di ghiaccio erano ancora più ridotte e il livello degli oceani era di 6-9 metri più alto di quello attuale. Lo afferma un nuovo studio condotto da James Hansen, climatologo che ha ricoperto incarichi ai vertici della Nasa, insieme a 11 colleghi.
Secondo gli scienziati, il 2016 sarà davvero l’anno dei record di riscaldamento globale. Che sarebbe stato un anno bollente l’hanno prospettato decine di studi, e i dati mensili dei principali osservatori sul clima lo confermano di volta in volta: ogni mese, da un anno e mezzo, batte ogni record precedente. L’impennata è costante, ma la novità vera è che il suo ritmo è senza precedenti. Secondo lo studio di Hansen, infatti, quest’anno la temperatura globale dovrebbe salire di ben 1,25°C sopra i livelli pre-industriali. In pratica negli ultimi 45 anni, la Terra si è riscaldata ad un ritmo di 0,18°C per decennio.
Sono sempre di meno le ragioni per essere ottimisti e sperare che questa tendenza si possa invertire semplicemente grazie al rispetto degli impegni sul clima – nel giro di un mese dovrebbe entrare formalmente in vigore l’Accordo di Parigi – oppure che il riscaldamento globale rallenti il passo. La scorsa settimana il Noaa ha annunciato che i livelli di concentrazione di CO2 in atmosfera sono stabilmente al di sopra della soglia delle 400 ppm e che non scenderanno per i prossimi decenni. Anche in questo caso, non si era visto nulla del genere dal Pliocene, 3 milioni di anni fa.
Sulla base di questo scenario, Hansen e colleghi hanno provato a stimare i costi che l’umanità dovrà sobbarcarsi per tentare di mettere una pezza nel prossimo futuro. Supponendo di voler onorare davvero le promesse fatte a Parigi, è ormai necessario pianificare concretamente il phase out delle fossili nei prossimi decenni. Ma anche questo non basterebbe. Gli scienziati ipotizzano quindi che si dovrebbe procedere all’estrazione artificiale di CO2 dall’atmosfera – procedimento per il quale bisogna in ogni caso disporre di nuove tecnologie. Il costo di questa operazione si potrebbe aggirare sull’astronomica cifra di 570 mila miliardi di dollari.
Anche in questo articolo si pone, giustamente, l’attenzione sull’incremento dell’anidride carbonica in atmosfera. Ciò che stupisce è che, come al solito, non si parla dell’aumento esponenziale degli idrocarburi in atmosfera: il metano è 44 volte più efficiente dell’anidride carbonica come gas serra, anche se il suo ciclo in atmosfera dura metà del tempo impiegato dal ciclo di quest’ultima, 22 volte sono comunque rilevanti, per non parlare poi degli altri idrocarburi come quelli aromatici (benzene et al), fatti passare per ecologici (benzina verde!).
Se diamo una sguardo al passato, attraverso le testimonianze geologiche e fossili, possiamo appurare che la maggiore delle cinque estinzioni che si sono verificate dal proterozoico, avvenuta alla fine del Permiano, circa 255 milioni di anni orsono, è stata causata dal metano proveniente dagli idrati che lo contengono. Questi sono involucri di ghiaccio d’acqua contenenti metano allo stato liquido e includono oltre il novanta per cento del metano presente sulla Terra, sono ubicati principalmente alla base delle piattaforme continentali, nel permafrost e nei ghiacci artici ed antartici. Allorafurono portati in superficie dall’anidride carbonica proveniente dai vulcani, ora potrebbero esserlo da quella prodotta dalle attività umane, in particolare la produzione energetica. Inoltre, a differenza della CO2, sono anche inquinanti ed essendo solubili in acqua, inquinano anche le falde.
Oltre alle energie cosiddette altrnative, se si vuole veramente eliminare progressivamente l’utilizzo massivo dei combustibili fossili, che attualmente coprono l’81% della produzione energetica globale, è necessario incrementare l’utilizzo della fissione dell’atomo, puntando decisamente alle centrali di quarta generazione che presentano anche il vantaggio di essere autofertilizzanti, ossia utilizzano le scorie radioattive provenienti dalle altre centrali nucleari, dall’industria e dagli ospedali, per produrre ulteriore energia.
Mi permetto di aggiungere qualche informazione sull’estrazione artificiale della CO2 dall’atmosfera. La CO2 è un prodotto della combustione del carbonio, che produce energia. Il combustibile fossile che produce più energia è il metano. Bruciando, infatti, un chilo di metano fornisce fino a 50 milioni di Joule (poco meno di 12 milioni di calorie, o 14 KWh) e produce anche poco meno di tre chili di CO2. Dunque, visto che com’è noto in Natura nulla si crea e nulla si distrugge, siccome quando produciamo 14 KWh emettiamo poco meno di tre chili di CO2 in atmosfera se vogliamo estrarre artificialmente, ossia eliminare dall’atmosfera poco meno di tre chili di CO2 dobbiamo consumare almeno 14 KWh. Ora, ogni anno l’umanità produce qualche miliardo di tonnellate di CO2. Eliminarne anche solo un miliardo richiederebbe allora almeno quattro milioni di GWh, cioè una frazione consistente dell’elettricità prodotta dall’intera specie umana. Più che una fattibile alternativa alla situazione attuale, l’estrazione artificiale della CO2 dall’atmosfera sembra quindi utile più che altro a far guadagnare ai proponenti qualche finanziamento pubblico alle spalle di un’opinione pubblica spaventata.
Andrea Di Vita
Prof. Giuseppe Quartieri (postato il 10 ottobre 2016)
Concordo quasi del tutto con l’amico Ettore Ruberti, sopratutto le conclusioni finali. Vorrei di nuovo ricordare che l’indicatore “Temepratura” come misura delle condizioni ambientali (caratterizate da almeno 4 parametri. Temperatura Umidità, Pressione, Vibrazioni (vento) non è assolutament rappresentativo del Clima che si definsce con almeno 32 o 33 paramentri!!!
L’inganno del petrolio va ben oltre la questione dell’incremento della temperatura come dimostrato nel passato.
Giuseppe Quartieri.
La primissima cosa da fare quando si parla di riinovabili è dimostrare che la CO2 generata dai processi industriali necessari per la costruzione dei dispositivi per le rinnovabili sia minore della CO2 ‘risparmiata’ durante il ciclo di vita dei dispositivi. Per quanto riguarda gli elementi radioattivi usati da ospedali e industria, non sono fissionabili e quindi non possono produrre ulteriore energia