In 13 anni, l’Italia ha speso quasi 5,5 miliardi di euro per il rischio idrogeologico. Ma il dissesto è in aumento, soprattutto quello legato a precipitazioni e inondazioni. La mappa delle criticità e delle azioni per superarle nella relazione al Parlamento del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica

Tra il 2010 e il 2023, i governi hanno finanziato 3.401 interventi per la mitigazione del rischio idrogeologico in Italia. Il totale delle risorse investite ammonta a circa 5,4 miliardi di euro. Quasi due interventi su tre sono già conclusi (circa il 66% del totale) e hanno assorbito 2 miliardi, 1/3 delle risorse stanziate. Restano oltre 500 cantieri aperti contro il dissesto idrogeologico in Italia, per un valore di 1,4 miliardi.
A fronte di questo impegno economico, tuttavia, i dati del rischio idrogeologico in Italia continuano a fotografare una situazione in lento ma costante peggioramento. Tra 2018 e 2021, la superficie a pericolosità di frana elevata o molto elevata è aumentata di 3,8 punti percentuali. Mentre la parte di territorio che presenta pericolosità idraulica media è aumentata ben del 18,9%.
In parte il trend negativo è dovuto a fattori oggettivi, soprattutto legati all’impatto del cambiamento climatico. In parte, invece, questo peggioramento deriva dalla conoscenza più granulare che abbiamo grazie alla maggiore disponibilità di dati provenienti dalle Autorità di bacino.
È il quadro che emerge dalla relazione del ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE) sul rischio di dissesto idrogeologico in Italia, aggiornata a fine 2023 e trasmessa di recente al Parlamento. In coda alla quale è bene segnalare il recentissimo stanziamento di quasi 590 milioni di euro per interventi su tutta la penisola, di cui 350 milioni sono destinati alle Regioni e alle Province autonome per il 2025.
Dissesto idrogeologico in Italia, la mappa del rischio
Secondo il MASE, il 93,9% dei comuni italiani (7.423) è esposto a rischio idrogeologico (frane, alluvioni, erosione costiera). Rischio che riguarda 1,3 milioni di persone a rischio frana e 6,8 milioni di persone a rischio idraulico, concentrati soprattutto in Emilia-Romagna, Toscana, Campania, Veneto, Lombardia e Liguria.
Sul fronte degli edifici, quelli a rischio sono una quota non trascurabile: il 3,9% del parco immobiliare nazionale è ubicato in aree a pericolosità da frana elevata o molto elevata e il 10,7% si trova in aree inondabili. Rischio idrogeologico che riguarda oltre 84.000 aziende e 220mila lavoratori. Mentre più del 13% delle infrastrutture totali italiane è a rischio inondazione in uno scenario di pericolosità media. Dissesto che incide molto anche sulle aree costiere: 841 km di litorali italiani sono a rischio erosione, il 18%. Rischio che è in crescita in Sardegna, Basilicata, Puglia, Lazio e Campania.
MASE, gli ostacoli alla gestione del rischio idrogeologico
Oltre a ricordare il quadro normativo e gli strumenti di finanziamento degli interventi, la relazione del MASE sul dissesto idrogeologico in Italia mette in fila le principali criticità che emergono lungo tutto l’iter degli interventi.
Le maggiori criticità nella gestione del dissesto idrogeologico citate sono:
- Frammentarietà e complessità della normativa.
- Pluralità di soggetti competenti con difficoltà di coordinamento.
- Difficoltà nell’applicazione della disciplina derogatoria.
- Carenza di personale nelle strutture commissariali e negli uffici comunali.
- Mancanza di coordinamento tra pianificazione distrettuale e programmazione regionale.
- Integrazione inefficace tra disciplina urbanistica e tutela del territorio.
- Assegnazione diretta ai Comuni di fondi da ministeri diversi dal MASE, senza monitoraggio sulla piattaforma Rendis, che ostacolano la pianificazione organica.
La tabella seguente riassume le criticità evidenziate dal MASE, insieme alle linee d’azione proposte per superarle:
Criticità | Cause | Effetti | Azioni di superamento |
Aumento dei costi di materiali e lavorazioni | Crisi energetica, Covid-19, guerra in Ucraina | Revisione progetti, aumento costi, ritardi | Adeguamento quadri economici, flessibilità nei finanziamenti |
Bassa qualità della progettazione | Scarsa analisi tecnico-economica | Aumento costi, necessità di revisioni, ritardi | Linee guida più dettagliate, potenziamento analisi iniziale |
Carenza di personale nelle strutture commissariali | Sottodimensionamento organici regionali | Ritardi nelle procedure amministrative | Assunzione di personale con fondi PNRR, task force di supporto |
Modifiche ai luoghi per eventi meteorologici | Cambiamenti climatici, eventi estremi | Aggiornamento progetti, aumento costi, ritardi | Aggiornamento periodico mappe di rischio, maggiore flessibilità nei progetti |
Iter autorizzativo complesso | Procedure lunghe e non derogabili (es. VIA) | Aumento tempi di realizzazione | Sportelli unici per VIA, revisione normativa per ridurre burocrazia |
Procedure di esproprio complesse | Normative articolate | Ritardi nell’attuazione interventi | Semplificazione processi amministrativi, corsie preferenziali per progetti urgenti |
Contenziosi giudiziari frequenti | Complessità normativa e opposizioni legali | Ritardi nei progetti | Strumenti di mediazione, maggiore chiarezza normativa |
Finanziamenti diretti ai Comuni senza coordinamento | Assenza di gestione centralizzata delle risorse | Minore efficacia degli interventi | Maggiore coinvolgimento delle strutture commissariali, centralizzazione delle decisioni |
Complessità del sistema di monitoraggio | Troppe banche dati non interoperabili | Ritardi nella reportistica e nel monitoraggio della spesa | Convenzione MASE-ISPRA per integrare piattaforme, database unico centralizzato |
Difficoltà nei trasferimenti economici | Complessità nella gestione delle rendicontazioni | Ritardi nei finanziamenti e realizzazione interventi | Revisione piattaforma Si.Ge.Co., maggiore trasparenza e rapidità nei fondi |